Subisco sempre il fascino dei backstage, specie quando c’è di mezzo qualche fotografo di fama. Guardare come lavorano i professionisti mi intriga perché, nel vederli operare, ci sono sempre un sacco di dettagli che si manifestano. C’è il dialogo con il soggetto del ritratto, la collaborazione con chi allestisce la scena, l’importanza del trucco.
Si può imparare molto ma il bello è poi osservare che, in sostanza, gli ingredienti sono sempre gli stessi: quelli che anche tutti noi possiamo avere a disposizione. Sono la creatività e la voglia di ottenere un certo risultato, indipendentemente dal fatto che questo sia un prodotto commerciale o artistico.
Qui c’è Annie Leibovitz, impegnata in uno shooting per la Disney. E’ un esempio in cui si vedono applicati gli elementi di cui sopra ma anche una bella dose aggiunta di lavoro a posteriori, di quella tanto discussa “postproduzione”, che per questo tipo di assignment è evidentemente richiesta dalla direzione artistica. E’ infatti ben visibile sull’immagine finale qualche bella “mano” di Photoshop.
Per chi volesse provare ad imitarla a casa divertendosi con tanto di costume da regina cattiva, solo una raccomandazione: attenti al fuoco! 🙂
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Backstage con Annie Leibovitz
01/08/2013 di Pega
Molto interessante ma devo dire che la serie di ritratti fantastici per la Disney è stata la più grande caduta di stile della sua carriera. Partita con l’inseguimento delle grandi rock band degli anni ’70, la celebre collaborazione con Rolling Stones, il favoloso ritratto di John Lennon il giorno prima della sua morte, gli intrecci intellettualistici con Susan Sontag, qui si riduce a costruire diorami con tutti i luoghi comuni più stereotipati, abbracciando la pittura digitale alla LaChapelle ma senza la sua ironia. Evidentemente la Disney ha richiesto un target infantile 🙂
Ricordo che ne parlai qui: http://becausethelight.blogspot.it/2011/04/le-storie-fantastiche-di-annie.html
Caro Sandro, concordo su tutta la linea. A parte le ironie, credo che come nel caso di tanti altri grandi, anche per Annie si tratti dell’ineluttabile fase discendente della sua parabola. Un percorso che l’ha vista tra i protagonisti della fotografia del novecento e che, a mio parere, ha toccato il suo apice proprio in quella fase di stupendo “intreccio” (come giustamente dici tu) con la visione analitica ed il grande spunto intellettuale della Sontag.
Grazie del contributo. Ho riletto con grande piacere il tuo post.