Torno spesso a vedere questa foto, adoro ammirarla sulla pagina del libro, che conservo gelosamente, dove la vidi per la prima volta. Per me è una foto importante.
Magari non ci hai mai pensato, ma forse anche per te, come per molti fotografi, esiste una foto che rappresenta un personale punto di riferimento. È quella che in un più o meno remoto passato ha fatto scattare qualcosa ed è (almeno in parte) “responsabile” della nascita di un interesse particolare per la Fotografia.
Non è detto che si tratti per tutti di uno scatto famoso, ma nel mio caso l’immagine che ritengo la principale indiziata è una celebre foto di Edward Weston: Nude woman, un capolavoro che il grande maestro del bianco e nero scattò nel 1936.
Ne rimasi affascinato da ragazzino e resta a tutt’oggi una delle foto che amo di più in assoluto, per l’insieme di armonia, grazia, rigore, sensualità, talento e grandissimo senso estetico che rappresenta. Almeno per me.
E tu cel’hai una foto che ti ha “avvicinato alla fotografia”?
fantastica!
Domanda da eretico: cosa rende questa foto un capolavoro? E come influì il saperla tale sul tuo giudizio estetico di allora? (vedi discussione su “il predominio della fama”)
Rispondo volentieri alla tua domanda che non è proprio da eretico.
Nude Woman è considerata un capolavoro, è vero. Lo è per il modo con cui Weston seppe presentare l’immagine del corpo esaltandone le forme sinuose e sensuali, mettendole però in relazione con le caratteristiche estetiche di oggetti naturali inanimati, sulla pagina a fianco di Nude Woman c’era infatti il famoso “peperone numero 30”, sempre di Weston. Ovviamente non c’è solo questo e sul valore di questo scatto, sul suo rigore compositivo e nell’uso sapiente dello spazio, sono stati scritti trattati.
Io sapevo ben poco di tutto ciò, di sicuro non sapevo chi fosse Weston e non credo quindi di essere stato direttamente influenzato dalla fama dell’autore. Rimasi però colpito da quella foto, dalla grazia e delicatezza di quella posa meravigliosa e di quella luce, dalla sensualità composta e dall’assenza totale di volgarità. Meglio credo di non saper spiegare.
Quel che però è certo è che il libro trattava storia della fotografia e l’autore aveva scelto Weston proponendomelo in quelle pagine che io stavo sfogliando ignaro… In questo senso è vero che quindi non si tratta del tutto di una scoperta casuale e diretta quanto di una proposta mediata.
Ho subito cercato “peperone numero 30” su Google e ho trovato… un tuo post! 🙂 In effetti, appena ho visto l’immagine, mi è immediatamente tornata alla mente la “nude woman” di cui si parla qui.
Ecco, le due foto sono belle anche per un profano, non c’è dubbio, ma l’accostamento fornisce una chiave di lettura formidabile: si intuisce la comune ricerca che c’è dietro, la sensualità della forma, l’armonia delle superfici create dalla natura, a prescindere che si tratti di un essere animato o inanimato.
Forse è a questo, allora, che servono le “didascalie”, ovvero i libri di storia dell’arte: tracciare un percorso per caratterizzare l’autore, ed educare lo sguardo meno esperto a cogliere “l’artista”, dietro ciascuna opera. In effetti, come possiamo parlare di “opera d’arte” se dietro non c’è… un artista? Al limite parliamo di opera della natura, opera del caso. Ma l’arte necessita di un artista.
Grazie, ecco una cosa cui non avevo mai pensato!
🙂
Mi fa molto piacere che il post ti abbia stimolato alla ricerca ed… a scoprire qualcosa.
Grazie del bel contributo!
una foto, no, sai? una, anzi più di una, macchina fotografica – ed il modo in cui i possessori la utilizzavano, sì.
Ah ok. Ma va benissimo! Però a questo punto mi hai incuriosito e mi piacerebbe proprio sapere qualcosa in più di questi tuoi primi “elementi”…
🙂
la prima prima che mi incuriosì fu una zeiss ikonflex, tipo questa http://www.newoldcamera.com/Scheda.aspx?Codice=NU4227 accompagnata da un esposimetro di cui ricordo solo la forma di cicalino ed il color beige. poi una banalissima yashica (niente di che, come valore storico oggi pari quasi a zero), ma usata con grande passione: tanto fu l’afflato, che me ne regalarono una uguale…!
Uh ma che bella la biottica Ikoflex, ci credo che ti colpì. E poi anche l’uso appassionato di una macchina. Certo che vale come “scusa” per innamorarsi della Fotografia.
Grazie, bel contributo!
Anche a me è sempre piaciuta questa foto. Ricordo un vecchio libro rubato a mio padre da ragazzo, tutto testo ma con al centro delle pagine patinate con tante preziose riproduzioni delle foto che hanno fatto la storia. (Tra parentesi: non mi sembra di avere rivisto a giro un compendio altrettanto ricco riguardo a storia, tecnica, pellicole, modelli e estetica della fotografia).
Riguardando ora la foto mi colpisce la durezza della luce e le ombre che si creano sul bordo del corpo della ragazza, lontani dai canoni “magazine” fatti di softbox e photoshop (ma del resto è una foto di natura, non fashion !) Credo che l’ombra sul braccio dx (in altri casi un “no-no”) qui contribuisca a snellire la figura ed assimilarla dipiù a una forma geometrica. Non so se questo era stato intenzionale o fortuito; ma alla fine forse sono proprio certi particolari fuori controllo che trasformano una foto riuscita in un capolavoro. E il ginocchio compresso in primo piano (spesso un particolare poco estetico in una modella): ancora solo un briciolo di luce in più ed avrebbe cominciato a stonare ed a sgraziare la figura. Dalla postura del piede (e dalle condizioni della punta) mi immagino che la modella fosse una ballerina.
Per i curiosi, il libro di cui sopra è “la fotografia” di Eric De Marè (ed. Sansoni firenze)
Grazie del riferimento editoriale (che mi andrò a cercare, ovvio 🙂 ) ma anche e sopratutto del tuo contributo. Bella la tua lettura degli aspetti strutturali della foto. Che altro dire… è un’opera affascinante, senza tempo, per certi aspetti assoluta.
A presto risentirti.