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Posts Tagged ‘pareidolia’

@ 2011 Antologia
Strane forme rimangono residue sul fondo della tazzina.
Forme che ad un occhio distratto non dicono niente ma che, fermandosi calmi ad osservare, rivelano pian piano delle figure: soggetti che sembrano germogliare mentre si guarda.
Quella sopra è una foto di Antologia, amica lettrice del blog, che tempo fa mi invitava a provare con questa sua immagine, ciò che definisco fotodegustazione .
E’ un modo di guardare le fotografie alla ricerca di elementi, sensazioni e visioni che emergono rilassandosi ed osservando con calma, a lungo, molto a lungo, proprio come quando si degusta un vecchio liquore o, in questo caso, un caffè raro.
Questo approccio alla “fruizione” della fotografia non segue un atteggiamento critico, è piuttosto un modo diverso e creativo di gustare un lavoro, cercando nuove proiezioni e significati.
La fotodegustazione è quindi simile alla classica lettura fotografica ma con un maggiore tentativo di proiettare nelle immagini realizzate da altri, sensazioni personali molto soggettive che possono anche andare oltre a quelle che erano le intenzioni dell’autore.

Per quanto mi riguarda, ho avuto bisogno di un po’ di tempo per iniziare a “gustare” bene questa immagine. Per me è quasi come se fosse una fusione di più dimensioni diverse, realtà parallele che convivono dentro questa tazzina.
Credo che le sensazioni che questa foto è in grado di trasmettere siano legate al riuscire a visualizzare le forme umane ed animali che sembrano affiorare tra le macchie e le linee dei fondi del caffè.
Se guardi bene, un profilo umano diviene visibile sul lato destro, ma c’è anche una moltitudine di piccole faccine ed occhietti che si accalcano al centro e possono assumere un carattere quasi inquietante, caratterizzando in modo particolare l’immagine.

Mi sono divertito a degustare questa tazzina e devo dire che non ho potuto fare a meno di pensare quanto questo esercizio possa essere simile a quello atavico della lettura dei fondi del caffè, dove le magari discutibili capacità divinatorie si sommano a quelle della pareidolia.
Ringrazio Antologia per il suo contributo e ti invito a dare un’occhiata al suo album Flickr dove puoi anche trovare questa foto ed i molti commenti e note che la accompagnano.

E tu cosa vedi e senti in questa foto?

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Ti piacerebbe vedere “fotodegustata” una tua foto ?
Bene, scrivi a pegaphotography@gmail.com allegando una tua fotografia o il link ad una immagine di tua produzione che vorresti vedere pubblicata qui.
La posterò volentieri con un mio tentativo di degustazione aperto ai contributi di chi vorrà partecipare con commenti ed osservazioni.

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Skrik - L'urlo

Skrik (Urlo) – © Copyright 2016, Pega


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“Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole tramontò, il cielo si tinse all’improvviso di rosso sangue.
Mi fermai, mi appoggiai stanco morto ad un recinto.
Sul fiordo neroazzurro e sulla città c’erano sangue e lingue di fuoco.
I miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura… e sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura.”

Edward Munch
Skrik (L’urlo), 1893
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Sì, stavolta la storia l’ho presa in prestito. Quelle che hai letto sopra sono le parole scritte proprio dall’autore del celebre dipinto a cui ho dedicato questa mia scema fotografia pareidolica.
In genere capita che sia la storia a nascere da un’immagine, ad esserne ispirata. In altri casi è la fotografia che viene suggerita dal racconto; altre volte è una sorta di crocevia, in cui si possono intrecciare varie arti e forme espressive,magari con l’aggiunta di una piccola dose di sana stupidità.
🙂

Urlo

Altre “storie da una foto”:
La porta
Alieni
Viva Viva, La Befana!
Il viaggio di Fotone
La discendenza di Fotone

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Ribelle dissidente by Pega

Il ribelle dissidente (IPholaroid project) – © Copyright 2010, Pega

È forse questa una delle ragioni che rende la fotografia affascinante per così tante persone di tutte le età in tutto il mondo: “inquadrare e scattare è un po’ come indicare“.
Fotografare è un gesto istintivo, naturale, incredibilmente affine a ciò che tutti facciamo fin da bambini: è analogo a puntare il dito verso un oggetto o una persona ed è un messaggio universale, un segnale che va oltre le differenze di età o di lingua.
Dunque una persona che fotografa in qualche modo indica ciò che sta fotografando e lo si può constatare ogni volta che ci capita di indirizzare la nostra fotocamera verso qualcosa di un po’ insolito, notando come lo sguardo delle persone vicine, vada inevitabilmente a cercare l’oggetto dell’inquadratura.
Io questa cosa la sperimento spesso e so di condividere tutto ciò con chi, come me, ama fotografare cose insolite o apparentemente insignificanti come lo sono, in particolare, i soggetti pareidolici.
Non di rado penso a quanto sia intenso il potere “suggestivo” del fotografare quando, chino su qualche pezzo di qualcosa, sento lo sguardo curioso dei passanti che si chiedono “che cavolo fotografa quello”?

🙂

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Alieni

Alieno becero

Alieno becero – © Copyright 2011, Pega

Quando l’enorme nave spaziale toccò il suolo, la tensione arrivò a livelli insostenibili. Cosa sarebbe successo adesso?
Erano passate solo poche ore da quando la notizia si era diffusa in tutto il pianeta come un’onda d’urto: gli alieni erano arrivati, una loro astronave era entrata in orbita e si apprestava ad atterrare.
I militari erano entrati in massima allerta, i politici impazziti, i media urlavano ed interi popoli si interrogavano sul loro futuro.
Il mondo guardò a lungo quel portello aperto, in un silenzio che parve infinito. Poi l’alieno parlò.
Disse cose poco chiare ma sopratutto fu rozzo e maleducato, a tratti volgare. Un gran cafone insomma. Gli umani si guardarono sbigottiti, in qualche caso delusi, qualcuno ne fu sollevato.
Scoppiarono risate fragorose.
L’alieno sembrò guardarsi intorno, valutare la reazione degli abitanti di quello strano mondo. Poi, sotto il peso di tanto ludibrio rientrò, chiuse il portello e ripartì con tutta l’astronave, accompagnato da un dilagante sghignazzare planetario.
Su quel pianeta non si videro più alieni per un bel pezzo.
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[Ogni tanto mi diverto ad inventare una storia scema partendo da una mia foto. Prometto di non farlo spesso 🙂 E tu ci hai mai provato?]

Altre “storie da una foto”:
La porta
Capitan M|artin von Melik
Viva Viva, La Befana!
Il viaggio di Fotone
La discendenza di Fotone

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Lo SKualo by Pega

Lo SKualo – © Copyright 2014, Pega

La verdesca o squalo azzurro (Prionace glauca) è uno squalo appartenente alla famiglia Carcharhinidae che abita acque profonde temperate e tropicali in tutto il mondo. Predilige temperature più fredde, e può migrare attraverso lunghe distanze, ad esempio dal New England al Sudamerica. Anche se generalmente sono animali letargici, possono muoversi all’occorrenza assai velocemente. Sono pesci vivipari e sono noti per mettere al mondo anche più di 100 avannotti per volta. Si nutrono principalmente di pesci e calamari, anche se possono catturare prede più grandi. Spesso si muovono in banchi divisi per dimensione e sesso. La vita massima è ignota, ma si stima che possano arrivare ad età intorno ai 20 anni.
[fonte: Wikipedia]

Pareidolia. Ecco cosa può succedere un giorno quando, dopo aver esagerato con le bibite gasate ad una festicciola di carnevale per bambini, ti guardi intorno e noti uno sKualo azzurro che si aggira minaccioso sul tavolo della merenda…
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🙂 🙂 🙂

(Dedicato al mio Maestro di Pareidolia)

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Vecchina che torna

Vecchina che torna – © Copyright 2013, Pega

«La Befana vien di notte
con le scarpe tutte rotte
con le toppe alla sottana
Viva, Viva La Befana!

La Befana vien di notte
con le scarpe tutte rotte
attraversa tutti i tetti
porta bambole e confetti »

Come ogni anno, la Befana aveva lavorato duro. Tutta la notte a svolazzare in ogni dove, scendendo nei comignoli per lasciare chicche e carbone.
Era tutta sporca, stropicciata e stanca, ma fiera di aver fatto il suo dovere anche stavolta. Niente male per una vecchina incartapecorita.
E così mollò la scopa, che era solo un ramo trovato giusto la sera prima, e si incamminò con calma verso la sua stanza. A quell’ora nessuno la vide rientrare nell’ospizio ed ebbe tutto il tempo per darsi una sistemata e mettersi tranquilla a letto. A breve sarebbero passati a farle visita.

“Buongiorno Nonna! Guarda cosa mi ha portato la Befana!”

🙂

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Polaroid 250

“The question is not what you look at, but what you see”
(Il punto non è cosa guardi, ma cosa vedi).
Dopo averne parlato in un vecchio post ed averla tenuta in bella vista sotto al monitor per un po’ di tempo, ho deciso di stampare questa frase di Henry David Thoureau su una piccola etichetta adesiva ed appiccicarla sul dorso di una macchina fotografica. La voglio in bella vista ogni volta che mi appresto a guardare nel mirino.
E’ una scemenza, forse, ma l’ho fatto perché credo che proprio in questo concetto ci sia molto della Fotografia, della capacità di realizzarla ed anche apprezzarla.
Vedere è il risultato di un processo dove il guardare è solo l’input. A questo flusso in ingresso si applica tutta l’elaborazione razionale ed emotiva di cui siamo individualmente capaci.
Per me sta tutta qui l’enorme differenza che corre tra una qualsiasi delle tante immagini che si possono realizzare premendo il bottone di scatto ed una Fotografia.

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Pacman Red Ghost

Pacman Red Ghost Monster – © Copyright 2013, Pega

La Fotografia cambia il modo in cui vedi le cose“.
È una frase che molti grandi fotografi hanno espresso con parole più o meno simili e si tratta di una verità che ogni appassionato di fotografia ben conosce.
Succede che ad un certo punto le comuni esperienze appaiono sotto una luce diversa, inizi a notare colori, ombre, dettagli, espressioni di persone, cose d’ogni genere che prima passavano inosservate; avevano meno valore.
Il mondo assume un aspetto visivo diverso quando la Fotografia diviene parte di te, ed il bello è che tutto questo è molto divertente, specie quando interviene anche un po’ di pareidolia e ti capita di sobbalzare per aver visto uno dei più terribili mostri da cui fuggivi nella tua infanzia: il tremendo fantasmino rosso di Pacman, nascosto nel tuo piatto, tra i pezzi di cocomero.

😀 😀 😀

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Vitocchio il fratello di Pinocchio

Vitocchio – © Copyright 2011 Pega

Eh sì. Non sono in molti a saperlo ma Pinocchio aveva un fratello.
Anche lui vantava un bel naso, ma diversamente da quello del suo famoso consanguineo, il suo era rivolto all’insù.
Vitocchio era il suo nome. Era un tipo calmo e riservato, un po’ “fissato” ma anche sempre disponibile a far da sostegno agli altri.
Non è mai stato chiaro il motivo per cui il famoso racconto sia tutto e solo dedicato al suo ben più noto fratello.

🙂

(Perdonami. A volte la pareidolia fa brutti scherzi)

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Nosferatuswan - Copyright 2013 Fulvio Petri

Nosferatuswan – © Copyright 2013 Fulvio Petri

Non resisto, devo fare un post su questo mostro che trovo strepitoso, un altro colpo da maestro di quel geniaccio di Sharkoman.
Nosferatuswan è per me l’emblema di come arte sia anche e sopratutto la capacità di vedere cose che gli altri non vedono.
Non so se il profilo del vampiro sia apparso all’autore mentre con la fotocamera in mano si contorceva alla ricerca di qualcosa che lui sentiva esserci oltre al cigno, oppure questo sia emerso a posteriori, riguardando l’immagine comodamente davanti al pc. Non importa. Magari a Sharko lo chiediamo, ma alla fine non è questo il punto.
La meraviglia è altrove: nella creazione, nella mutazione, in una genesi di creature nuove partendo da soggetti comuni, un processo che è tutto nel cercare e trovare il giusto punto di vista, nel tagliare con maestria l’inquadratura per filtrare la vista e guidare la mente dell’osservatore verso nuove dimensioni. In questo caso sono appena novanta gradi e si entra in un altro universo.
La scelta del bianco e nero alla fine è solo un “aiutino” per rendere perfetto il terribile vampiro, un tocco di classe che lo rende fantastico con tanto di collo del pastrano e quel suo diabolico piccolo occhio che era di cigno ma ora appartiene ad una creatura spaventosa.
Il cigno che si trasforma in un mostro, e tanti saluti al brutto anatroccolo. 🙂
Grande Sharko, chapeau.

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