Ormai ci siamo assuefatti al “quick cut”, quella precisa scelta di regia e montaggio che nel mondo del video opta per contuinui cambi di inquadratura, scene brevissime, dinamiche e veloci, quasi dei flash che si susseguono.
E’ una tendenza che nel corso degli anni si è sviluppata sempre di più. Partita in origine dal mondo dei videoclip si è trasferita ben presto in quello degli spot pubblicitari, per approdare ormai in qualsiasi produzione visiva: dalla fiction ai telegiornali, al cinema.
Dicevo che ormai ci siamo abituati, siamo stati pian piano “impostati” per sfruttare quella capacità del nostro cervello di saper “cogliere al volo” la sintesi, di “surfare” tra le informazioni audiovisive in un flusso sempre più veloce e denso, spesso ricchissimo di suggestioni pubblicitarie.
Personalmente però sto cominciando a provare una forma di rigetto nei confronti di questo stile. Una sorta di intolleranza.
Odio il quick cut perchè ha iniziato a farmi parzialmente perdere la capacità di fermarmi a guardare, godere di una scena, studiarne le caratteristiche con calma. E questo è tanto più grave se questa “superficialità” la andiamo ad usare con le fotografie.
Le foto vanno gustate. Già in precedenti post accennavo al piacere di studiare a fondo le immagini, di “ascoltarle” a lungo quasi come si fa con un pezzo musicale o anche come si assapora con calma un calice di buon vino.
Il quick cut è invece un atteggiamento, un’impostazione, un modo diverso di guardare che crea un’abitudine che tende ad allontanarci da tutto questo.
Ed è un gran peccato.
totalmente d’accordo, caro pega (ormai ti chiamo così invece che per nome)…
e secondo me dovremmo cercare di applicare questo “lento osservare” un po’ a tutte le cose che facciamo e guardiamo.
Eh si… è un po’ come lo “slow food”…. 🙂
Il problema è che tutto il resto “tira” nella direzione contraria…
p.s. no probl, mi chiamano tutti pega 🙂
Ma sai che hai proprio ragione? In questo caso io mi riferisco al cinema più che alla fotografia: ormai tutti i film che escono hanno un formato “televisivo”, veloce, smart, brillante. Un film come “La strada” di Fellini oggi non sarebbe apprezzato dal grande pubblico, “lento” con lunghe parti senza dialoghi ma di una dolcezza unica. Siamo talmente abituati a vedere la tv che non si apprezza più un bel film. Tempo fa ho visto al cinema il film “Tickets”, una trilogia dove tre autori (Kiarostami, Olmi e Loach) interpretavano il tema del treno. Ecco la parte di Olmi che rappresentava il sogno ad occhi aperti di un anziano signore (Carlo delle Piane) che immaginava una storia d’amore con una giovane ragazza era pura poesia. Uscendo però ho sentito il commento di molte persone che lo bollavano come “lento” e “noioso”..
Le immagini che noi vediamo giornalmente sono troppe: il nostro cervello si rifiuta di guardarle. Noi purtroppo siamo costretti ad afferrare soltanto quelle che ci sono sparate come un flash negli occhi.
io sono anni che lo odio a morte; e proprio come dice Guido, il cinema è l’esempio più deprecabile di questo degrado.
il pubblicazzo ormai è stato talmente nutrito a scene ultraveloci, che qualunque approfondimento psicologico o emotivo è bollato come “lento”.
come ben sapeva hitchcock, la vera emozione è basata sull’alternanza di scene riflessive con improvvise accelerazioni, culminanti con un climax, o con la sua assenza, a seconda della scelta narrativa. ora che tutto è visto come un videogame, questa alternanza è venuta a mancare, ed il cinema rimasto può esaltare al massimo qualche ragazzino amante della playstation(anche meno della playstation, dato che almeno lì gioca in prima persona), mentre finisce con annoiare a morte lo spettatore evoluto (i due rimasti), che anzichè emozioni trova uno smozzichìo di scene sparate appena dopo l’inizio, che a ben vedere fanno lo stesso effetto di un film ultralento a inquadratura unica: annoiano.
anche un film d’azione ha bisogno dei suoi momenti d’attesa, per non parlare dei thriller o anche della commedia….
quando infatti uscirono i primi thriller orientali, con le loro scene lentissime, ricordo che me li gustai un monte…salvo poi un degenero anche lì, date le trame e situazioni tutte uguali, ma questo è un altro discorso.
in ogni caso, abbasso il quick cut incontrollato.
e poi…avete presente quelle bellissime scene di alcuni bei film di fantascienza, dove i protagonisti, nello scoprire un ambiente magari alieno, si soffermano a rimirare la magnificenza della scoperta (con grande gusto per L’atmosfera, che è forse la vittima più illustre del quick cut, ed invece è la massima arma dei grandi registi)?
ecco, ora entrano e sparano.
che tristezza.
Eh si Fulvio. Concordo!
Mi hai convinta !