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Non sempre solo fotografia, oggi aggiungo anche una piccola ma concentrata dose di pittura.
Lo faccio proponendoti questo video realizzato da Chris Peck che ha creato una sorta di riassunto sintetico per immagini. È una sequenza che mostra in due soli minuti tutte le opere presenti in una collezione di dipinti esposta qualche tempo fa presso il Museum of Modern Art di New York, il MOMA.
È così che Chris ha esplorato un nuovo filone espressivo: lo sciroppo superconcentrato d’arte moderna.
Ed ora prendi una Xamamina e buona visione! 😀 😀 😀
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Il venti febbraio del 1902, esattamente 110 anni fa nasceva un grande fotografo, uno che forse più di altri ha lasciato il segno della sua passione nella storia della fotografia: Ansel Adams.
E’ stato scritto moltissimo sul lavoro di questo artista ma c’è un aspetto che che, a mio vedere, veramente differenzia Adams da molti altre figure importanti: è la sua forte voglia di condividere, trasmettere e lasciare agli altri quello che aveva imparato.
Ansel Adams è stato un grande maestro, nel vero senso della parola, uno che ha vissuto cercando di produrre non solo delle opere importanti ma anche insegnando molto ad allievi ed assistenti. Ha in sostanza contribuito a creare quello che è il moderno concetto di workshop fotografico e realizzato documenti che tutt’ora rimangono come punti di riferimento per chi vuole approfondire la fotografia: i suoi libri con tutto il contenuto didattico e di condivisione tecnica e creativa che li caratterizzano.

E così oggi propongo questo breve video, come piccolo omaggio ad uno straordinario protagonista della fotografia del ventesimo secolo… e chissà, forse anche del ventunesimo.

Buon Compleanno Ansel.

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Era il 2 Febbraio del 1947.
Una curiosa scatoletta magica veniva presentata al congresso della Optical Society of America, si trattava della prima macchina fotografica istantanea: la Polaroid Land camera.
Nata dal genio di Hedwin Herbert Land, fisico ed inventore specializzato in filtri ottici (a lui dobbiamo i filtri polarizzatori), la Polaroid nacque quasi per gioco dato che fu inizialmente ideata per soddisfare un capriccio della piccola Jennifer, figlioletta di Hedwin, che si lamentava di non poter subito vedere le fotografie scattate.
L’azienda di Land, Polaroid Corporation, esisteva già dal 1937 con all’attivo numerosi prodotti interessanti: dai mirini militari agli occhiali da sole, ma la fotocamera istantanea divenne subito il prodotto di punta.
Nel primo giorno di lancio sul mercato furono venduti quasi tutti gli esemplari (la mitica Model 95) sebbene il prezzo non fosse dei più abbordabili: 89 dollari del 1948.
Sessantacinque anni non sono tanti per la quasi bicentenaria storia della fotografia ma sicuramente la Polaroid ha lasciato un segno importante.
Schiacciata dall’arrivo del digitale, ha subito l’avvento di una tecnologia che le ha tolto proprio il primato su cui si era basato il suo successo: la possibilità di vedere immediatamente il risultato dello scatto e così il progressivo ma inesorabile calo che nel 2007 arriva all’inevitabile pensionamento del settore delle fotocamere istantanee, con la conseguente chiusura degli stabilimenti di produzione delle pellicole.
Ma la storia di questa affascinante invenzione non sembra giunta al termine e continua, birforcandosi in due strade distinte. Da un lato il manipolo di “eroi analogici” dell’Impossible Project che dal 2008 hanno intrapreso, fondando una nuova azienda, la difficile strada del riavvio della produzione e commercializzazione delle pellicole, dall’altro il nuovo impulso digitale di casa Polaroid che, investendo nel marketing ed assoldando addirittura Lady Gaga come “direttore creativo”, ha presentato una nuova macchina istantanea (digitale): la GL30.
Non so chi riuscirà a raccogliere l’eredità sostanziale di questo grande marchio, quel che è certo è che un bell'”in bocca al lupo” la vecchia Polaroid se lo merita proprio.

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Teaching each other

Teaching each other @ Copyright 2008 Pega

“A great photograph is one that fully expresses what one feels, in the deepest sense, about what is being photographed.”
(Una grande fotografia è la piena espressione di ciò che l’autore sente del soggetto che sta fotografando, nel senso più profondo).

E’ una frase di Ansel Adams che trovo straordinaria e che può essere considerata tra le più belle definizioni di cosa davvero caratterizzi una grande fotografia.

Non si tratta di tecnica, di qualità dell’immagine, nitidezza, contrasto o saturazione dei colori. Non si tratta nemmeno di formato, struttura o composizione.
Si tratta di emozioni e sensazioni.

Un insegnamento che mi piacerebbe tenere sempre a mente, per cercare, nel tempo, di realizzare se non una grande foto, almeno qualche foto interessante.

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Cruscotto astratto

Cruscotto astratto - © Copyright 2008 Pega

Rieccoci con il weekend assignment: ormai una vera e propria tradizione che in questo fine settimana deborda decisa nella follia 🙂

Per questo weekend la proposta è il : camera toss.
Se non ne hai mai sentito parlare, il camera toss è un modo pazzesco di fotografare che consiste nel realizzare esposizioni  mentre la fotocamera si muove per aria dopo essere stata lanciata. No non sto scherzando, per fare questo tipo di foto si mette decisamente a rischio l’attrezzatura e si va alla ricerca di immagini, spesso astratte o quasi, disegnate dalla luce e dal movimento.
Insomma, una sorta di “light painting” acrobatico fatto di lunghe esposizioni con fotocamere volanti e recuperi delicati.
L’esempio della mia foto sopra è una semplice realizzazione fatta con un tempo di circa un secondo lanciando la fotocamera e facendola leggermente ruotare in volo davanti al cruscotto dell’automobile. 

Lo so, stai pensando: “sei pazzo, così sfascio la mia preziosa reflex!”.
Beh, il rischio c’è. Se non lo vuoi correre (al riguardo ti invito a leggere un mio vecchio post) puoi sempre provare questa tecnica con una vecchia fotocamera analogica magari acquistata a pochi euro proprio per questo, una digitale compatta ormai obsoleta o anche usare un cordino o laccio di ritenuta di sicurezza per impedire che dopo il lancio la macchina rischi di cadere.

Te la senti? Dai, per questo weekend assignment ti invito a sperimentare una cosa da matti che può risultare anche pazzescamente divertente.
Prova il camera toss, allenati a lanciare in aria la macchina ed a recuperarla al volo senza danni, calcola i tempi e l’eventuale uso dell’autoscatto. C’è chi addirittura ha provato a sperimentare degli autoritratti fatti con questa tecnica!
Poi, se ti và, posta il link ai tuoi scatti volanti in un commento qui sotto, condividere le tue immagini con tutti i lettori del blog è divertente e può portare a vedere la tua foto visitatori che la apprezzeranno.

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Clicca qui per visualizzare l’elenco di tutti i Weekend Assignment precedentemente proposti.

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SanDonninobyl

Sandonninobyl - © Copyright 2009 Pega

Avere in mente lo scatto, crearlo e vederlo nella propria testa come se fosse già fatto, poi cercare di realizzarlo.
È un approccio alla fotografia tra i più classici. Si tratta di previsualizzare l’immagine costruendola nei dettagli fino a farne un qualcosa di completo, anche se ancora da fare; esattamente come avviene anche per altre arti visive.

Molti grandi maestri hanno fatto di questo modo di fotografare il loro metodo, una vera e propria filosofia della fotografia, in genere totalmente antitetica ed alternativa ai più dinamici stili documentaristi dove lo scatto avviene cogliendo l’attimo, l’emozione o l’espressione imprevista.
Non so se hai mai fotografato provando a previsualizzare ma se non l’hai mai fatto è una cosa che ti suggerisco di sperimentare.

Definisci il tuo soggetto, delinealo, immaginalo illuminato secondo il tuo gusto, definisci nella tua mente l’inquadratura, i particolari di esposizione e fuoco. Cerca di vedere la foto come dovrà risultare una volta scattata, fallo nei minimi dettagli.
Poi prendi l’attrezzatura ed inizia a cercare di rendere reale quel risultato.

Non è raro accorgersi che può essere anche molto difficile realizzare lo scatto che si ha in mente. A volte è addirittura impossibile e si deve scendere a compromessi.
Per seguire questo metodo può capitare di dover tornare più volte nello stesso luogo, magari in attesa delle condizioni giuste, o anche inventarsi soluzioni tecniche che lo rendano fattibile.

È una strada che può risultare anche impervia, ma quasi sempre affascinante.

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Poeraloid Polaroid

Film Gang POERALOIDS - © Copyright 2011 Pega

Beh, dopo tanti anni di “vacanza” la mia Polaroid è stata costretta a tornare per qualche ora al lavoro.
I risultati sono decisamente scadenti, addirittura peggiori di quanto non possa sembrare nell’immagine sopra, tanto che è stato appositamente coniato un nuovo termine per descrivere questo tipo di fotografie: POERALOIDs.

In occasione dell’incontro Film Gang di martedì 12 Luglio scorso a Firenze, sono però spuntate anche un certo numero di gloriose e ben più valide “vecchiette” a pellicola. Erano saldamente al collo dei fieri partecipanti a questo piccolo evento dedicato alla fotografia analogica ed è stato bello vederle in azione ed anche farsi notare nell’affolato centro storico sfoggiando il loro fascino classicheggiante 🙂

C’erano vecchie biottiche e reflex più o meno recenti, macchinette di bachelite ed in plastica, otturatori a molla e filtri cross screen, c’era pure una fotocamera stenopeica in legno con cui il mitico “Lomba” ha scattato a raffica… con esposizioni che però sono di alcuni minuti!

Insomma è stato divertente tornare, magari per qualcuno anche solo per una sera, a scattare con la pellicola, dimenticando completamente il digitale e gli automatismi.
Penso che lo rifaremo.
Un grazie a tutti i partecipanti che invito (quando avranno sviluppato e poi stampato le loro foto) a linkare qui i loro scatti.

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pinhole egg

I don't wanna grow up - © Copyright 2010 Francesco Capponi

Peccato che mi sia accorto di questa idea fantastica solo dopo la scorsa Pasqua, si perchè altrimenti questo post l’avrei sicuramente fatto uscire in quei giorni.
Si tratta dell’intuizione di un giovane artista perugino, Francesco Capponi, che con creatività e maestria ha realizzato una delle macchine fotografiche più geniali che mi sia capitato di vedere.
L’idea di fondo è affascinante e comune ad altri casi di fotografia stenopeica: la fotocamera che si trasforma in fotografia;
Francesco ha però coniugato questo con il concetto atavico che lega la nascita di una creatura all’uovo in cui questa si forma ed ha inventato l’uovo stenopeico (Pinhegg).

Il processo che porta alla creazione di questi veri e propri pezzi d’arte è semplice da descrivere, decisamente meno semplice da realizzare in pratica.
pinhole egg cameraSi tratta di svuotare un uovo, praticarci un’apertura laterale, pulirlo a dovere e, in camera oscura, spalmarne l’interno di emulsione fotosensibile.
Su un lato aperto viene applicata poi una piccola lamina metallica su cui è stato praticato un piccolissimo foro (stenopeico).

L’uovo è per sua natura, oltre che delicato, anche semitrasparente e quindi questa “fotocamera” va maneggiata con molta attenzione ed utilizzata avvolta in un panno nero che viene rimosso dalla zona del foro quanto basta per ottenere l’esposizione.

Rientrati in camera oscura si effettua il processo di sviluppo e poi di fissaggio per rivelare l’immagine negativa che si crea all’interno dell’uovo e che diviene, con il guscio stesso, il prodotto finale di questo esperimento affascinante.

E’ così che quindi l’uovo è sia fotocamera che fotografia, in un percorso che Francesco descrive come disseminato di moltissime “frittate” ma anche di notevole soddisfazione quando si raggiunge il risultato.

Che dire : una gran bella idea per la prossima Pasqua no ?
Nel frattempo ti invito a dare un’occhiata al sito di Francesco Capponi ed anche all’interessante articolo da lui scritto sul sito Lomography.

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Heaven or Hell

Heaven or Hell - Copyright 2009 Pega

Per questo fine settimana l’idea dell’assignment è un po’ diversa dal solito.
Oggi,  più che un tema come in genere faccio ogni quindici giorni, voglio proporti una sorta di esercizio fotografico, particolarmente dedicato a chi scatta in digitale.

Puoi svolgere questo esercizio prendendoti un’ora o due da dedicare completamente a fare foto, oppure puoi provare a svolgerlo in modo discontinuo durante l’intero arco del fine settimana, l’importante è che provi a seguire strettamente le regole.

Dunque in cosa consiste ? E’ semplice : devi tornare dall’assignment con UNA SOLA FOTO.
Potrai scattare tutte le foto che vuoi ma non potrai tenerle, dovrai scartarle progressivamente, fino a tornare a casa con una sola immagine. Puoi scegliere di cancellarle dalla tua scheda di memoria via via che le fai, oppure fermarti ad eliminarle prima di rientrare, l’importante è che alla fine dell’esercizio sia rimasta una sola fotografia.

Ti assicuro che per qualcuno è molto più facile a dirsi che a farsi.

Insomma, in questo weekend prova a svolgere questo Just ONE shot assignment e poi, se vuoi, mostraci il tuo lavoro postando un commento con il link per vedere l’immagine che ne è risultata.
Condividere con tutti i lettori del blog è divertente ed interessante e può portare a vedere la tua foto visitatori che la apprezzeranno.

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Clicca qui per visualizzare l’elenco di tutti i Weekend Assignment precedentemente proposti.

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Art Lab

Art Lab - © Copyright 2011 Pega

Se c’è una cosa che mi affascina della fotografia è la sua potenziale capacità di sintesi.
E’ una caratteristica propria del mezzo e si basa forse proprio sulle tante limitazioni che strutturalmente definiscono una foto : dalla composizione che di per sè è una esclusione di ciò che nel fotogramma non entra, alla gestione del fuoco alla scelta e resa dei colori.

La fotografia è nativamente sintetica e questa affascinante capacità è a disposizione di tutti, ma non è sempre facile riuscire a sfruttarla.
Spesso infatti cediamo all’istinto di voler descrivere in modo ricco e completo ciò che vediamo e viviamo nel momento dello scatto, includendo elementi, dettagli e persone, alla ricerca di un’immagine descrittiva che sia il più possibile fruibile per l’osservatore.

Ma è quando si riesce a togliere, che vengono fuori le cose migliori. Credo che provare a fare foto in cui il dettaglio sintetizza l’esperienza, sia una delle cose più affascinanti che si possono sperimentare in fotografia.

La foto sopra, scattata durante l’ultimo Sharing Workshop è un piccolo esempio di quello che voglio dire. E’ un tentativo che, se non trovo completamente riuscito almeno considero sulla buona strada.
Non vi è traccia delle magnifiche persone con cui ho passato quella splendida giornata, nè dei tanti elementi che l’hanno caratterizzata. Ci sono solo alcuni oggetti, di cui uno solo perfettamente a fuoco…  quel dettaglio che in questo caso, per me, sintetizza l’esperienza.

🙂

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