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Posts Tagged ‘storiella’

Alieni

Alieno becero

Alieno becero – © Copyright 2011, Pega

Quando l’enorme nave spaziale toccò il suolo, la tensione arrivò a livelli insostenibili. Cosa sarebbe successo adesso?
Erano passate solo poche ore da quando la notizia si era diffusa in tutto il pianeta come un’onda d’urto: gli alieni erano arrivati, una loro astronave era entrata in orbita e si apprestava ad atterrare.
I militari erano entrati in massima allerta, i politici impazziti, i media urlavano ed interi popoli si interrogavano sul loro futuro.
Il mondo guardò a lungo quel portello aperto, in un silenzio che parve infinito. Poi l’alieno parlò.
Disse cose poco chiare ma sopratutto fu rozzo e maleducato, a tratti volgare. Un gran cafone insomma. Gli umani si guardarono sbigottiti, in qualche caso delusi, qualcuno ne fu sollevato.
Scoppiarono risate fragorose.
L’alieno sembrò guardarsi intorno, valutare la reazione degli abitanti di quello strano mondo. Poi, sotto il peso di tanto ludibrio rientrò, chiuse il portello e ripartì con tutta l’astronave, accompagnato da un dilagante sghignazzare planetario.
Su quel pianeta non si videro più alieni per un bel pezzo.
.
[Ogni tanto mi diverto ad inventare una storia scema partendo da una mia foto. Prometto di non farlo spesso 🙂 E tu ci hai mai provato?]

Altre “storie da una foto”:
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Viva Viva, La Befana!
Il viaggio di Fotone
La discendenza di Fotone

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Dissenso generazionale - Copyright 2009 Pega
Dissenso generazionale – Copyright 2009 Pega

Il nonno era andato a riprenderla a scuola. Viaggiavano in macchina per quel breve tratto verso casa. Lei avrebbe di gran lunga preferito andare a piedi ma il nonno era un uomo gentile e buono che le voleva così tanto bene da eccedere in tutte le attenzioni che le riservava. La bambina mangiò la merenda che lui le aveva portato e poi gli porse la cartaccia. Questi subito aprì il finestrino e la buttò fuori.
“Nonno ma che fai? Non si butta la spazzatura dalla macchina!”.
“Dai… che vuoi che sia. Qualcuno la raccoglierà.”
“Nonno non si fa! Non va bene sporcare il mondo, perché è anche degli altri. Per punizione starai per tre giorni senza baci!”

La bambina mantenne la sua promessa e successivamente inflisse anche altre punizioni, tra cui una di due giorni per aver sputato la gomma da masticare per strada.
Il nonno non gettò più sporcizia dal finestrino ed acconsentì ad andare a riprenderla a piedi nei giorni di bel tempo.

———————

P.s. Ai bambini oggi capita di educare i genitori o i nonni. L’inversione generazionale non è solo economica.

P.p.s. Ogni tanto mi diverto ad inventare una storia partendo da una mia foto. Prometto di non farlo troppo spesso 🙂
E tu ci hai mai provato?

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Trapped man

Prigioniero – © Copyright 2012 Pega

Finalmente una porta, un passaggio. Ha una forma strana, forse è per questo che non si vede subito. Deve essere un varco segreto, una via di uscita. E’ chiusa e non c’è maniglia. Chissà se si apre verso destra o verso sinistra, magari si apre verso l’interno. Sì, deve funzionare in qualche modo. È bloccata, non si muove questa dannata porta. Spingere, provare con tutte le forze. Riprovare ancora. Niente, maledetta. Allora bisogna tirare. Sì, forse tirando. Le dita si insinuano nelle fessure tra le pietre, ma non serve, le unghie si scheggiano. Urla di dolore, disperazione. La porta non si apre, la porta non si apre. Maledizione, non si apre proprio. Cercare un congegno, una leva, un qualcosa. E’ difficile capire come e da che parte si possa aprire, non si vede. Non si capisce. Forse non può aprirsi. Non può proprio aprirsi.
Forse non è neanche una porta.

🙂

© Pega 2012

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Cosplay beauty

Cosplay beauty – © Copyright 2010 Pega

[continua dal post precedente]

…ed insomma… Fotone si era spento.
Dopo aver attraversato lo spazio e rimbalzato sul viso di una splendida fanciulla, era finito in una strana scatoletta e su quel suo “sensore”. Così avevano fatto tanti suoi compagni di viaggio, anch’essi toccando, chi il viso, chi il vestito, chi le cose che circondavano la ragazza.
Il sensore era uno strano congegno, una sorta di luogo di riproduzione. Su questo si posavano e morivano i fotoni generando altre piccole creature fatte di pura energia, gli elettroni.

La magia dell’evento era che il flusso degli elettroni che usciva dal sensore, replicava il modo con cui i fotoni vi erano arrivati dall’esterno. Descriveva forma e colore di ciò su cui questi erano rimbalzati prima di arrivare: insomma gli elettroni portavano con loro l’immagine dell’ultima cosa toccata dai fotoni.

I piccoli elettroni si mossero tutti insieme e dopo aver girovagato nel loro piccolo ambiente naturale di circuiti interni a quella scatola finirono per posarsi e fermarsi per sempre. Avevano trovato la loro meta su una comoda superficie rettangolare, una sorta di mielario estraibile dalla scatola stessa.

Rimasero lì per qualche tempo, finché una persona estrasse quella piccola scheda. Come un apicoltore che prende il telaio melario dall’arnia, lo spostò ed inserì in un congegno capace di leggere l’informazione portata dagli elettroni.
Questa macchina era capace di estrarre il frutto conservato nella scheda e generare un nuovo flusso di elettroni contenente l’immagine originaria della ragazza.

Questa nuova genia di creature fatte di energia vagò ancora per circuiti fino ad approdare ad una nuova superficie di riproduzione, stavolta più grande e non più racchiusa in una scatola.
Qui avvenne l’ultima magia: gli elettroni donarono la loro vita per chiudere il ciclo e far nascere una nuova generazione di piccoli fotoni, identici a quelli arrivati dallo spazio, liberandoli in maniera ordinata e perfetta proprio per ricreare nell’occhio dell’osservatore l’originaria immagine della bella fanciulla delineata dal volo dei loro simili giunti dalla stella lontana.

Fine.

————

Si, è una storiella scema. E forse anche incompleta. Perchè? Perchè in realtà i fotoni giunsero sulla retina e qui morirono per dar vita ad altri elettroni che viaggiarono fino al cervello dove definitivamente ricrearono l’immagine della fanciulla.

🙂

© 2012 Pega

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