Feeds:
Articoli
Commenti

Archive for the ‘History of photography’ Category

selfie La GiocondaLe mie personali e non sempre condivise opinioni sul devastante rito del selfie si rinforzano ogni volta che mi capita di leggere qualcosa che ne analizza cause ed effetti. Così non ho potuto resistere e condivido qui i risultati di una recente ricerca della Washington State University pubblicata su Journal of Research in Personality.
Lo studio, effettuato in più fasi su un campione (modesto a dire il vero) di studenti, mostra come il selfie sia realmente percepito dagli altri ed esca sconfitto dal confronto con la più classica foto “in posa”.
In sostanza, le persone che scelgono di mostrarsi in frequenti selfie sono inconsciamente classificate come più narcisiste, sole ed insicure, rispetto a chi si fa fotografare in posa o in compagnia, indipendentemente dalla grandezza o fascino del luogo scelto per lo scatto.
La prossima volta che stai per farti un selfie pensaci, semplicemente chiedendo a qualcun altro di scattarti la foto potresti cambiare di molto la percezione che gli altri hanno di te.

p.s. Se vuoi leggerti tutta la ricerca ecco il link.

Pubblicità

Read Full Post »

Minutero - Afghan CameraOrmai ci siamo tutti abituati all’immediatezza di uno scatto con lo smartphone: è facile, si può inquadrare al volo, scattare e vedere subito il risultato, tutto istantaneamente e senza complicazioni.
Il digitale è parte integrante del nostro presente, ma non è stato sempre così: in realtà l’immediatezza è stato un sogno inseguito a lungo nella storia della fotografia.
Il bisogno di tempi rapidi è sempre stato sentito, fin dai primordi, e fu Frederick Scott Archer nel 1853 il primo a realizzare una fotocamera “istantanea”. Da allora (quindi ben prima della Polaroid) sono sempre esistiti fotografi specializzati in risultati immediati “sul campo”. E’ emblematica la tradizione dei fotografi ambulanti in Afghanistan, dove per generazioni è stata mantenuta viva una tecnica ritrattistica basata su macchine-laboratorio completamente autonome.
Afghan cameraQueste fotocamere, chiamate kamra-e-faoree (che più o meno significa macchina fotografica istantanea), sono grosse scatole in legno al cui interno avviene l’intero processo: dall’esposizione allo sviluppo, fino alla stampa finale.
Dopo la messa a fuoco, effettuata sotto una cappa nera come si fa con il grande formato, la fotocamera viene caricata con un foglio di carta fotosensibile che il fotografo, infilando una mano attraverso un manicotto a tenuta di luce, estrae “alla cieca” da una scatola posta all’interno della macchina stessa.
Una volta piazzato il foglio sul piano focale, viene effettuata l’esposizione. Si passa quindi allo sviluppo, che il fotografo effettua immergendo il foglio in vaschette con normali reagenti, poste sempre all’interno della fotocamera.
Si arriva così al risultato intermedio: un’immagine negativa che, a questo punto, viene estratta dalla macchina e ri-fotografata. Ripetendo una seconda volta l’intero processo si arriva quindi al prodotto finale.
La tradizione delle Afghan Camera e di altre fotocamere a sviluppo istantaneo simili, come le Minutero spagnole, è esistita in molte parti del mondo ma adesso è in prevedibile declino. Esistono però alcuni eroici appassionati decisi a tener vivo questo bellissimo modo di fotografare, così semplice ed affascinante.
Tra di loro c’è un signore che seguo da tempo e che ho già citato in passato: si chiama Pier Giorgio Cadeddu. Ha chiamato “Sardinian Camera” la sua stupenda macchina fotografica a sviluppo istantaneo costruita a Càbras e sul suo sito puoi trovare molte informazioni al riguardo, comprese spiegazioni di funzionamento, costruzione e “filosofia fotografica”. Un gran bel lavoro.

P.s. Per chi volesse approfondire il funzionamento delle Afghan Camera, ecco qui un interessante video.
.

Read Full Post »

Edward Weston, forse uno dei più importanti ed influenti fotografi della storia: non credo ci sia bisogno di presentarlo. Le informazioni su di lui sono tante, i libri, le mostre e le gallerie, i tanti siti web che ne parlano. Eppure curiosando si trova sempre qualcosa in più, ad esempio questo video del 1948 in cui lo si può osservare mentre sviluppa e stampa uno sei suoi scatti, mostrando l’intero processo.
Ti invito a gustarlo con calma, assaporandone i momenti più creativi, come ad esempio la fase in cui muove la piccola paletta per il mascheramento, tecnica ormai dimenticata ma che rappresenta la versione in camera oscura degli attuali strumenti tipo “dodge and burn” di Photoshop… 🙂
.

Read Full Post »

Brendan Barry è uno che fa le cose in grande. Già noto per la sua attitudine a trasformare in macchina fotografica qualunque cosa gli capiti per le mani, in particolare per il suo “furgone-fotocamera”, adesso ha superato se stesso e creato qualcosa di ancor meno maneggevole: un container-fotocamera.
Definita dallo stesso Brendan come “la più grande, lenta e meno pratica Polaroid del mondo”, bisogna ammettere che si tratta di una realizzazione senza dubbio affascinante. Alimentata ad energia solare permette l’ingresso nella sua camera oscura anche a più persone, tanto da rappresentare il luogo stesso in cui non solo la foto viene realizzata tramite esposizione, processo di sviluppo e stampa ma successivamente anche mostrata in una vera e propria galleria all’interno del container.
Mitico Brendan!
.

Read Full Post »

A true classic

A true classic – © Copyright 2010 Pega

Che “voce” ha la tua macchina fotografica? Quali sono i piccoli rumori la caratterizzano? Ci hai mai fatto veramente caso? Li hai ascoltati con attenzione?
In questa era in cui è in voga l’ASMR (se non sai cos’è ti invito ad una rapida ricerca online), sono tornato a riflettere sull’argomento del suono della fotocamera ed a quando, tempo fa, mi capitò di maneggiare il piccolo gioiellino che vedi nello scatto qui a fianco.
Si trattava di una splendida Rolleiflex, una macchina medio formato che ha segnato un punto di riferimento nella storia della fotografia professionale della seconda parte del novecento.
Fu davvero bello ascoltare i suoi click di scatto, così delicati e diversi da quelli delle reflex digitali che la circondavano e la fotografavano come una vera e propria star del cinema.
Ma non si trattava solo del click, che forse sarebbe meglio chiamare “tclack”, risultavano affascinanti anche altri suoni, come il rumore di avanzamento della pellicola che accompagna la rotazione della leva laterale, ed anche gli scatti di apertura e chiusura delle tante parti meccaniche: dalla struttura del pozzetto alla lente per facilitare la messa a fuoco.
Chissà se i vari click residui delle nostre digitali saranno anch’essi un ricordo, sostituiti sempre più da otturatori elettronici ed autofocus sintetici… La tendenza sembrerebbe confermarlo, ma vedremo.

Read Full Post »

Scanner portrait by Maitha Demithan

Un attimo prima di aggiungere un mio vecchio scanner A4 ai rifiuti RAEE da portare in discarica, ho pensato bene di cercare in rete qualche idea creativa che mi convincesse a tenerlo. Mi sono così, quasi per caso, imbattuto in un’artista di Dubai che con questo strumento realizza ritratti fotografici particolarissimi.
Maitha Demithan è una “scannografa” (si potrà dire così?) che vive a Dubai ed usa dei normali scanner flatbed A4 per immortalare i suoi soggetti, ottenendo risultati molto originali.
La tecnica prevede di eseguire un adeguato numero di scansioni, coprendo le varie parti del soggetto, mettendole sostanzialmente in contatto con la superficie dello scanner, per poi montare il tutto in una singola immagine globale.
I ritratti realizzati da Maitha sono composti da decine, a volte centinaia, di esposizioni ed il risultato è un’immagine dalla personalità molto spiccata, affascinante, ma forse anche vagamente inquietante.
Quali sono gli aspetti particolari di queste opere? Innanzitutto la modalità di ritratto (o sarebbe meglio scansione?), che prevede la scelta di una posizione che deve consentire il processo di scansione ma che, di conseguenza, tende ad apparire poco naturale. A questo si sommano la necessità di far mantenere chiusi gli occhi per evitare l’intensa luce della lampada dello scanner, ed anche l’effetto di ridottissima profondità luminosa che è insita nell’acquisizione di immagini tramite scansione.
Tutto ciò risulta in un ritratto in cui il soggetto sembra affiorare e galleggiare esanime su uno sfondo buio profondo ed intenso, quasi irreale.
Che dire, io trovo comunque queste foto tremendamente affascinanti, quasi ipnotiche, e tu?
Puoi vederne altre ed approfondire la conoscenza di Maitha sul suo Instagram o sul suo sito web.

Read Full Post »

“Last Shot” è un delizioso corto interamente realizzato da Aemilia Widodo, una bravissima artista specializzata in creazioni e storytelling che utilizzano la Computer Graphics (CG).
La breve storia ruota intorno al rapporto tra una ragazzina e la sua fotocamera istantanea, un mini racconto che, nella sua semplicità, trovo sia assolutamente da vedere.
Non voglio spoilerarti niente e quindi posso solo farti gli auguri di buona visione, permettendomi solo di sottolineare l’inestinguibile ed intramontabile fascino delle fotocamere istantanee, un universo fatto di foto “fisiche”, “cotte e mangiate” in cui mi sono imbattuto ormai molto tempo fa ed a cui sento intimamente di appartenere. Un universo da cui personalmente trovo sia impensabile uscire, nonostante tutto ciò che è successo, sta succedendo e succederà alla fotografia.
.

Read Full Post »

Sunset on Earth by Alexander Gerst, 2018

Il tramonto è da sempre oggetto di attenzione artistica, affascinante e romantico, presenzia fin dall’alba dei tempi nelle opere umane. Con l’avvento della fotografia ha poi visto livelli di rappresentazione sempre più raffinati ma, fino ad oggi, nessuno aveva ancora fotografato il tramonto “ortogonale”, cioè visto dallo spazio.
Quello che vedi sopra è uno scatto realizzato da Alexander Gerst, astronauta ESA a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (IIS) che ha catturato da un punto di vista decisamente originale, quello che tutti riconosciamo come il magico “rosso di sera bel tempo si spera”.
La foto mostra infatti il tramonto visto dallo spazio, con la lunga fascia di nubi illuminata dagli ultimi raggi del sole e l’oscurità netta della notte che segue subito dietro.
E’ un’immagine fantastica, non solo per la sua bellezza ed il valore evocativo che possiamo facilmente darle, ma anche per una forma di fascino aggiuntivo, dato dall’ortogonalità della sua natura, ovvero dal fatto che è una rappresentazione alternativa, altrettanto bella, di ciò che già consideriamo bello nelle occasioni in cui normalmente si presenta. Chissà se son riuscito a spiegarmi. No.
In ogni caso grazie a Gerst, che ha terminato la sua missione nello scorso Dicembre dopo essere rimasto in orbita per circa un anno (365 giorni di quell’effetto che si prova solo per un attimo quando si accelera senza peso verso il basso, ci pensi?).
Puoi trovare questa sua foto ed anche tutto il resto sul suo profilo Twitter.

Read Full Post »

ComposerIgorStravinskyNewYorkDecember11946

Conosci questa foto? E’ il famoso ritratto del grande compositore Igor Stravinsky scattato nel 1946 da uno dei più importanti fotografi ritrattisti del novecento: Arnold Newman.
Newman immortalò moltissimi personaggi famosi: da Picasso a Marilyn Monroe, passando per Chagall, Dalì e tutti i presidenti americani da Truman in poi.
Il ritratto di Stravinsky nel suo studio di New York è senz’altro un’icona nella storia della fotografia ed anche di quello che fu lo stile di Newman: il “ritratto ambientato”.“Le persone esistono nello spazio”, diceva il fotografo americano, maestro nel trasmettere all’osservatore l’essenza dei suoi soggetti immergendoli nel loro ambiente naturale: una sorta di geniale unione tra la tradizionale fotografia di ritratto e quella di reportage.
Sono sempre affascinato dal cercare di comprendere il percorso creativo seguito nelle fasi di realizzazione di una fotografia e qui abbiamo anche un interessante documento: la serie di scatti effettuati da Newman proprio in occasione della sessione con Stravinsky. Si tratta di un insieme di quindici fotogrammi scattati il primo dicembre del 1946, proprio nello studio del compositore e da cui è tratta la foto che è divenuta così famosa.

Stravinsky_set

E’ un esempio molto interessante in cui si apprezzano i vari tentativi del fotografo alla ricerca dell’inquadratura migliore per realizzare un ritratto davvero significativo.
Con i primi fotogrammi Newman esplora alcune soluzioni diverse, alla ricerca di quale possa essere la strada giusta.
All’inizio appare anche la moglie del compositore, poi si passa ad idee diverse, fino a quando il fotografo sembra trovare la chiave nella forma sinuosa del coperchio del pianoforte, che forse richiama in qualche modo le simbologie del pentagramma.
Si concentra e si avvicina al risultato finale negli ultimi quattro scatti, posizionando Stravinski ad un lato.
C’è poi la traccia evidente della valutazione effettuata a posteriori sulle immagini. Si vedono i segni di selezione delle “preferite” e la decisa scelta di quello che sarà il prodotto finale, compreso il particolarissimo taglio: un bel “crop” per dirla con i termini odierni.

——————
Ti è piaciuto questo post? Condividilo su Facebook o Twitter semplicemente cliccando sul bottone qui sotto.

Read Full Post »

Lewis Payne by Alexander Gardner

Lewis Payne – Alexander Gardner

Oggi ho deciso di riproporti questo intenso ritratto. E’ il 1865 ed il giovane uomo immortalato in manette nella luce radente della sua cella è Lewis Payne. condannato a morte per aver partecipato alla congiura che portò all’assassinio del presidente Lincoln.
Lo storico scatto è di Alexander Gardner, l’emblematico fotografo della guerra civile americana.
Payne è appoggiato al muro, il suo sguardo punta leggermente a lato della linea dell’obiettivo: è allo stesso tempo rassegnato ma anche determinato, forse guarda il fotografo, sembra di poter scorgere una traccia di sfida.
È l’immagine forte e drammatica di un uomo di appena ventuno anni che a breve salirà sulla forca.
Come in tutti i ritratti di un tempo, l’espressione è rigida. Le tecniche fotografiche non consentivano tempi rapidi ed obbligavano ad esposizioni lunghe, con i soggetti che venivano messi in posa per molti secondi, a volte addirittura minuti, quando la luce era scarsa. Molto spesso il risultato aveva qualcosa di innaturale e artificioso, ma qui è diverso.
Payne non sembra preoccupato del risultato formale. È fermo ma rilassato, sicuro, fiero delle sue idee, consapevole dell’imminente fine.
È uno scatto potente, senza tempo, che ti invito ad osservare in tutti i suoi forti contrasti, visibili e non, ascoltandone il silenzio e cogliendone il valore che trascende il momento storico in cui è stato realizzato.
Buona Pasqua…221722

Read Full Post »

Older Posts »

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: