Qual’è il simbolo, l’oggetto o l’accessorio che assegna in modo inequivocabile l’etichetta di “professionista” ad un fotografo?
E’ forse l’avere una grossa reflex al collo, lo sfoggiare un lungo teleobiettivo o l’indossare un giacchetto con tantissime tasche?
No, no davvero. Il vero simbolo del professionista è il treppiede.
Il treppiede esiste dagli albori della fotografia, anzi ovviamente esiste da ben prima. Quello che lo contraddistingue è che in sostanza la sua forma non è assolutamente cambiata nel corso dei secoli.
Le macchine fotografiche hanno avuto nel tempo design diverso: a partire dalle scatole di grande formato passando per le medio a pozzetto e le più compatte 35mm, vedendo apparire e scomparire strane forme, le supercompatte sottili degli anni ’70, le Polaroid e tutto ciò che è stato fino ad arrivare alle digitali dei giorni nostri.
Ma il treppiede è sempre lì. Grande, medio o piccolissimo. E’ sempre lui.
Se si volesse trovare un simbolo potente ed assoluto della fotografia, come si fa con tavolozza e pennello per la pittura o il pentagramma per il musicista, bisognerebbe pensare davvero al treppiede.
Non avrebbe senso rappresentare una fotocamera, ce ne sono state troppe tipologie diverse.
Questa importanza simbolica del treppiede è forse sottovalutata dai fotografi stessi ma assolutamente presente, quasi fosse una informazione subconscia, nelle persone che non fanno della fotografia un proprio interesse.
Prova a piazzare il tuo treppiede ed osservare le reazioni di chi ti sta intorno.
Ti accorgerai che immediatamente aumentano attenzione e “rispetto”, come se aver messo la macchina su tre zampe avesse moltiplicato le potenzialità dello strumento.
A me è capitato di essere raggiunto da qualche custode o guardiano in luoghi evidentemente “non fotografabili” dopo svariati ed indisturbati scatti in tranquillità, per essere informato di un divieto di fotografare. Il tutto però solo al momento dell’estensione delle zampe del mio treppiede.
Ma una delle scene più carine a cui ho assistito è stata proprio durante il recente Sharing Workshop.
Stavamo entrando nel giardino di Villa Petraia, un luogo che “ufficialmente” non si potrebbe fotografare senza il permesso della Sovrintendenza (?! :-O).
Pochi minuti prima di noi aveva varcato l’ingresso una folta scolaresca, in cui le macchine fotografiche digitali abbondavano come spighe in un campo di grano.
Tra noi, del tutto casualmente, nessuno aveva in vista una fotocamera ma Pino, uno dei partecipanti al workshop, saliva tranquillo con il suo treppiede in spalla.
Ad un certo punto è spuntata una custode dicendo : “Signore il treppiede non può entrare“.
A Villa Petraia non si può Fotografare (con la F maiuscola)…. ed il treppiede è rimasto ad aspettare in portineria.
🙂
Bellissimo articolo!!! Mi è piaciuta soprattutto la conclusione. E’ proprio vero che più che la macchina fotografica è il treppiede che distingue il “professionista”, lo metto tra virgolette, perché non mi ritengo un professionista…
Ciao
Pino
Ricordo di aver letto o sentito che nell’uso di un treppiede puo configurarsi l’occupazione di suolo pubblico.
Siamo ridotti male …
acc in certi ambienti far foto limpide e definite o scatti multipli (per gli amanti dell’hdr) è assai difficile se “Signore il treppiede non può entrare“…
Grande delusione sicuramente.
Già è difficile portarselo appresso..
Probabilmente l’uso vietato è per i probabili danni “a terzi”..
a meno che ci sia in loco una numerosa famigliola di…999piedi
A dire il vero, nel caso dell’episodia di Villa Petraia, ci fu detto chiaramente che il treppiede identifica il fotografo professionista e quindi, visto che in quel luogo per fare foto è necessaria un’autorizzaione, il treppiede non entra.
Bellissimo sto post.
Scopro con piacere il tuo blog… e lo inserisco già sul mio sito tra i preferiti.
Complimenti 🙂
Ciao, grazie e benvenuto!