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Vertigine by Pega

Vertigine – © Copyright 2013, Pega

Qual’e la capacità, la responsabilità creativa e tecnica più importante rimasta oggi al fotografo? Cos’è che le fotocamere non sanno ancora fare da sole, adesso che anche qualunque smartphone o compattina riesce a gestire perfettamente fuoco, colore, tempi ed esposizione?
È solo il contenuto, espresso attraverso la scelta dell’inquadratura, ciò che ci è rimasto. La composizione è l’ultima frontiera tecnica al momento dello scatto, poi ci sarà solo la manipolazione a posteriori.
Pensaci un attimo: la scelta di come inquadrare il soggetto, cosa escludere dal fotogramma e come comporre l’immagine, è l’unica sopravvissuta tra tutte le scelte creative che un tempo spettavano solo al fotografo. Erano decisioni soggettive, responsabilità non banali che costringevano a studiare, capire ed imparare, erano espressioni di libero arbitrio. Oggi è rimasta solo la composizione ad essere sempre e comunque nelle mani di chi fa la foto.
Naturalmente potrai dirmi che si può scattare in manuale e che è ancora il fotografo ad individuare il soggetto e scegliere cosa o chi ritrarre, ma resta il fatto che gli automatismi hanno tolto a molti fotografi una bella fetta di responsabilità, lasciandoci solo quest’ultimo baluardo della creatività, un ambito decisionale che può rendere uno scatto bellissimo o banale, quasi a prescindere dal soggetto.
Ed è forse questo il punto. La composizione è l’ultima fortezza perché è la più alta e complessa delle questioni. Basta dare un’occhiata a quanto è stato scritto e pubblicato al proposito, per capire che non si tratta di un aspetto facile da affrontare. Di teorie e regole ce ne sono tante, dalla sezione aurea alla regola dei terzi, dal decentramento del soggetto alle teorie Gestaltd, ma la magia dell’immagine resta sfuggente, spesso legata proprio alla violazione di alcuni schemi precostituiti.

Chissà se queste considerazioni rimarranno valide a lungo. Non ci giurerei. Anche la libertà di composizione è a rischio e forse è una frontiera già parzialmente violata. Esistono infatti già fotocamere che impediscono di scattare se l’orizzonte è inclinato e si occupano di selezionare automaticamente lo scatto “migliore”: quello in cui tutte le persone del gruppo sorridono…

😐

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Single frame Analemma - © Copyright 1979 Dennis di Cicco

Vuoi provarci con un progetto fotografico parecchio difficile? Qualcosa che potrai vantare come veramente esclusivo?
Ok, provaci con l’Analemma.
L’Analemma è la figura a forma di otto allungato che il sole disegna nel cielo se fotografato alla stessa ora del giorno durante il corso di un intero anno.
Per riuscire in un’opera del genere è necessario piazzare la fotocamera in modo fisso e molto preciso, scattando poi sempre alla stessa ora esatta.

Realizzare un Analemma è considerato uno dei progetti di astrofotografia più complessi in assoluto, a partire dallo studio necessario per decidere l’inquadratura studiando la composizione che si vuole ottenere ed  il percorso del sole nel corso dei dodici mesi.
Farne un lavoro a valenza artistica esclude poi a priori ogni ausilio di automatismi o temporizzatori e pensare al bilanciamento dell’immagine con la gestione della luce durante un arco di tempo così lungo non è assolutamente banale. Realizzarlo materialmente mantenendo un impegno così preciso nel tempo è un qualcosa che si commenta da sè, anche tenendo conto delle questioni logistiche che possono nascere.    

Ma se componendo a posteriori le immagini, oggi ancora meglio con le teciche digitali, le cose possono essere difficili ma affrontabili, la vera sfida che mi ha lasciato di stucco è quella di un certo Dennis di Cicco, un fotografo del New England che tra il 1978 ed il 1979 per primo riuscì a scattare un analemma di 44 esposizioni su un’unico fotogramma di pellicola!
E’ un risultato che ha dell’incredibile per difficoltà e perizia necessaria, tanto che solo in pochi al mondo sono riusciti a seguirlo in un’impresa del genere.
Compreso Di Cicco sono ad oggi solo sette i fotografi riusciti a realizzare un analemma su un solo fotogramma, cioè meno persone di quante non siano quelle state sulla Luna (dodici).
Vuoi passare alla storia? Provaci con un Analemma digitale multiesposizione.

🙂

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Dear old lady

Dear old Lady – © Copyright 2010 Pega

L’atmosfera era ideale, la luce perfetta.
Decisi di voler catturare quell’istante, ma non nel solito modo, quella volta mi ispirava l’idea di apparire nell’immagine.
E così, scelta l’inquadratura, impostati tempi ed esposizione, porsi la digitale ad una persona che era con me, chiedendole di farmi qualche scatto.
Foto personali, con un valore praticamente solo per il sottoscritto, tra cui una che scelsi di tagliare in un certo modo e poi processsare in bianco e nero.

Passa un po’ di tempo ed includo quella foto in una piccola raccolta che decido di stampare con uno dei tanti servizi online che permettono di realizzare dei libri fotografici di buona qualità.

Capita poi che quel libretto venga sfogliato proprio da quella persona a cui quel giorno passai la macchina fotografica. Apprezza le stampe ed esprime complimenti ma quando arriva a quella fatidica… l’espressione è : “Eh, però questa foto non è tua, l’ho fatta io!“.

Beh, trovo che sia una questione curiosa.
Forse chi realizza la fotografia è chi preme il bottone?
Se così fosse chissà quanti famosi ritratti realizzati da grandi fotografi come Avedon o la Leibowitz sarebbero da attribuire ai loro assistenti. Un’infinità di fotografie di paesaggio o anche autoritratti magari sarebbero opera degli automatismi delle macchine stesse (e quindi forse dei loro produttori Nikon e Canon?).

Per le persone non particolarmente appassionate alle questioni artistiche della fotografia la foto è un evento meccanico, quasi completamente automatico.
E invece non è così. La foto è un’opera complessa, sicuramente anche fatta dalla scelta del momento dell’esposizione, ma anche da tanti altri contributi che è il fotografo a scegliere, sia al momento dello scatto ma poi anche in postproduzione e stampa, quelle fasi che fin dai tempi della camera oscura rappresentano il lato nascosto ma fortemente creativo del processo artistico che genera l’opera fotografica finale.

Insomma di chi era la foto dunque?
🙂

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