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Posts Tagged ‘autoritratto’

Robert Cornelius

Ed eccolo qua il primo autoritratto fotografico mai realizzato, il capostipite degli attuali selfie. Fu realizzato nell’Ottobre del 1839 da Robert Cornelius.
Robert era un esperto di chimica e metallurgia che lavorava al servizio di Joseph Saxton e Paul Beck Goddard, imprenditori americani del neonato ma promettente settore della fotografia.
Negli Stati Uniti si stava diffondendo il metodo inventato dal francese Daguerre ed importato oltreoceano da Samuel Morse (sì, proprio quello del codice telegrafico) ma uno dei maggiori limiti di questa nuova industria era la lentezza del processo. Il dagherrotipo infatti, oltre a richiedere una lunga e laboriosa preparazione della lastra aggiunta ad una serie di attente operazioni per lo sviluppo, necessitava anche di esposizioni lunghissime. Ciò limitava le possibilità di sfruttamento dell’idea a fini ritrattistici perché era davvero difficile far stare perfettamente immobili i soggetti per decine di minuti.
Per questo, come molti altri in contemporanea, i datori di lavoro di Cornelius stavano cercando una strada per abbreviare questi tempi, sfruttando tecniche meccaniche, fisiche e chimiche.
Fu così che durante una serie di esperimenti che combinavano una particolare tecnica di lucidatura della lastra con l’uso di un accelerante chimico, Cornelius decise di effettuare un autoritratto.
Tolse il tappo all’obiettivo e si piazzò davanti alla fotocamera per poco più di un minuto.
Il risultato non fu niente male visto il brevissimo tempo di esposizione utilizzato e così la sua tecnica fu perfezionata e contribuì significativamente allo sviluppo del settore.

Ma, oltre a questo contributo tecnologico, ciò che forse più conta è che questo fu il primo autoritratto della storia della fotografia, il primo “selfie”.
E’ un’immagine in cui appare  un giovane un po’ scapigliato ma molto attento e concentrato sul suo lavoro. Alcuni studiosi considerano questa lastra addirittura come il primo vero ritratto ravvicinato di una persona eseguito con una tecnica fotografica.
Il “self” di Robert Cornelius fa parte dell’archivio Daguerreotype collection della Library of Congress, consultabile anche online.

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Il selfie stick è ormai un oggetto emblematico, un vero e proprio simbolo: amato e odiato, venduto in ogni dove, usato in modo improprio ed in alcuni casi anche vietato. Oggi un selfie stick è ciò che basta per inventarsi qualcosa di diverso usando la banalità di un bastone.
Nel video sotto c’è un tipo ripreso mentre si aggira per Londra usando un suo stick decisamente extralarge. Confesso di averlo guardato più volte, rivedendolo alla ricerca delle espressioni e degli sguardi delle persone, così curiosamente stupite da un uomo con poco più di una canna telescopica in mano.
Magari sono solo io, ed in effetti non so spiegarlo bene, ma mettendo tutto insieme, compresi i dialoghi con i poliziotti, ho trovato questo video divertente ma anche un po’ inquietante.
(P.s. Non ti perdere quando lo infila nell’autobus 🙂 )
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FutureselfLa fotografia ferma un momento, dall’istante successivo l’immagine appartiene al passato.
Il rapporto con l’inesorabile scorrere del tempo è una delle chiavi del mezzo fotografico che stimola sempre nuove idee creative. C’è chi si è fatto un selfie al giorno, fino a costruire un video che documenta il passare degli anni sul volto, altri costruiscono le “time capsule” per lasciare tracce ai posteri, c’è poi chi prova a “vedere” nel futuro.
Ed ecco quindi arrivata anche la fotocamera che ti mostra come sarai tra venti anni: il tuo selfie del 2034.
#futureself è un progetto della compagnia telefonica francese Orange che (in cambio di qualche info statistica) ti “regala” la tua faccia invecchiata di un paio di decenni ed anzi va oltre: ti permette di fare due chiacchiere con il tuo io futuro.
Se vuoi correre il rischio di deprimerti osservando i terribili ma plausibili segni dello scorrere del tempo sulla tua faccia e farti un autoritratto temporale, non ti resta che visitare l’apposito sito.
Declino ogni responsabilità!
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Avedon & LorenEd eccoci alla seconda proposta di questa serie dedicata agli autoscatti dei grandi fotografi.
E’ un autoritratto realizzato da un giovane Richard Avedon, che si inquadra riflesso in uno specchio del suo studio fotografico. La macchina è una splendida Rolliflex ed ancor più splendida è Sofia Loren, poco dietro, che si aggiusta i capelli, sembrando quasi inconsapevole dello scatto.
È una foto apparentemente semplice, analoga a quella che chissà quanti fotografi in situazioni simili non hanno resistito a farsi.
C’è qualcosa che mi affascina in questo scatto. Forse sono le storie di due grandi nomi che si incrociano, due carriere che in quel momento stavano sbocciando. O forse semplicemente un fotografo che vuole partecipare ed esserci, posando insieme alla sua bellissima modella.
Se ti piace Avedon e vuoi approfondire la sua conoscenza sfogliando nel suo album ti consiglio un click al sito della Avedon Foundation.

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Robert Cornelius

Ed eccolo qua il primo selfie mai realizzato, il capostipite degli autoritratti.
Fu realizzato nell’Ottobre del 1839 da Robert Cornelius.
Robert era un esperto di chimica e metallurgia che lavorava al servizio di Joseph Saxton e Paul Beck Goddard, imprenditori americani nel neonato e promettente settore della fotografia.
Negli Stati Uniti si stava spandendo a macchia d’olio il metodo inventato dal francese Daguerre ed importato oltreoceano da Samuel Morse (sì, quello del codice telegrafico) ma uno dei maggiori limiti di questa nuova industria era la lentezza del processo. Il dagherrotipo infatti, oltre a richiedere una lunga e laboriosa preparazione della lastra ed una serie di attente operazioni per lo sviluppo, necessitava anche di esposizioni lunghissime. Ciò limitava le possibilità di sfruttamento dell’idea a fini ritrattistici perché era davvero difficile far stare perfettamente immobili i soggetti per decine di minuti.
Per questo, come molti altri in contemporanea, i datori di lavoro di Cornelius stavano cercando una strada per abbreviare questi tempi, sfruttando tecniche meccaniche, fisiche e chimiche.
Fu così che durante una serie di esperimenti che combinavano una particolare tecnica di lucidatura della lastra con l’uso di un accelerante chimico, Cornelius decise di effettuare un autoritratto.
Tolse il tappo all’obiettivo e si piazzò davanti alla fotocamera per poco più di un minuto.
Il risultato non fu niente male visto il brevissimo tempo di esposizione utilizzato e fu così che la sua tecnica fu perfezionata e contribuì significativamente allo sviluppo di questo settore.

Ma quel che forse più conta è che questo fu sicuramente il primo autoritratto della storia della fotografia, il primo “selfie”.
E’ un’immagine in cui appare  un giovane un po’ scapigliato ma molto attento e concentrato sul suo lavoro. Alcuni studiosi considerano questa lastra addirittura come il primo vero ritratto ravvicinato di una persona eseguito con una tecnica fotografica.
Il “self” di Robert Cornelius fa parte dell’archivio Daguerreotype collection della Library of Congress, consultabile anche online.

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Helmut Newton selfieChe il selfie, solo fino a poco tempo fa generalmente conosciuto come autoritratto, non sia una gran novità, è evidente. La storia della fotografia è piena di fotografi che si sono auto-immortalati con la loro fotocamera e, sebbene non tutti abbiano raggiunto le vette di originalità di Meret Oppenheim, quasi tutti i grandi hanno prima o poi ceduto al potere egocentrico dell’autoscatto.
Avvio quella che proverò a far diventare una piccola serie, con la foto qui a fianco: il mitico Helmut Newton, stranamente abbigliato con un impermeabile da esibizionista, che si ritrae con la sua statuaria modella e… la moglie, Alice Springs, seduta ai bordi del set.
È un selfie davvero fantastico, non trovi?

🙂

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Meret Oppenheim x ray self


Self-Portrait, Skull and Ornament © 1964. Estate of Meret Oppenheim

Méret Oppenheim è stata una delle artiste più versatili ed affascinanti del ventesimo secolo. Fu pittrice, scultrice, fotografa e modella.
C’è chi la ricorda per la sua presenza nella famosa serie di fotografie di Man Ray “Erotique Voilée“, dove lei è alle prese con una pressa da stampa, nuda, macchiata d’inchiostro, incredibilmente affascinante. Per altri è l’artista che nel 1936, incoraggiata da Alberto Giacometti, partecipò alla prima esposizione di opere surrealiste con il suo Object, una tazza da tè rivestita di pelo, oggi esposta al MOMA di New York.

Ma per chi si interessa di fotografia la Oppenheim va anche ricordata per i suoi scatti, in particolare per alcuni suoi interessanti autoritratti tra cui questo, realizzato nel 1964.
“X Ray photo” non fu mai stampata su carta fino al 1981 e l’idea dell’artista era di produrne solo venti copie su lastra, completate dal suo nome, la data di nascita e la data di morte prevista…

:-O

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SelfiePensavi che il “selfie” fosse una moda del presente? Un gesto legato alla diffusione di fotocamere compatte e smartphone? Beh no, eccoti un esempio.
Siamo nel 1920 a New York. Sul tetto di un edificio che si affaccia sulla Fifth Avenue, cinque uomini posano per un autoscatto. La fotocamera è grossa e probabilmente un po’ pesante, così in due la sorreggono. Le loro braccia sfuggono ai lati dell’immagine che risulta grandangolare, con i soggetti al centro rimpiccioliti in modo innaturale. Non c’è distorsione curva ma solo prospettica e viene da pensare che possa trattarsi di una macchina fotografica stenopeica.
Forte eh? E lo sai cos’è il bello? Di questo scatto c’è pure il backstage!

🙂

Oldest selfie backstage

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NASA curiosity

Se in questi giorni davvero il mondo finisce c’è chi si godrà lo spettacolo.
La sonda NASA Curiosity è lì su Marte, bella tranquilla, piazzata a distanza di sicurezza. Sono pronto a scommettere che ha già rivolto le sue fotocamere verso la Terra in attesa del possibile evento.
Nei mesi scorsi ci ha già inviato un bel po’ di immagini della superficie del pianeta rosso ed anche della Terra ma tra le foto che più mi hanno affascinato c’è il fantastico e vanitoso autoritratto che puoi vedere sopra. E’ stato realizzato scattando 55 foto da angolazioni diverse usando la fotocamera posizionata sul braccio mobile estensibile e processata dalla NASA per ottenere un’unica immagine in cui il braccio non è più visibile, apparendo scattata come se il “vanesio” robot Curiosity avesse piazzato un treppiede per farsi un autoscatto.

Image credit www.nasa.gov

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Nadar ritratto rotante
Fèlix Nadar è stato senza dubbio una figura molto rilevante nella storia della fotografia. Oltre ad aver realizzato moltissimi ritratti di personalità famose del suo tempo, fu anche il primo a scattare foto aeree volando con la sua mongolfiera, inoltre fu tra i pionieri nell’uso della luce artificiale ed il primo a fotografare, con questo ausilio, le catacombe di Parigi.
Lo voglio però ancora citare per un altro suo particolare colpo di genio.

É il 1865 ed il fotografo-inventore francese Nadar (al secolo Gaspard-Félix Tournachon), si cimenta in una nuova idea. Decide di realizzare un suo autoritratto da più angolazioni e scatta una serie di fotogrammi che poi mostra creando un semplice sistema per vedere le immagini in sequenza.
Il risultato ha il suo fascino ancora oggi. È facile immaginare l’effetto straordinario che poteva suscitare a quel tempo…

Nadar rotante

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