La fotografia è nata statica, la sua caratteristica primaria è catturare la realtà congelandola in una immagine fissa. Esistono però tecniche, derivate dalla fotografia, che si discostano dal concetto originale. Sono mutazioni che per complessità realizzativa sono da considerarsi ormai lontane dalla fotografia classica, ma per quanto riguarda la fruizione, le sono vicinissime e portano un valore nuovo. È il caso delle riprese ad alta velocità, tecnica un tempo riservata solo a pochi fortunati in grado di permettersi attrezzature costose e sofisticate. Oggi però sono arrivati sul mercato dispositivi dal costo abbordabile capaci di ottime prestazioni “high speed”.
Guardare con calma un’opera come Stainless di Adam Magyar, è un’esperienza che ha un forte legame con un certo modo di “gustare” la fotografia statica. L’occhio scorre alla scoperta dell’immagine, trova dettagli, emozioni, storie e movimento. Un movimento lieve, a tratti quasi impercettibile. Se nella fotografia statica è la mente dell’osservatore a dover proiettare il dinamismo, qui questo elemento è contenuto nell’opera stessa. Viene sussurrato, quasi suggerito all’osservatore, che è comunque lasciato libero di continuare a proiettarci la sua lettura.
Chissà se questa tecnica avrà sviluppo o meno. Per il momento la trovo quantomeno interessante e dalle notevoli potenzialità.
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Lentissimamente (rld)
26/04/2018 di Pega
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