C’è un breve libretto sulla fotografia su cui voglio provare a scrivere qualche impressione. Si tratta di “Meglio ladro che fotografo” di Ando Gilardi, recentemente scomparso, figura sicuramente nota a chi si interessa di fotografia.
L’ho trovato una lettura nel complesso interessante e consigliabile ma devo anche dire che non è un’opera che entra tra le mie favorite.
E’ il tentativo di analisi sull’arte della fotografia dal punto di vista dell’autore e si sviluppa come un dialogo, riprendendo uno strumento letterario ben collaudato a cui Gilardi si richiama qualche volta anche nel testo stesso, citando appunto Galileo.
In questo dialogo, che in alcune fasi potrebbe essere meglio descritto come un’intervista, vengono affrontati molti temi, tutti visti sotto la luce particolare di una visione molto personale e spesso anche originale dell’autore.
Da cenni sulla storia recente della fotografia e all’importanza dell’avvento del digitale, alle esperienze di vita vissuta come fotografo professionista, il libro si sposta su molti argomenti, toccandoli spesso con uno stile ed un’ottica particolare ed un linguaggio piuttosto diretto.
Leggendo ho avuto però, più di una volta, l’impressione che si stesse saltando di palo in frasca, senza sviscerare bene alcuni passaggi che lo avrebbero meritato e lasciando quindi al lettore la sensazione di una eccessiva mancanza di pragmatismo, qualche volta anche condita di una certa autoglorificazione non sempre ben celata dietro ad un tono ironico.
E’ comunque molto bella a mio parere la parte finale, dove vengono mostrati e brevemente raccontati alcuni scatti realizzati dall’autore in Italia nel periodo del dopoguerra. Alcuni davvero degli di nota.
Insomma, un libro che non metto nella mia personale “hall of fame” ma che credo di poter consigliare comunque, specie perchè nel panorama letterario italiano che copre la fotografia non è proprio facile trovare testi con una così spiccata indipendenza di vedute ed un linguaggio così diretto.
Per quanto sia d’accordo con molte delle sue opinioni, per quanto mi interessi e spesso mi diverta la sua lettura, ho anch’io l’impressione che a volte il Maestro gigioneggi.