Se non l’hai ancora fatto ti consiglio di fare un salto in edicola e vedere se è rimasta una copia di un bel libretto che questo mese viene venduto in allegato al National Geographic.
E’ il primo di una serie che la rivista dedica ai suoi grandi fotografi e a mio parere vale veramente la pena prenderlo per ammirare alcuni meravigliosi scatti di questo famoso fotografo di reportage.
Come mi è capitato di dire in precedenza, trovo che guardare e studiare con attenzione le immagini sia una grande scuola ed aiuti moltissimo a capire che cosa ci sta dietro a quelli che in molti considerano dei veri e propri capolavori della fotografia contemporanea.
Molto interessanti anche l’introduzione ed i testi che accompagnano gli scatti, in qualche caso con breve descrizione di come il fotografo si è impegnato per raggiungere il suo scopo, sempre con un grandissimo rispetto ed empatia con i suoi soggetti.
Dalla lettura ed osservazione di questo piccolo libro ho notato che Mc Curry lavora molto spesso con profondità di campo ridotte, cosa che a me piace molto, quasi a sottolineare una ricerca artistica che evidentemente è ben presente e che valorizza un autore così spiccatamente orientato al reportage.
Evidentemente con una qualità così elevata anche la vecchia massima che dettava legge negli anni 70/80 al National Geographic e che diceva “Learn f/8 and BE THERE” , poteva avere le sue buone eccezioni. Almeno nella sua prima parte !
🙂
sinceramente non conosco l’opera di McCurry, e già c’ho guadagnato perchè questa è l’occasione buona per intervenire a riguardo.
Quel che posso dire leggendo il tuo post è che condivido in pieno le considerazioni fatte sulla profondità di campo; questa, best known as Depht of Field, varia al variare del diaframma. Così se il fotografo è interessanto a mettere a fuoco tutta la scena dovrà inevitabilmente orientarsi verso valori alti di diaframma.
Al contrario, se il target della foto è mettere a fuoco il volto di una persona in primo piano e non dare importanza allo sfondo, allora sarà necessario impostare il diaframma ai minimi valori disponibili.
Learn f/8 and BE THERE si sostiene dal fatto che il valore f.8 garantisce un buon livello di nitidezza anche per le porzioni di fotogramma ‘lontane’ spazialmente dal soggetto scelto. Abitualmente un obiettivo permette diaframmi ancora più chiusi ma c’è sempre da tener conto della luminosità della scena e del tempo richiesto per la corretta esposizione per cui potrebbe diventare fondamentale l’uso di un cavalletto.
..provo ad andare in edicola..
Proprio stamani il giornalaio mi ha detto che non si trova più facilmente. Forse è possibile averlo riochiedendolo.
In ogni caso credo meriti.
Mc Curry forse non sarà nell’olimpo della fotografia ma nel suo genere ha sicuramente saputo dire qualcosa.
Un degno membro dell’agenzia Magnum.
Ieri sera un amico me l’ha fatto sfogliare e,naturalmente, di fronte a certi scatti non c’è che da rimanere a bocca aperta.Tanto per dirne una quella dell’indiano nel fiume con la macchina da cucire sulla testa. Non ho letto i testi al momento ma mi riprometto di farlo non appena avrò di nuovo il numero tra le mani. Comunque per quanto riguarda la profondità di campo vorrei dire una cosa,forse ovvia, e che cioè è quasi necessario usarla con le focali medie e lunghe per ovviare al fatto che i diversi piani dell’immagine si compattano e risultano più confusi per la lettura. Necessità questa che non che non si pone con il grandangolo. Io lavoro quasi sempre con il grandangolo e metto sempre il valore più chiuso che la luminosità mi permette.
Le monografie proposte dal National G. sono davvero di buona qualità. Steve McCurry non me lo perderò nemmeno a Milano: questo fine settimana vado a vedere la mostra a lui dedicata…..non vedo l’ora!Per chi non fosse ancora andato, c’è tempo fino a fine mese!
Grazie per la segnalazione!
Ho comprato il libretto oggi.
One shot – one kill.
Ho trovato la rivista nell’edicola davanti all’ospedale
di Prato al primo tentativo 🙂
Sto pensando di andare a vedere la mostra.
C’e’ stato un mio collega ed ha detto che è favolosa.
Ciao 🙂
Piacerebbe anche a me andarlo a vedere a Milano…
E poi c’è anche Cartier-Bresson a Genova !!
cartier-bresson è una bufala… sono stampe digitali… ma per ammirare la composizione va bene
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