Quanto siamo influenzati dal sapere chi è l’autore di uno scatto? Riusciamo ad essere indipendenti nel giudicare un’opera d’arte? Pesano i pregiudizi?
Nel 2008 il giornalista Gene Weingarten vinse il premio Pulitzer per un esperimento, da lui ideato e condotto, a proposito della capacità del pubblico di saper apprezzare e riconoscere autonomamente la qualità artistica.
L’esperimento consisteva nell’aver fatto suonare il famoso violinista Joshua Bell in una stazione della metropolitana di Washington, filmando la reazione dei passanti con una telecamera nascosta.
In quei giorni Bell stava riscuotendo continui “tutto esaurito” ai suoi concerti in teatri da 100 dollari a biglietto, ma nei 45 minuti di performance nella metropolitana, solo sette persone si fermarono ad ascoltare e l’incasso si limitò a poco più di 20 dollari.
Sono pronto a scommettere che la stessa cosa è identica con le altre forme d’arte, di sicuro con la fotografia.
A cosa è dovuto tutto ciò? Sono i nostri ritmi di vita, la tendenza al “mordi e fuggi”, al quick-cut, che ci stanno rendendo così?
Oppure stiamo semplicemente mettendo da parte la nostra personale sensibilità a favore di un ossequioso ed automatico senso di apprezzamento dell’opera di chi ci viene proposto come “famoso”?
Il predominio della fama
27/11/2013 di Pega
Beh, 20 dollari per 45 minuti non è poi così male; sono 4500 dollari al mese al netto delle tasse. Buttali via.
A parte gli scherzi, c’è poco da fare siamo molto influenzati dal sapere chi è l’autore, forse non tanto nel giudicare l’opera, bensì nello sforzarci di capirla di analizzarla. Per un autore sconosciuto non spendiamo molto tempo nell’analisi, se non ci piace giriamo pagina e via, ma se l’autore ha un nome famoso ecco che allora i nostri sensi fisici e intellettivi sono maggiormente pronti all’analisi, allo scavare i motivi per cui magari l’opera non ci dice gran che.
Anch’io penso che tu abbia colto uno dei punti chiave della questione. Il problema è capire quando l’influenza degli altri ci aiuta ad approfondire e capire/apprezzare o quando ci “convince” a prescindere.
Hei, hai fatto arrabbiare il Washington Post?
Mi sa di sì!!! 😀
Adesso però ho trovato un altro link funzionante. Vediamo quanto dura 🙂
Grazie della collaborazione.
Il nostro gusto ormai è influenzato e indirizzato. Riusciamo sempre più raramente a fare scelte completamente autonome, e preferiamo percorrere strade già tracciate (il nome famoso) invece che sperimentarne di nuove (il violinista sconosciuto). Così come nei vestiti, nella musica, nel cinema. Fondamentalmente ci accontentiamo di scelte già fatte
Forse far scegliere gli altri costa meno fatica 🙂
Qualche giorno fa riflettevo su una questione simile, ma relativa alla letteratura. Naturalmente non ho ancora trovato risposta. 🙂
Credo sia esattamente la stessa cosa.
pensa, sto quasi terminando un progetto editoriale su questo (un ebook che spero esca prima di natale, chissà…), proprio con riferimenti all’esperimento del washington post. argomento lungo e complesso, che dal mio punto di vista si muove sul crinale ostile dei meccanismi dell’informazione (il cui studio era poi ciò che stava alla base dell’esperimento).
sottoscrivo le domande, in ogni caso, che aggiungono spunti di riflessione.
Allora attendo con curiosità il tuo ebook!
Credo che Franco Ferri Mala abbia centrato il punto.
Parlo da ignorante, ma ho la sensazione, di fronte a qualsiasi forma di espressione – figurativa o performativa – che il mio interesse si muova su due piani: quello del gusto personale, che prescinde da qualsiasi definizione di “Arte”, e quello delle influenze esterne, che possono fornirmi categorie ed inquadramenti frutto di elaborazione altrui.
A mio avviso, i gusti personali sono fortemente orientati dai media, dalle mode, dalla riproposizione continua dei cliché più “sponsorizzati”, ma c’è sempre una parte istintiva che fa la differenza. Le influenze esterne, invece, hanno più effetto sull’opera specifica, a meno che uno non sia uno studioso, un artista, o comunque una persona predisposta alla “ricerca” artistica: in un certo senso, una didascalia può contare più dell’opera stessa nel formare il giudizio del pubblico. Del resto, molta critica è in realtà puro marketing.
La cultura del mordi-e-fuggi influisce di certo, ma lì entra in gioco anche l’immediatezza della forma d’arte in questione: a questo proposito, se mi propongono di andare ad un concerto di Schumann, ma non mi considero un amante della musica classica, probabilmente declinerò, dando per scontato che mi annoierò a morte; poi magari sento il concerto per radio e mi innamoro di un suo Lieder. Se invece mi mettono davanti una fotografia e – pur non essendo un amante della fotografia – il soggetto, la luce o i colori colpiscono positivamente il mio immaginario, probabilmente dirò che è proprio una bella foto, e che mi piacerebbe averla come sfondo del desktop… a prescindere dall’autore.
Forse sono stato grezzo e dissacrante.
Me ne scuso con gli artisti presenti! 🙂
No che non sei stato dissacrante (nè grezzo). Ed io sono d’accordo con te.
Questione effettivamente delicata.
Penso che il gusto, l’estetica sia una subordinata dipendente della cultura, non viceversa, cosicché dò ragione a Franco Ferri Mala nel sostenere che un contesto culturalmente alto stimola la nostra attenzione in modo diverso che la situazione contraria. Questo fino a che uno si ritrova ad avere una base culturale tale, un “affinamento del gusto” tale che è in grado di emettere giudizi autonomi.
In questo tempo di “affinamento” distinguere il confine tra “accettazione incondizionata di mode o pensieri dominanti” e “acquisizione critica dello stato dell’arte del momento” sia un’operazione estremamente ardua, forse neppure possibile, invece necessaria per coloro che si piccano d’essere liberi pensatori.
Il vero problema è che molti, a mio avviso, per pigrizia o incapacità, si fermano ai primi passi nel cammino ed accettano quel che viene proposto loro senza il minino accenno di sviluppo del senso critico.
spesso non valutiamo la sostanza, ma seguiamo la tendenza
Esatto. Potrei anche sostituire il mio verboso post con questa tua perfetta e centratissima sintesi.
🙂