Feeds:
Articoli
Commenti

Posts Tagged ‘inquietudine’

Nella mia personale “Hall of Fame” dei grandi fotografi ce n’è uno che ammiro per la capacità di trasmettere sensazioni contrastanti che fa affiorare un senso di inquietudine e di ineluttabilità. Si tratta di Wynn Bullock.
E’ un nome che non ha bisogno di tante presentazioni, un maestro della fotografia degli anni ’50 e ’60 del secolo scorso, tra l’altro grande amico del mitico Edward Weston.
C’è una questione su cui mi trovo sempre a riflettere quando vedo uno scatto di Bullock, ed è la relatività del linguaggio simbolico ed alla sua dipendenza dalla cultura del luogo ma soprattutto del tempo in cui l’opera è realizzata.
Da sempre esistono simboli nelle opere artistiche, sono elementi tipici del periodo, immediatamente riconoscibili ed interpretabili dall’osservatore, a patto che questi li sappia cogliere. Ma ciò è garantito solo se chi guarda la foto appartiene alla stessa sfera culturale dell’autore e magari ne è contemporaneo.
Se l’osservatore è distante nel tempo, questi simboli possono perdere di significato, in qualche caso possono dare un messaggio diverso, anche di molto.
C’è una foto di Bullock che, nonostante sia relativamente recente, esprime fortemente questo divario simbolico ed è “Child in the forest” del 1951.

WynnBullock_child

Child in the forest – © Copyright 1951 Wynn Bullock

La foto ritrae una bambina (che poi era la figlioletta di Bullock) nuda distesa su un manto di foglie in una sorta di piccola radura nella  foresta. La luce è molto particolare e la resa del bianco e nero ne fa uno scatto che lascia il segno.
Non nascondo che la prima volta che ho visto questa foto ho subito pensato alla terribile scena di un crimine. So di condividere questa sensazione con molte persone, ma quel che è certo è che Bullock non voleva dare questo tipo di messaggio.
Negli anni ’50 questa foto non trasmetteva questo senso di inquietudine profonda, legata ad alcune terribili involuzioni che la nostra società ha avuto negli ultimi decenni.
Bullock scattava questo tipo di foto nel bosco subito dietro alla sua casa in California ed in questa come in altre opere, dove magari insieme alla bambina è presente anche la madre, l’idea era di una ricerca di uno stile metafisico volto a creare immagini che portassero l’osservatore in una dimensione quasi spirituale. Voleva essere uno stimolo alla riflessione, alla meditazione sul senso della vita, dell’amore e della morte. Una ricerca che portò a Bullock l’ammirazione ed il rispetto di colleghi artisti e critica.

Questo fenomeno del cambiamento di sensazioni che si traggono da un’immagine è una questione piuttosto complicata e difficile da sviscerare in un post, ma rimane il fatto che in soli cinquanta anni i simboli usati da Wynn Bullock hanno cambiato completamente significato. Oggi trasmettono all’osservatore tutto un altro messaggio, in un modo che appare quasi inequivocabile.
Che dire: chissà cosa vedranno i nostri posteri tra cinquanta o cento anni in alcune delle nostre foto…

Pubblicità

Read Full Post »

La cella

La cella - © Copyright 2010 Pega

Ville Sbertoli è un ex manicomio abbandonato nei pressi di Pistoia.
Tempo fa ero in zona ed andai a fare qualche scatto.

L’atmosfera è opprimente, forse meglio dire angosciante.
Non si vede anima viva. C’è silenzio. I passi risuonano.
Il manicomio era originariamente un complesso costruito attorno ad una bellissima villa seicentesca che nell’ottocento il Prof. Sbertoli decise di destinare a clinica privata per l’accoglienza di malati di mente appartenenti a famiglie facoltose. Ha svolto questa funzione per decenni, divenendo un centro di discreta importanza per il mondo della psichiatria in Italia ed Europa, fino alla definitiva chiusura dopo la legge per l’abolizione dei manicomi.

Quella nella foto è una cella di contenzione, nota lo spioncino sulla porta. Si trova in un edificio che, come se tutto il resto non bastasse, fu adibito dai nazisti a sezione di prigionia e tortura dei partigiani…

Era quasi l’imbrunire e non ho potuto (e voluto) trattenermi a lungo.
Aggirarsi da soli in questo complesso, muniti solo di una macchina fotografica ed un treppiede (neanche tanto affilato) non è un’esperienza del tutto piacevole…

In ogni caso…. ecco qui sotto altri scatti.

Il corridoio della disperazione

Il corridoio della disperazione - © Copyright 2010 Pega

Tracce

Tracce - © Copyright 2010 Pega

Prigione

La prigione - © Copyright 2010 Pega

————— 

Read Full Post »

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: