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Posts Tagged ‘DoF’

Sì, forse Ansel Adams si contorcerà nella tomba, ma di fronte al lavoro di Matthew Albanese non si può che rimanere incuriositi.
Perché dico così? Semplice: guarda la foto sopra. Lo splendido scenario che appare non è in realtà un bel panorama di montagna ma semplicemente il dettaglio di un plastico ben fatto. Si, hai letto bene: un modellino.

Che la fotografia sia spesso finzione è parte integrante del gioco ma qui siamo di fronte ad un artista del falso, un fotografo che prima di tutto è un abile artigiano con il talento per la creazione di oggetti che una volta fotografati ingannano perfettamente l’osservatore. L’acqua non è liquida, le montagne sono a pochi centimetri, quel blu non è il cielo e la foto è stata scattata in una cantina, dai un’occhiata qui sotto.

Matthew, nonostante sia un autodidatta che utilizza materiali fai da te, è un vero e proprio creatore di mondi in miniatura ed ha la capacità di fotografarli con una tale maestria da renderli davvero reali.
Usa del semplice cotone per fare le nuvole, pezzi di vetro per rendere l’effetto dell’acqua o il sale da cucina per simulare la neve, dosa saggiamente la profondità di campo per dare l’effetto di grandi distanze ma sopratutto ha sviluppato un’abilità particolare per illuminare correttamente la scena, ed è proprio questo che credo gli permetta dei risultati così ammirevoli. Come sempre la luce è la chiave di un bello scatto.

My work involves the construction of small-scale meticulously detailed models using various materials and objects to create emotive landscapes. Every aspect from the construction to the lighting of the final model is painstakingly pre-planned using methods which force the viewers perspective when photographed from a specific angle. Using a mixture of photographic techniques such as scale, depth of field, white balance and lighting I am able to drastically alter the appearance of my materials.

Matthew Albanese

Un altro aspetto originale di Albanese è la sua voglia di condividere con il pubblico le immagini dei modelli da lui costruiti. Pubblica sul suo sito anche l’avanzamento dei lavori di alcune opere, mostrandole nelle varie fasi di completamento, una forma di apertura e disponibilità a rivelare il proprio lavoro davvero ammirevole.

Matthew Albanese

Ti invito a dare un’occhiata al suo sito dove sono pubblicate molte altre immagini, dettagli della costruzione dei modellini e successiva realizzazione degli scatti.

🙂

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No War

No War! – Copyright 2009 Pega

Ed eccomi a proporti un nuovo assignment fotografico per provare qualche scatto “a tema” nel weekend.
Se ogni tanto leggi questo blog sai che sono convinto che fotografare con in mente una piccola missione da svolgere sia un qualcosa di non soltanto divertente, ma anche capace di riflettersi in interessanti spunti creativi. C’è poi lo stimolo della condivisione con gli altri dei risultati di queste semplici missioni e per farlo non hai che da postare in un commento sotto il link al tuo album Flickr o a qualsiasi altra piattaforma di condivisione su cui avrai messo i tuoi scatti.

Il tema di oggi è una sfida che da sempre esiste in fotografia ed è uno dei fattori importanti che la rende così affascinante: la sfida di riportare le tre dimensioni della realtà sulle sole due dell’immagine fotografica.
Insomma il tema di questo weekend assignment è una delle chiavi dell’espressione artistica in fotografia: la profondità.

Puoi cercare di esprimere la profondità in vari modi, con l’inquadratura alla ricerca della prospettiva e delle vie di fuga, con un’opportuna scelta di soggetti, con il classico sfuocato, con l’uso della luce o un mix di tutti o parte di questi elementi.
L’idea di profondità e tridimensionalità è qualcosa che può rendere bellissima una fotografia.

Interpreta come più ti piace questo assignment, nel weekend prova a cercare l’effetto di profondità, fanne il protagonista di qualche tuo scatto e poi, se vuoi, mostraci il tuo lavoro. Condividere con tutti i lettori del blog è divertente e può portare a vedere la tua foto visitatori che la apprezzeranno.

Buon divertimento!

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Clicca qui per visualizzare l’elenco di tutti i Weekend Assignment precedentemente proposti.

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freelensing

Hai mai provato il freelensing?
Si tratta di una tecnica che è molto facile sperimentare e consiste nel fare fotografie con l’obiettivo disconnesso dalla macchina fotografica.
Prendi la tua fotocamera, impostala in manuale, stacca l’ottica e mantenendola più vicina possibile al corpo macchina inizia  a muoverla, inclinandola leggermente da una parte o dall’altra, verso l’alto e verso il basso. Bastano pochi millimetri.
Facendo questo si provoca lo spostamento e l’angolazione del piano focale ottenendo interessanti effetti di sfuocatura, molto creativi e similari a quelli che si possono avere con le lenti basculabili chiamate “tilt & shift”.
Allontanando un po’ l’obiettivo si può poi provare ad avvicinarsi molto ai nostri soggetti, ottenendo immagini macro e supermacro ma anche i cosiddetti “light leaks” cioè gli strani effetti dati dalla luce che entra direttamente nel corpo macchina attraverso lo spazio lasciato libero dall’ottica.

Si, certo, qualcuno dirà che con questa tecnica si rischia un po’ che entri dello sporco sul sensore, ma se si ha l’accortezza di sperimentarla solo in ambienti poco polverosi ti assicuro che non ci sono grossi problemi.
Per il freelensing sono consigliabili obiettivi di focale 50mm o poco superiore, specie se dotati di ghiera per la regolazione manuale del diaframma.
Se prima di provarci vuoi vedere che cosa viene fuori, ti consiglio di dare un’occhiata a questo gruppo su Flickr completamente dedicato al freelensing.

Dunque non ti resta che tentare.
Libero sfogo alla creatività e… buon divertimento !

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triangolo esposizione

Durante l’interessante esperimento del microcorso organizzato da Photoexperience, si parlava degli elementi di base della fotografia e di come i risultati dei nostri scatti siano legati alla capacità di saper gestire queste impostazioni per tradurre in immagini le nostre idee.

Ripensando alla discussione ed alle domande che sono emerse, ho trovato questo grafico chiamato comunemente il “triangolo dell’esposizione”.

E’ una rappresentazione semplice che aiuta a capire come ognuno dei tre parametri fondamentali influisce sulle caratteristiche della foto.

La sintesi a parole è semplice :
1 – aumentando gli ISO si introduce rumore (grana in caso di pellicola analogica)
2 – diminuendo i tempi si incontra il mosso
3 – aumentando l’apertura (diaframma) di riduce la profondità di campo

E’ come avere una coperta che… se c’è poca luce, diviene corta e tirata verso l’alto ci fa scoprire i piedi.
Non lasciare che siano gli automatismi della tua macchina fotografica a fare le scelte che spettano alla tua creatività.

Se ancora ogni tanto ti assalgono i dubbi su come gestire i parametri della tua fotocamera, stampa questa immagine e tienila in tasca. Potrà tornare utile!

🙂

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NG1975

Una copertina NG del 1975

“Learn f/8 and Be There” (trad libera: imposta f/8 e trovati sul posto) è una frase che pare abbia avuto origine nell’epoca del grande sviluppo della rivista National Geographic, divenendo poi un refrain molto noto nel mondo della fotografia di reportage e naturalistica.
Erano anni in cui i manager della testata ed i direttori della fotografia spingevano i reporter della rivista a recarsi in giro per il mondo ed a scattare nei luoghi più remoti, alla ricerca di immagini di qualità che descrivessero la bellezza della natura o che raccontassero storie in cui il lettore potesse sentirsi coinvolto.
Il Be There era quindi un imperativo che voleva indicare un atteggiamento di necessaria presenza sul luogo, quasi un’immersione del fotografo nella scena e nell’azione. Qualcosa che negli anni successivi è stato poi ribattezzato, specie in ambito bellico, “embedded” (in questo caso vado per la traduzione quasi letterale “a letto insieme“).
L’f/8 si riferisce invece alla ricerca del massimo realismo, di foto con buona profondità di campo e massima nitidezza che, in quasi tutte le lenti, si trova nei settaggi di apertura intermedi (f/8 – f/11 tipicamente) anche chiamata con il nome “sweet spot”.
Va detto che riguardo a questa “direttiva” ci sono stati illustri dissidenti, come il mitico Steve McCurry che di questa massima aveva fatto sicuramente sua la seconda parte (be there), ma a vedere gli splendidi sfuocati delle sue foto direi che sulla prima (f/8) se ne fregava abbastanza…
🙂

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McCurrySe non l’hai ancora fatto ti consiglio di fare un salto in edicola e vedere se è rimasta una copia di un bel libretto che questo mese viene venduto in allegato al National Geographic.

E’ il primo di una serie che la rivista dedica ai suoi grandi fotografi e a mio parere vale veramente la pena prenderlo per ammirare alcuni meravigliosi scatti di questo famoso  fotografo di reportage.

Come mi è capitato di dire in precedenza, trovo che guardare e studiare con attenzione le immagini sia una grande scuola ed aiuti moltissimo a capire che cosa ci sta dietro a quelli che in molti considerano dei veri e propri capolavori della fotografia contemporanea.

Molto interessanti anche l’introduzione ed i testi che accompagnano gli scatti, in qualche caso con breve descrizione di come il fotografo si è impegnato per raggiungere il suo scopo, sempre con un grandissimo rispetto ed empatia con i suoi soggetti.

Dalla lettura ed osservazione di questo piccolo libro ho notato che Mc Curry lavora molto spesso con profondità di campo ridotte, cosa che a me piace molto, quasi a sottolineare una ricerca artistica che evidentemente è ben presente e che valorizza un autore così spiccatamente orientato al reportage.

Evidentemente con una qualità così elevata anche la vecchia massima che dettava legge negli anni 70/80 al National Geographic e che diceva “Learn f/8 and BE THERE” ,  poteva avere le sue buone eccezioni. Almeno nella sua prima parte !

🙂

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