E’ di qualche giorno fa la notizia della morte di Lino Manfrotto, il padre del moderno treppiede fotografico, l’accessorio che aanche nell’era digitale rimane vivo e vegeto, spesso simboleggiando in modo diretto la Fotografia professionale.
Erano gli anni ’60 e Lino Manfrotto, fotoreporter per Il Gazzettino ed Il Giornale di Vicenza, conviveva con gli ingombri e la pesantezza delle attrezzature del tempo. Come tutti i suoi colleghi apprezzava lo sviluppo che avevano avuto le componenti elettriche ed elettroniche, come i flash e gli illuminatori al quarzo, ma si chiedeva il perché della mancanza di innovazione sul fronte degli accessori di base come stativi, bracci e morsetti.
Iniziò creando un leggerissimo supporto per luci, che realizzò in pochi pezzi per amici e colleghi, ma poi decise di fare le cose sul serio e cominciò a vendere sul mercato internazionale i suoi prodotti realizzati in garage.
Il resto è storia, una storia fatta di qualità ed innovazione, un successo fatto di passione ed impegno, con una continua ricerca di perfezione che ha generato innumerevoli tentativi di imitazione.
Sembra un paradosso ma anche oggi, nell’era degli smartphone, della GoPro e dei droni, un buon treppiede ha sempre il suo perché, e forse sempre lo avrà.
Di sicuro per molti lo stativo rimane l’inequivocabile segno distintivo della presenza di un fotografo professionista, lo si può constatare dal rispetto che questo semplice accessorio sembra esigere, percepibile ogni volta che se ne fa utilizzo.
Ciao Mr.Treppiede, ci mancherai…
08/02/2017 di Pega
Interessante osservazione: l’accessorio in qualche modo sopravvive all’oggetto principale, o almeno sopravvive subendo meno trasformazioni…
🙂
E pure io , sebbene sia agli inizi e con una reflex di basso livello, ho il cavalletto Manfrotto
Non ci sono parole per esprime la qualità dei suoi prodotti. Ne ho uno da anni ed è un compagno fedele ed affidabile.
Vero