[continua dal post precedente]
…ed insomma… Fotone si era spento.
Dopo aver attraversato lo spazio e rimbalzato sul viso di una splendida fanciulla, era finito in una strana scatoletta e su quel suo “sensore”. Così avevano fatto tanti suoi compagni di viaggio, anch’essi toccando, chi il viso, chi il vestito, chi le cose che circondavano la ragazza.
Il sensore era uno strano congegno, una sorta di luogo di riproduzione. Su questo si posavano e morivano i fotoni generando altre piccole creature fatte di pura energia, gli elettroni.
La magia dell’evento era che il flusso degli elettroni che usciva dal sensore, replicava il modo con cui i fotoni vi erano arrivati dall’esterno. Descriveva forma e colore di ciò su cui questi erano rimbalzati prima di arrivare: insomma gli elettroni portavano con loro l’immagine dell’ultima cosa toccata dai fotoni.
I piccoli elettroni si mossero tutti insieme e dopo aver girovagato nel loro piccolo ambiente naturale di circuiti interni a quella scatola finirono per posarsi e fermarsi per sempre. Avevano trovato la loro meta su una comoda superficie rettangolare, una sorta di mielario estraibile dalla scatola stessa.
Rimasero lì per qualche tempo, finché una persona estrasse quella piccola scheda. Come un apicoltore che prende il telaio melario dall’arnia, lo spostò ed inserì in un congegno capace di leggere l’informazione portata dagli elettroni.
Questa macchina era capace di estrarre il frutto conservato nella scheda e generare un nuovo flusso di elettroni contenente l’immagine originaria della ragazza.
Questa nuova genia di creature fatte di energia vagò ancora per circuiti fino ad approdare ad una nuova superficie di riproduzione, stavolta più grande e non più racchiusa in una scatola.
Qui avvenne l’ultima magia: gli elettroni donarono la loro vita per chiudere il ciclo e far nascere una nuova generazione di piccoli fotoni, identici a quelli arrivati dallo spazio, liberandoli in maniera ordinata e perfetta proprio per ricreare nell’occhio dell’osservatore l’originaria immagine della bella fanciulla delineata dal volo dei loro simili giunti dalla stella lontana.
Fine.
————
Si, è una storiella scema. E forse anche incompleta. Perchè? Perchè in realtà i fotoni giunsero sulla retina e qui morirono per dar vita ad altri elettroni che viaggiarono fino al cervello dove definitivamente ricrearono l’immagine della fanciulla.
🙂
© 2012 Pega
Altre “storie da una foto”:
– La porta
– Capitan M|artin von Melik
– Viva Viva, La Befana!
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