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Zampa di Elefante
Ci sono cose che solo una fotografia ci può raccontare. Sì, perché son cose a cui un essere umano non sopravvive.
L’immagine sopra appartiene a questa categoria, un mostro assoluto che si nasconde nelle viscere della terra e che uccide chiunque tenti di avvicinarsi: è uno dei principali agglomerati di lava radioattiva creatisi con l’esplosione della centrale nucleare di Chernobyl nel 1986.
Chiamata anche “The Elephant Foot”, la massa è composta da un insieme di combustibile nucleare fuso, mescolato a metallo e cemento che, dopo l’incidente, sono stati perforati ed attraversati nella lenta ma progressiva discesa di questo materiale semi-liquido nelle viscere della centrale.
La fotografia fu scattata dieci anni dopo la catastrofe, durante un’ispezione organizzata per verificare i rischi legati al pericolosissimo procedere del nocciolo di combustibile fuso verso il terreno sottostante e le falde acquifere. Nel 1996 le radiazioni erano ancora elevatissime, penetrare nei sotterranei della centrale esplosa significava esporsi a rischi enormi, ma avvicinarsi alla massa voleva dire morire quasi all’istante, così quegli uomini piazzarono una macchina fotografica su un carrello e fotografarono “la Zampa dell’Elefante” da dietro un angolo.
La pericolosità di questo mostro sotterraneo è praticamente inalterata da allora, e la sua minaccia accompagnerà chiunque viva su questo pianeta per qualcosa come altri 100.000 anni.

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Il Sole chiuso

Il Sole chiuso – © Copyright 2011 Pega

Da qualche parte tra le spire di una galassia c’era una volta una stella, un immenso agglomerato di tanti (ma tanti) piccoli atomi di idrogeno, tutti fitti fitti ammassati e schiacciati insieme dall’enorme massa di quel corpo celeste perso nel vuoto dell’universo.
Un giorno, due di quei minuscoli atomi cedettero alla pressione e decisero di unirsi, fondersi e scomparire, lasciando al loro posto un lampo di energia.
E questo lampo viaggiò.
In sè conteneva misteriose creature tra cui una strana forma di vita un po’ energia ed un po’ particella, infinitamente piccola e veloce, che si chiamava fotone.
Fotone viaggiò solo alcuni minuti, coprendo in questo breve lasso di tempo una grandissima distanza che è difficile persino immaginare. Ad un certo punto, sul suo cammino, incontrò un bel pianeta blu che permise solo a particelle come lui di avvicinarsi e penetrare la sua atmosfera.
In un istante Fotone attraversò strati sempre più densi di aria, limpida e chiara, arrivando fin quasi a terra. Lì, in una limpida giornata di sole, rimbalzò sul viso di una bella ragazza.
Era la prima volta che cambiava direzione da quando era nato, dopo milioni di chilometri di viaggio, la sua avventura era quasi alla fine. Il rimbalzo lo portò ad entrare in uno strano barattolo dotato di lenti, dietro al quale il fotone finì in una scatoletta contenente uno strano congegno, su cui si spense.
Fotone era finito su quel particolare aggeggio insieme a tanti suoi simili, compagni di viaggio nati con lui pochi minuti prima sulla stella lontana.
Non fu la fine perchè lo spegnersi della loro breve vita aveva appena dato origine ad una nuova storia.

[continua nel prossimo post]

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