Prendi un bambino, un bambino che sa a malapena camminare e mettigli in mano il necessario per dipingere.
Inizierà a tracciare dei segni su quel foglio, passerà il pennello sulla carta fino ad esaurire l’inchiostro, poi lo intingerà di nuovo, continuando a tracciare dei segni.
Poi forse deciderà di provare un altro colore e traccerà altri segni.
E ancora.
Non ne verrà fuori un capolavoro di tecnica, ma per lui quella sarà una sua creazione, una sua forma espressiva nata senza vincoli o timori di giudizio. Sarà una sua opera: l’opera di un artista.
E’ vero. Da piccoli siamo tutti artisti, si tratta della nostra natura. Ogni occasione è buona per lasciare il proprio segno, per dichiarare “Ecco questo l’ho fatto io. E’ una mia creazione”.
Poi arrivano le regole, i paragoni, la razionalità, la critica. E piano piano iniziamo a perdere la capacità di saperci esprimere in modo totalmente libero.
E’ un percorso in cui con le esperienze e l’apprendimento formiamo un reticolato di parametri che imbriglia il nostro istinto di artisti naturali. Per qualcuno questa è la strada per una crescita artistica che può arrivare a livelli altissimi, per molti altri è la perdita della capacità di saper liberare la propria vena creativa. C’è l’inibizione, la paura di creare. Il terrore della critica.
Ma quel bambino è ancora in te.
Pensaci.
Da Picasso a Duchamp in poi, e considerando la lezione dell’arte contemporanea che chiede solo partecipazione verso l’accostamento all’opera, il ritorno a riscoprire il bambino che è in noi si fa concetto puro.
Ho cliccato sul “mi piace” ma te lo volevo proprio scrivere che questo post mi piace perché suona corde antiche dentro di me.
Quindi, grazie. 🙂
Volevo citare Picasso anch’io, ma un’altra persona intelligente mi ha preceduto! 😉
ok… ci penso.
Quando un bambino manifesta esitazione nell’esprimersi ed è trattenuto dalla paura di sbagliare, la sua scarsa autostima viene in qualche modo catalogata come diversità…ma quella stessa diversità diventa poi normalità una volta diventati adulti. Ci penso continuamente, hai toccato un nervo scoperto. Bel post.
Questo è un post che sento molto adatto a me, e non solo per la fotografia.
‘sto giro non sono d’accordo con te.
Sulla definizione di opera d’arte, dico.
Il bambino che descrivi non produce un’opera d’arte, e quello che fa non è arte: semplicemente esprime qualcosa, probabilmente secondo canoni estetici propri e soprattutto con codici non conosciuti e conoscibili. Sostenere che qualunque produzione espressiva è arte è come sostenere che questa mail è arte. Esprimo delle idee, ma non mi sembra sia arte.
Anche il compito dell’arte è comunicare, far “passare” contenuti generalmente altrimenti inesprimibili, qualunque questi siano attraverso opere creative di altro livello. Quindi ha comunque la necessità di utilizzare codici condivisi, intellegibili almeno da qualcun altro oltre all’autore. Regole, funzionali alla comunicazione, ma regole.
Quella che tu celebri nel post a mio avviso è la “spontaneità”, componente necessaria ma non esclusiva dell’opera d’arte. Il fanciullino sta lì, nell’atto creativo che è comunque fondante. La tecnica necessaria all’artista per farsi capire non è mai stata un problema: sia essa sopraffina o semplice, standardizzata o innovativa, perfetta o rozza è anzi ricercata per assecondare l’esigenza primaria della comunicazione.
A mio avviso inibizioni, paure, terrori vari che citi nel post non nascono nei confronti o per colpa della tecnica ma risiedono nella personalità che ciascuno ha, e dai rapporti tra persone che si creano in base a questa.
Incolpare la tecnica, una qualsiasi tecnica espressiva, mi pare fuorviante.
O sbaglio?
Anche se certo non sarebbe un problema, non credo che ci troviamo davvero in disaccordo. Quando il bambino dipinge tende ad esprimere emozioni e sensazioni attraverso una sua modalità che è, sì ancora acerba e priva di tecnica, ma è anche capace di “far passare contenuti altrimenti inesprimibili”, come dici tu.
Certo c’è arte e arte, consapevolezza o no di esprimere qualcosa, e poi c’è pure la questione del talento, ma quello a cui volevo riferirmi nel post è un aspetto specifico: quella sorta di prigione creativa in cui a volte ci costringiamo.
E’ la prigione fatta di regole, codici e canoni che, se da un lato delimitano un territorio ed un linguaggio e sono fondamentali per una forma d’arte più matura, dall’altro rappresentano vincoli a volte oppressivi che in molti casi bloccano lo sbocciare di nuove opere.
La semplice paura (di questi vincoli e delle potenziali critiche di chi li difende) è nemica della libertà (d’espressione).
E’ un discorso non facile da esaurire in un blog, ma ci possiamo provare almeno ad approfondirlo un po’.
Comunque sia, bel contributo, grazie.
Pur non concordando esattamente né con l’uno né con l’altro, penso che entrambi abbiate in parte ragione. Secondo me il “pomo della discordia” sta nel pensare che creatività e tecnica siano o meno ortogonali. Io penso che lo siano.
Da un lato c’è la creatività, che dipende in larga parte dalla libertà di espressione e soprattutto dalla percezione che noi abbiamo di questa libertà. Il percorso che tutti compiamo man mano che cresciamo consiste essenzialmente nell’autolimitare la nostra libertà in generale, man mano che veniamo formati al rispetto delle libertà altrui. Per esempio, da bambini non abbiamo alcun timore a dire ciò che pensiamo, anche se magari è offensivo; crescendo, ci viene insegnato che offendere è sbagliato, e quindi (chi più chi meno) cerchiamo di limitare la nostra libertà di parola in modo da non offendere gli altri. In questo senso, effettivamente, è possibile che la creatività, pur rimanendo magari intatta nella sua potenza, non venga espressa liberamente: abbiamo idee meravigliose, ma sarà il caso di renderle manifeste?
Dall’altro lato c’è la tecnica, che in minima parte vincola la nostra libertà espressiva (a te sembrerà bellissimo fare un sito web con il testo viola e lo sfondo giallo, ma credimi, è meglio di no), ma principalmente intende darci gli strumenti per esprimere al meglio il nostro pensiero e la nostra idea creativa.
Insomma, a qualunque età si può avere tanta o poca creatività e tanta o poca capacità tecnica. Fatta questa distinzione, però, sono d’accordo con lo spirito del post: la creatività, di solito, viene ingabbiata mentre cresciamo. Ben venga quindi rendersene conto, così almeno possiamo farci qualcosa 🙂
Grazie Simone, mi ha fatto molto piacere questo tuo contributo.