Se è vero che in genere nessuno dovrebbe essere giudice di se stesso, è anche vero che in tema di creatività e produzione artistica questo non sempre vale.
In fotografia, come in altre forme espressive, è importante l’autocritica, intesa come la capacità di saper valutare da soli il proprio lavoro.
Che si tratti di decidere se cancellare uno scatto o invece proporlo per un premio, il filtro preliminare che rappresentiamo per le nostre stesse opere è un fattore chiave. Se ci autogiudichiamo con eccessiva severità rischiamo di tarpare le ali al nostro messaggio e a cose che agli altri potrebbero interessare, se invece siamo troppo generosi possiamo finire con l’inondare il mondo di roba insignificante.
E dunque come fare per tarare questo nostro giudizio?
Il coinvolgimento emotivo che ci lega ai nostri scatti è forse il problema più insidioso. La foto fatta in un momento particolare, associata a certe sensazioni o emozioni, ci appare con dei valori che non sempre sono percepibili dagli altri.
Certo, si può provare a lavorare per cercare di arricchire l’immagine con ciò che ci aiuta a trasmettere queste emozioni, come titolo e testo, ma bisogna comunque riuscire a fare un passo indietro e valutarla per quel che è.
Provare a guardare la foto con distacco “come se fosse stata fatta da qualcun’altro” è un inizio. Loderesti quel fotografo? O lo criticheresti? Cos’è che funziona o non funziona? Che sensazioni e messaggi trasmette? E’ tecnicamente ben fatta? Sono domande che possiamo farci svestendoci dei panni di autore ed indossando quelli di osservatore delle nostre stesse fotografie.
Una delle strade che ho scoperto più efficaci nell’aiutare questo processo di distacco è di abituarsi a seguire il lavoro di un numero maggiore possibile di altri fotografi, osservando regolarmente le loro foto pubblicate su Flickr o su altri social media ma anche visitando mostre ed esposizioni. Studiare immagini di altri con attenzione, cercandone pregi e difetti per poi magari anche condividerle a nostra volta è un gran bel metodo per affinare l’autocritica verso il proprio lavoro.
Quando questo volume di immagini osservate esiste ed è costante, diviene più naturale vedere le nostre come “solo alcune tra le tante” e quindi un po’ più facile autovalutarle con obiettività.
Che ne pensi? Credo che nei prossimi post proverò ad approfondire questo argomento.
Ciao PP..
immagino che saper fare autocritica sia comunque difficile, tranne nei casi in cui le foto che facciamo seguono un progetto prefissato.. ma credo che la cosa ancora più difficile e allo stesso tempo più facile, sia accettare le critiche dagli altri e da quelle partire per riflettere liberamente sul proprio lavoro..
a presto
Pino
Penso che se c’hai l’autostima qualche decina di metri sotto i piedi difficilmente vedrai brillare ciò che gli altri vedono luccicare ( infatti io mi mi giudico una notevole schiappa, for ever and ever, a tutto tondo ) , come pure se c’hai un ego a mille tu senti Il Magnifico pure se sei una pippa! Detto questo … mi piace lo spunto riflessivo! Grazie!
tutto vero..come pure è vero che l’autostima altalenante di soggetti sensibili influisce talvolta troppo 😀
Penso che sia importante capire i propri limiti e capacità come momento per migliorarsi.
Concordo con te sul fatto di osservare/guardare/studiare opere di altri fotografi (famosi e non…) per valutare e valutarsi come occasione di confronto, rispettando le scelte altri (anche nei propri confronti)…
Ogni foto si presta ad analisi per capire cosa è andato bene (continuando su quella strada) e cosa poteva essere fatto (di meglio o diverso) per trovare alternative e ambire ad un miglioarmento…
…autocritica costruttiva, insomma 😉
Sandro
mi piace molto questa tua riflessione, perché stimola ad approfondire l’analisi del proprio lavoro fotografico. Io di solito impiego di più di 48 ore a capire se quella mia foto mi piace e perché. Comunque al di la di ogni proprio giudizio personale, la piena soddisfazione la si prova quando anche gli altri apprezzano il nostro lavoro.
Stefano
Ciao Stefano. Il tuo commento rafforza la mia idea di quanto il tempo sia importante, una sorta di “raffreddamento” emotivo dopo lo scatto, che permette di filtrare quello che davvero conta tra ciò che la foto contiene.
Sono d’accordo con te anche nel pensare che l’apprezzamento degli altri è un fattore chiave, anche se in qualche caso è un’arma a doppio taglio.