In questa fotografia che Paul Strand realizzò nel 1928, c’è la sintesi di una delle sue affermazioni più importanti. Strand diceva che per usare onestamente la fotografia si deve avere un reale rispetto per ciò che ci si trova davanti ed esprimerlo attraverso un insieme di valori tonali quasi infinito.
Se la seconda parte della frase si riferisce ad aspetti tecnici ed estetici, la prima è invece dedicata a qualcosa che può essere definito come “moralità fotografica”. È il rispetto che trasforma il soggetto da occasione a ragione di una fotografia ed era questo il concetto alla base del movimento a cui Strand apparteneva, denominato straight photography.
Il grande fotografo riuscì solo nella fase matura della sua carriera ad essere davvero coerente con questa visione ed in questa fase, abbandonata ogni sperimentazione, si dedicò davvero ad una fotografia calma e naturale.
Questa famosa foto del fungo rimane uno degli scatti più importanti di questo periodo. Non si tratta, come potrebbe apparire a prima vista, della descrizione fredda e scientifica un soggetto botanico ma piuttosto della realizzazione di un panorama in miniatura.
L’immagine è composta rigorosamente, con quell’attenzione alla luce ed agli spazi, che in precedenza i fotografi dedicavano alla rappresentazione delle grandi viste naturali o dei panorami. Il riferimento è a quella fotografia naturalistica e di paesaggio che, specie nella seconda metà dell’ottocento, era stata realizzata dai grandi maestri che avevano scoperto (visualmente) il nuovo continente.
Esauriti i grandi spazi, quella di Strand era una nuova forma di esplorazione, matura, intima ed attenta, completamente dedicata il microcosmo naturale.
Il fungo di Strand (reloaded)
18/01/2014 di Pega
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