
Rue Mouffetard – Copyright 1954 Henry Cartier-Bresson
Immagina per un attimo che uno scatto inedito di un grande maestro della fotografia venga postato un utente qualsiasi, su Flickr o su qualche gruppo fotografico su Facebook. Una foto tipo questa “Rue Mouffetard” di Henri Cartier-Bresson ad esempio.
Credo che passerebbe praticamente inosservata, proprio come il violinista Joshua Bell nell’esperimento che citavo nel post di ieri.
Sono sicuro che i pochi commenti che riceverebbe sarebbero roba tipo: “attento alla composizione”, “è un po’ storta” o anche sicuramente “gli hai tagliato i piedi”…
Niente a che vedere con lo strepitoso successo con migliaia di visite e commenti che a volte capita di notare per foto che, sebbene ottimamente eseguite e trattate, non rappresentano alcunchè di interessante dal punto di vista artistico.
Probabilmente i ritmi sempre più serrati a cui tutti siamo progressivamente costretti stanno esigendo molto. Portano ad un cambiamento nella capacità di percepire ed approfondire.
Succede che siano sempre di più quelli di impatto visivo e non quelli di impatto emotivo, gli elementi che sulle prime ci attraggono maggiormente, anche se poi è un “guarda, stupisciti e… dimentica”.
Ma resta il fatto che se invece troviamo il modo di “staccare un attimo”, di prenderci qualche minuto ed osservare una foto come questa, con calma, ecco che scopriamo come sia possibile emozionarsi ed innamorarsene, immaginare tutta la storia, sentire suoni, voci, odori… e naturalmente tornare a vederla tante altre volte.
Mah sai, oramai tutti si credono grandissimi fotografi, e solo perché hanno in mano una marca e fotosciop. Guardano al risultato finale, e non a quello “iniziale”, che è la sola molla che conta.
Ho fatto litigate mostruose per questo, e chiuso amicizie. La gente che NON sa vedere l’errato trattamento con fotosciop della luce in base alle ombre, o che raddrizza ossessivamente il grandangolo o il tele in architettura, che commenti vuoi che ti dia? O meglio, se è ossessionato dal tecnicismo (che in natura non c’è) cosa vuoi che veda di un sorriso baldanzoso e trionfante?
Cosa c’è di più naturale di un tele che storzando le linee ti da il senso dell’altezza? o di uno scatto che piazza al centro un bambino e non i suoi piedi?
Ma devi aver mangiato sale al tavolo della vita per capirlo Pier, devi “amare” la vita esattamente per quello che è, e non cercare di piegarla a tutti i costi al tuo concetto di perfezione….
ah, per aggiungere, in questa foto (come in tante) le linee storte ti danno il senso dello sbilanciamento del fotografo, e se ti lasci andare puoi sentirti dove era lui….. ma devi fotografare col cuore, e non con il cervello perfettino e impugnando una marca
(acida? ma no, diversamente ironica dai !!) 🙂
Succede che siano sempre di più quelli di impatto visivo e non quelli di impatto emotivo, gli elementi che sulle prime ci attraggono maggiormente, anche se poi è un “guarda, stupisciti e… dimentica”.
io purtroppo mi riconosco spesso in questa fascia di fotografie.
bel post, molto obiettivo, e pensieri sacrosanti. riassunto molto vero “dell’oggi fotografico”.
ciao 🙂
So true, so true. Another manifestation that many of us do not out of our heart. We are losing our senses that we were given when we were born.
Pega, il tuo post calza a pennello con i miei pensieri. L’errore di fondo, però, è valutare le foto in base ai commenti o ai numeri di visite di flickr. Flickr ha poco a che vedere con la Fotografia e molto con le foto ricordo. Io stesso ho creato un gruppo (Maso’s selection) che si proponeva di pubblicare foto in bianco e nero che rappresentassero emozioni (emoshots come le chiamo io), il risultato è che mi arriva di tutto anche foto di paesaggi a colori. Però nella massa di foto che mi arrivano qualcosa di interessante c’è. Per non parlare di explore e di quello che ci compare, basta scorrere quelle pagine per capire come funziona flickr. Per questo mi piace leggere il tuo blog, perchè qui si parla di Fotografia. La foto di Bresson, anche se hai i piedi tagliati, comunica tantissimo. In quel sorriso si vede l’orgoglio di un bambino a cui è stato dato un compito difficile, portare le bottiglie, e lo porta a termine. Fare foto così presuppone una elevata sensibilità alle emozioni umane, non a caso Bresson è un maestro.
Guido, non posso che compiacermi della definizione di emoshots! è meravigliosa e piena di vita, è “sanguigna”!
Io penso che l’espressione soddisfatta del ragazzino e lo sguardo compiaciuto delle bambine più in là siano qualcosa di impagabile: è veramente la cattura dell ‘attimo fuggente e possiamo benissimo fare a meno dell’inquadratura canonica, anzi non ci facciamo proprio caso,perchè questo attimo è nel nostro cuore oltre che nel nostro occhio.
Però, se si realizza una foto documentaria di un soggetto statico, diciamo per un libro di architettura, è un’ esigenza per il cervello che l’inquadratura sia perfetta e che le linee siano dritte, e a questo scopo sono giustificati tutti i mezzi possibili, dal basculaggio a photoshop. Io ritengo che anche queste foto possano dare un’emozione, anche se solo di tipo estetico, e possano essere “gustate”, come dice Pega.
bellisimo Post e riflessione. la conclusione è bellissima :
(Ma resta il fatto che se invece troviamo il modo di “staccare un attimo”, di prenderci qualche minuto ed osservare una foto come questa, con calma, ecco che scopriamo come sia possibile emozionarsi ed innamorarsene, immaginare tutta la storia, sentire suoni, voci, odori… e naturalmente tornare a vederla tante altre volte.)
Per apprezzare una foto, che non ha un impatto visivo rapido, ci vuole tempo, come dici te, e ci vuole cuore come dice willa (grande commento il suo), per poterla apprezzare, per ritrovarci emozioni, sensazioni.
E come dice Guido Masi non bisogna valutare le foto sulla base dei commenti o dei preferiti o delle visite di flickr, ma sulla qualità dei commenti.
se vedo una foto di architettura è ovvio che vado a guardare la composizione e le geometrie, ma in una foto come questa , non vado certo a guardare i piedi tagliati…, ma per esempio ripenso a quando potevo essere bambino e mi avevano affidato un compito di fiducia, guardo quella scena, così naturale, così viva.
ciao ,
Andrea
Sul modo di fotografare di Cartier Bresson (e sui risultati da lui ottenuti) vorrei precisare un dettaglio, secondo me importantissimo.
il caro Henry scattava con il telemetro, se non sbaglio usava una Leica M.
Queste parole descrivono perfettamente il modo di approcciarsi all’immagine da parte di Cartier Bresson.
Il sistema telemetrico consente riprese naturali, nel cuore della vita. Il fotografo è parte dell’azione e il mirino è la cornice per catturare quello che vede: una scena, un’atmosfera, un momento. Può anche vedere cosa succede al di fuori della cornice del mirino, prevedendo il momento decisivo in modo da non perderlo – una caratteristica essenziale, tipica del sistema M.
Le immagini realizzate con una Leica M contengono una spontaneità ed un’autenticità eccezionali, perché esse vengono composte in anticipo e catturate ad altissima velocità. Anche durante l’esposizione il fotografo continua a vedere il soggetto e perfino nelle più severe condizioni di luce disponibile, il mirino chiaro e ricco di contrasto permette una focalizzazione estremamente veloce e precisa. E questo, assieme al brevissimo ritardo allo scatto, fa si che le fotocamere Leica M siano tra le più veloci fotocamere al mondo.
Quindi conoscendo lo strumento che Cartier Bresson aveva in mano, se tu fotografo ti fossi trovato al posto suo e avessi visto sopraggiungere il ragazzino con le due bottiglie e le altre sagome in secondo piano, avresti operato un taglio del genere? secondo me sì.
Cadono a pennello le parole di Elliott Erwitt fotografo e coofondatore di Magnum, : “con una reflex si costruisce l’immagine nella fotocamera, mentre con il mirino-telemetro l’immagine la si deve vedere, riconoscere ed infine inserire nella cornice.” niente di più vero.
ciao a tutti
m
interessante l’attimo colto..il viso compiaciuto del bimbo..che come un “adulto portale bottiglie di vino acquistate in braccio” e le femmine lo guardano..con altrettanto compiacimento (non so quando la foto è stata scattata ma “un tempo” comprare il vino ed in quella quantità era da ricchi) o forse un fidanzatino? E’ una foto che racconta di un’epoca…
Son daccordo che subirebbe giudizi sulla composizione..e pochi commenti.
In effetti , sembra strano che certe regole non siano fisse..
ma difficili specialmente nelle foto iistantanee di strada…