
Dorothea Lange
Durante la grande crisi economica che sconvolse gli Stati uniti negli anni trenta, il governo americano finanziò alcuni progetti di documentazione e, aattraverso la FSA (ente per il monitoraggio della crisi del settore agricolo), coinvolse un piccolo gruppo di fotografi perchè realizzassero immagini della situazione in cui vivevano i contadini colpiti dalla Grande Depressione.
Tra questi fotografi c’era una donna, una giovane artista che si era fatta notare nell’ambiente della fotografia documentaristica come aderente al movimento della straight photography: si chiamava Dorothea Lange.
Dorothea già aveva un piccolo studio fotografico a San Francisco, aperto dopo aver lavorato come apprendista presso studi molto famosi come quello di Clarence White (il fondatore della cosiddetta photo secession) ed Arnold Genthe.

Toward Los Angeles, California - 1937 Dorothea Lange
Le sue foto, a differenza di quelle che uscivano da molti studi fotografici della città, non erano ritratti di ricchi signori o famiglie felici ma ritraevano spesso le situazioni difficili dei sobborghi, dei quartieri poveri, le file dei disoccupati in cerca d’impiego.
Erano scatti intensi ed impegnati, privi di formalismi o compiacimenti esteriori.
Era fotografia di denuncia.
Il lavoro commissionatole dalla FSA la portò a lungo in giro per l’america, al seguito di quelle tante persone che si spostavano verso ovest in una migrazione mossa dalla speranza di trovare fortuna o anche solo un lavoro nelle piantagioni di mais o cotone.
Fu nel 1936 che realizzò una delle sue immagini più famose: il ritratto di una madre migrante, una donna di trentadue anni con sette figli che la Lange avvicinò e fotografò in California, in un campo di “raccoglitori di piselli” o per meglio dire di disperati alla ricerca di un modo per sopravvivere.

Migrant mother, 1936 - Dorothea Lange
Il ritratto, con quello sguardo dove la disperazione si perde nel vuoto, fu pubblicato e fece il giro degli Stati Uniti, tanto che la FSA decise di inviare degli immediati aiuti sul posto.
La fotografia, con la sua carica emotiva e la sua drammaticità, aveva sortito un qualche risultato.
Superato il periodo della Grande Depressione, Dorothea Lange continuò a fotografare secondo quello che era il suo istinto, sempre alla ricerca di situazioni da far emergere e denunciare.

Bambini Giapponesi-Americani promettono fedeltà alla bandiera Americana - Dorothea Lange 1942
Molto importante ed all’epoca molto criticato, fu il suo lavoro fotografico teso a denunciare la situazione dei Giapponesi-Americani che, dopo l’attacco di Pearl Harbour, furono raccolti ed internati in campi di prigionia. Migliaia di persone, bambini compresi, che d’un colpo si trovarono reclusi senza colpe nè prove, apparvero negli scatti della Lange colpendo come un pugno nello stomaco le patriottiche coscienze d’america.
Nel 1945 fu invitata da Ansel Adams ad entrare a far parte della California School of Fine Arts, nel 1947 collaborò alla fondazione dell’agenzia Magnum e nel 1951 fu tra i fondatori della prestigiosa rivista Aperture.
La sua carriera continuò attraverso importanti collaborazioni con riviste come Life e la stessa Aperture nonostante condizioni di salute sempre più difficili dovute anche alle conseguenze di una poliomelite contratta in giovanissima età.
Morì nel 1965, a 70 anni, poco dopo aver scherzato con le persone al suo capezzale e, naturalmente, dopo averle fotografate.
——————
Ti è piaciuto questo post? Condividilo su Facebook o Twitter, puoi farlo copiando l’URL di questa pagina o anche semplicemente cliccando sul bottone qui sotto.
Mi piace:
"Mi piace" Caricamento...
Read Full Post »