Questo suo successo professionale forse non avrebbe però lasciato alcun segno rilevante nella storia della fotografia perché come tutte le nuove tecnologie, il clamore suscitato al loro arrivo è proporzionale all’oblio che segue quando vengono superate. Anche il carbro print fu presto dimenticato e reso un ricordo dall’avvento, negli anni quaranta, di nuove e più semplici tecniche di fotografia a colori.
E così non è per questo che Paul Outerbridge si è meritato un posto tra i grandi della fotografia del novecento.
Il suo vero talento era in realtà già emerso ancor prima dei successi commerciali, quando era un giovane studente alla scuola di fotografia di Clarence White alla Columbia University.
Erano i primi anni venti e le fotografie di Outerbridge di quel periodo mostrano uno straordinario gusto nella ricerca di forme astratte create dall’intreccio di elementi solidi ed ombre. Sono immagini da contemplare a lungo e degustare lentamente, come questa sopra, raffigurante un solido (probabilmente un mattone) appoggiato su un piano. Nient’altro.
L’oggetto tridimensionale si fonde con le forme bidimensionali create dalla luce, in un meraviglioso intreccio di ombre, creando quello che ai nostri occhi appare quasi come un puzzle.
E’ un lavoro raffinato e di gran talento, che racconta la passione e la ricerca fotografica di un giovane artista. Un’immagine in cui la luce che cade sull’oggetto è studiata in modo così magistrale da farne un capolavoro della storia della fotografia.
È in effetti molto d’impatto.. Bello davvero
Bello e interessante…cosa sarebbero certe immagini senza le “sfumature d’ombra”?
Buona domenica
.marta
É vero. Buona domenica anche a te!
Molto interessante e di notevole ispirazione. Credo che questa immagine sia la dimostrazione palese della distanza che ha percorso la fotografia nel novecento. Non si fa più fotografia così, ricercata, sofisticata e misteriosa nella sua apparente semplicità formale, oggi principalmente è artificio.
Non posso che essere d’accordo con quello che scrivi.