
The Lusetti Family, Luzzara, Italy 1953 - Paul Strand - Copyright ©Aperture Foundation, Paul Strand Archive
Osserva con attenzione questa foto di Paul Strand.
Ad uno sguardo fugace può sembrare la stessa che avevo pubblicato in un post di qualche tempo fa, ma non è così. Non si tratta della stessa foto di cui parlavo in quell’occasione.
Se si mettono a confronto le due fotografie si ha l’impressione che qualcosa di molto simile ad un’azione di fotoritocco abbia modificato questa seconda scena: manca la persona in piedi accanto alla matriarca; il fratello maggiore.
Ma non si tratta di un intervento con Photoshop. Strand fece effettivamente più scatti, alla ricerca di quella che per lui era l’espressione più intensa di questo nucleo di persone ed evidentemente provò due diverse situazioni.
Scattò con e senza l’uomo che, con la sua posizione nell’inquadratura, rappresentava chiaramente la figura che aveva preso il posto del padre caduto durante la guerra da poco terminata.
Osservando con attenzione le altre persone si notano piccole differenze nell’espressione e nella posizione ma è come se in effetti stessero seguendo delle indicazioni di posa.
Strand stava deliberatamente facendo quella che può essere indicata come “regia fotografica”: compose la scena e posizionò i suoi soggetti fornendo loro precise indicazioni di posa esattamente come avviene in alcune tipologie di ritratto fotografico o più comunemente nel cinema.
Personalmente le trovo entrambe straordinarie, di una intensità unica.
Una forza che Strand “regista” era determinato a comunicarci.
Riguardando questa foto, mi è venuto in mente uno scatto di Cartier Bresson con un gruppo di famiglia in una strada di Parigi. Ci sono due fidanzati seduti tra mazzi di fiori e parenti e conoscenti e stanno celebrando qualcosa. Il fatto straordinario è che nell’inquadratura ci sono ben dieci personaggi, ognuno al posto giusto, nessuno copre l’altro. HCB li ha fatti mettere in posa? Non mi pare. Le espressioni sono troppo spontanee.
Ecco, sulla foto di Strand, nulla da eccepire, per carità. Perfettamente composta, appunto una grande regia, una grande foto. Ma la spontaneità dove la mettiamo ?
Salvatore, quello che poni è un bel quesito… un gran bell’argomento di discussione.
Esiste un confine abbastanza delineato tra la spontaneità di un gesto e la sua versione studiata e “recitata”… tra una scena che si compone da sola, quasi per caso, e la sua rappresentazione creata ad arte.
E’ un po’ quello che succede nelle altre arti visive: la differenza tra documentazione e fiction… ed anche nel mondo della fotografia è emersa più volte la questione, forse meglio dire una diatriba, che specie negli anni ’80.
Penso che sarebbe bello ed interessante discuterne in modo più approfondito.
il fotografo di strada “caccia”
il fotografo regista “compone”
credo siano due atteggiamenti distinti ma entrambi entusiasmanti!