Il Museo J. Paul Getty ha sempre avuto la caratteristica di permettere l’accesso gratuito al pubblico. È stato così fino dalla sua inaugurazione, una gran bella cosa per chi abita a Los Angeles, vista la splendida collezione di opere presenti che vanno da antichità greche e romane, a dipinti e manoscritti da tutta Europa oltre ad una notevole raccolta di fotografie da ogni parte del mondo.
Da qualche giorno c’è una buona notizia anche per chi non ha la fortuna di abitare in California: il Presidente e CEO di Getty, Jim Cuno, ha annunciato la completa liberalizzazione dell’uso delle immagini di cui il museo detiene i diritti. In sostanza vengono messe gratuitamente a disposizione, per ogni tipo di utilizzo, tutte le immagini online, in pratica circa 4,600 foto di opere ed oggetti del museo, tutte disponibili in alta risoluzione sul sito. Fino ad oggi queste erano utilizzabili solo dietro presentazione di una richiesta ed il pagamento di diritti specifici a seconda del tipo di uso previsto.
“Il Museo è lieto di mettere queste immagini a disposizione di tutti, ed è solo il primo passo verso un progressivo e totale open content” ha affermato il direttore del Museo Getty, Timothy Potts.
Molti artisti, in particolare fotografi e collezionisti, si stanno interrogando su questa scelta, preoccupati della ricaduta che questa decisione potrà avere sul valore delle loro opere.
Il punto è che la Fondazione Getty fu creata per promuovere la diffusione dell’arte e della cultura delle arti visive e questa nuova iniziativa non fa altro che adeguare la missione alla realtà comunicativa odierna.
Io non credo che tutto questo possa influire negativamente sul mondo dell’arte e sulle possibilità di sostentamento degli artisti, piuttosto potrebbe essere un fattore nuovo, che in futuro aiuterà a limitare la speculazione, riducendo la pressione del business sulle menti creative e che magari aprirà la strada a nuovi talenti.
Tu che ne pensi?
La svolta gratuita del Museo Getty
19/08/2013 di Pega
È certamente quella del Getty una svolta di grande spessore. Qualcosa di analogo (per l’impiego delle foto) è già accaduto statalmente con il museo di Amsterdam, dove è evidente che c’è un’Amministrazione dei BBCC di più alto livello e soprattutto un’apertura verso la modernità sicuramente meno timorosa che da noi in Italia.
Nel nostro Paese c’è una gestione ancora tutta statale dove è totalmente avverso l’ingresso dei privati (nonostante la mancanza di fondi e la devastazione materiale dei beni) e quindi si cerca di fare cassa anche con i diritti sulle immagini.
C’è inoltre da dire che con l’avvento della comunicazione globale, c’è ‘un furto’ quotidiano delle immagini che non è controllabile nel suo enorme flusso e quindi a mio avviso non è più neppure più una fonte di guadagno di spessore per il Ministero e gli apparati connessi.
Il Getty è ormai un’Istituzione privata di grande importanza mondiale, sia per collezione che per le iniziative promosse, ma con questo altro ‘piccolo’ passo, mostra una contemporaneità ed una comprensione dei tempi che la spostano anni luce distante dal burocratese sordo e ostico del nostro Paese.
Sottoscrivo in toto.
🙂
lodevole iniziativa. per valutarne la replicabilità a casa nostra sarebbe interessante conoscere il business plan del Getty: in molti paesi i cittadini, ciascuno nella misura che gli è possibile, contribuiscono al mantenimento ed alla (libera) fruizione dei beni culturali attraverso elargizioni liberali e l’acquisto di annessi e connessi (bookshop, coffee shop, ecc.); da noi gratis=ufo=scrocco e quindi non è detto che il privato sarebbe la soluzione, perché dovrebbe comunque rientrare nelle spese e quindi i prezzi rischiano di aumentare anziché diminuire – la diffusione della pirateria audio/video (e la convinzione che ciò non sia reato e non nuoccia a nessuno) è chiaro indice di quanto si sia disposti ad investire in cultura.