È di questi giorni la notizia che l’agenzia Reuters non accetterà più, dai suoi fotografi, immagini realizzate con metodi di post-produzione dai formati “integrali”, come NEF, CR2 o RAW. L’informazione è giunta a tutti i collaboratori dell’agenzia con questa semplice mail:
Hi,
I’d like to pass on a note of request to our freelance contributors due to a worldwide policy change.. In future, please don’t send photos to Reuters that were processed from RAW or CR2 files. If you want to shoot raw images that’s fine, just take JPEGs at the same time. Only send us the photos that were originally JPEGs, with minimal processing (cropping, correcting levels, etc).
Cheers
D’ora in poi verranno accettate solo immagini JPG prodotte direttamente dalla fotocamera stessa e ciò rappresenta una determinazione importante nell’attuale scenario globale riguardante fotografia e media.
Si tratta di una decisione che impatta sul processo personale adottato da ogni fotografo professionale, andando a semplificare e velocizzare il lavoro di invio delle immagini all’agenzia, ma di fatto anche a limitare una delle fasi del processo creativo. E qui sta il punto. Reuters è leader mondiale del fotogiornalismo, per questa agenzia la creatività tende quindi ad essere un elemento che introduce una potenziale alterazione, se non addirittura una pericolosa distorsione della realtà. L’arte e la creatività qui non possono avere spazio, il fotogiornalista deve essere sempre più un testimone e sempre meno un interprete.
Si può avere un’opinione diversa, ma credo si tratti di una decisione interessante, di sicuro frutto di attenta valutazione, influenzata anche da una serie di casi in cui collaboratori freelance dell’agenzia britannica hanno pesantemente alterato le loro immagini, modificando particolari importanti per la notizia che stavano trattando.
Siamo in una fase di cambiamenti ed evoluzione del media fotografico, sempre più universale, pervasivo ed influente. Una fase da seguire attentamente.
Accidenti allora non gli mando più manco una foto 😛
Non sono abbastanza tecnico, però comunque anche i jpg si possono manipolare. Mi manca la conoscenza relativa ai raw, non ho idea di come si possano modificare permanentemente e pervasivamente. Suppongo esistano software appositi.
Si può fare di tutto, su questo non ci piove. Ma ora Reuters indica una sorta di direttiva ed è qui il punto. Rimane la possibilità di violarla sì, ma il fotografo non è più libero di procedere come meglio crede…
Ma come fanno a sapere se il jpeg è frutto di Lightroom o della fotocamera ? Entrambi derivano dallo stesso raw ed esistono i programmi per modificare i dati exif. È un segno dei tempi anche l’evoluzione della qualità jpeg sfornata dai microprocessori delle fotocamere, ritenuti ora adeguati per la stampa.
Credo che la faccenda ruoti di fatto intorno alla “policy”, al manifestarsi di un orientamento attraverso la comunicazione ufficiale di una regola. Prima ogni fotografo poteva fare come più gli pareva, adesso hanno introdotto una direttiva, qui sta la differenza.
Che poi la regola si possa aggirare non ci sono dubbi, vale per qualunque altra cosa, ma a quel punto è una violazione (rilevabile o no è da vedere in effetti, come dici tu).
Io trovo tutta la faccenda parecchio interessante ed indicativa di una fase storica che stiamo vivendo.
La post produzione è parte integrante della fotografia fin dalla sua nascita. I falsi storici passati attraverso la camera oscura sono ormai famosi e furono eclatanti.
Possono non volere più i raw o, come fa National Geographic, pretendere il raw puro, uscito dalla macchina, ma fatto sta che la fotografia è un’enorme bugia poiché il primo, falsante filtro, è l’occhio stesso del fotografo. Egli racconta ciò che vuole *come* vuole. Spesso per cambiare il significato di una notizia basta usare un tele invece di un grandangolo. Basta girare la fotocamera in verticale e *tagliare* un’immagine per cambiare il senso di una storia.
Hanno dato una direttiva, ma se io fotografo ho un’idea riguardo a un fatto e voglio farlo apparire come voglio, la post è solo l’ultimo passaggio…
Mi sembra una *direttiva* che ha il solo scopo di far dire: ah sì! Le loro sì che sono immagini *vere*! Ma siamo sicuri? Bah…
Considerazioni assolutamente condivisibili. L’atto stesso di scattare la foto, fermando un dettaglio in un attimo del tempo che scorre, è una mistificazione. Non c’è dubbio che il ritocco dell’immagine sia solo una componente.
Grazie del tuo contributo.
mi sono molto piaciute entrambe le riflessioni di cui sopra (la tua e quella di elena): la sensazione che sia una decisione specchio di un periodo storico va di pari passo con la necessità di un photo-green-washing.
se l’obiettivo è non distorcere la realtà ma riprodurla fedelmente, concordo in pieno.
D’altronde a mio parere il cronista/fotografo in questi casi non deve rappresentare un lato della storia, ma tutta la storia, lasciando a chi legge/guarda decidere da che parte stare senza essere influenzato e accompagnato in un’interpretazione piuttosto che un’altra…