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Watermonster rising

Watermonster rising – Copyright 2008 Pega

Hai mai provato ad immortalare l’istante in cui una goccia cade nell’acqua?
E’ divertente e non serve un’attrezzatura particolare, è sufficiente usare alte velocità di scatto insieme ad un buon flash, che consente di “congelare” l’istante.
Se non hai un flash esterno, che sarebbe la scelta ideale, puoi usare anche quello a bordo della macchina ed una buona tecnica è poi quella di fare tanti scatti, anche a raffica.
Per chi non l’ha mai fatto e vuole provare a cimentarsi, questo video è un buon tutorial.

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ink

© Copyright Shinichi Maruyama


Shinichi Maruyama crea le sue affascinanti immagini semplicemente usando le mani e dell’acqua. E’ un artista a metà tra lo scultore ed il fotografo. A volte all’acqua aggiunge dei coloranti e grazie a tecniche di ripresa ad alta velocità fissa le sue opere catturandole in meravigliose immagini prima che si riversino per sempre sul pavimento del suo studio.
Sono forme quasi imprevedibili, che esistono solo per una frazione di secondo e su cui Maruyama lavora con la sapienza di un maestro Zen, ma anche con quella tipica consapevolezza di chi sa di non poter totalmente controllare ciò che verrà fissato nella fotografia.
Il video qui sotto è qualcosa da non perdere e fa venire una gran voglia di provarci…
Per realizzare le sequenze in movimento serve una videocamera ad alta velocità ma per le foto basta un normale flash.
Io ci ho provato, senza molto successo devo confessare… in compenso il mio pavimento ha ricevuto una sana lavata 🙂
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Only Men

Men Only – © Copyright 2012 Pega

L’immagine si è già formata da sola nella mia testa. Penso sia colpa di quel muro di piccole piastrelle quadrate messe secondo uno schema che pare casuale e che ricorda l’effetto dei pixel su uno schermo. Sono piccole mattonelle come quelle di una vecchia piscina in cui nuotavo da bambino. Poi c’è la forma originale di quei candidi pezzi di ceramica da bagno, ognuno dotato di un massiccio pulsante di scarico in acciaio inossidabile.
Una foto un po’ folle, ma è uno di quegli scatti che sento di voler fare perché ci sono casi in cui se non trasformo in reale la foto mentale, questa poi mi insegue come un fantasma.
C’è solo un problema: un uomo, un ignaro “utilizzatore”, si attarda nella scena.
Faccio qualche passo indietro mentre monto il flash e regolo le impostazioni, poi mi fermo. Traccheggio, attendo.
L’uomo si sente osservato, lo vedo mentre ruota leggermente la testa cercandomi con la coda dell’occhio.
Penso che forse è il caso di lasciar perdere, sono in un bagno pubblico con reflex al collo ed un atteggiamento da maniaco. Potrei uscirne malconcio. Ma decido di resistere.
L’uomo termina la sua attività, si sistema e se ne va veloce senza nemmeno lavarsi le mani. Magari gli ha messo fretta la mia inquietante presenza, o forse no.
Comunque ci sono. Inquadro e scatto. Il colpo di flash mi aiuta ad ottenere l’effetto spot che volevo.
Esco pensando al potere della fotografia, alla capacità che ha di descrivere ed al tempo stesso distorcere la realtà, alla sua caratteristica di indurre un modo diverso di guardarsi intorno e farsi affascinare da dettagli insignificanti. Ma penso anche ad uno dei suoi ruoli più antichi che da sempre è il poter mostrare ciò che sarebbe precluso, in questo caso all’intero genere femminile: l’interno di un bagno per uomini.
🙂

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Sì, le dimensioni contano, e quando si parla di diffusori, più grosso è meglio è.
In questo breve video ci viene proposta un’idea semplicissima ma geniale: un bel palloncino bianco gonfiato davanti al flash ed ecco che anche quello incorporato nella fotocamera, notoriamente scarso, può dare risultati decenti.
Quando si parla di fotografia con flash la diffusione della luce è la chiave per ottenere buone immagini ed evitare l’effetto fiammata con relative ombre taglienti che ci ritroviamo quando il lampo è troppo diretto.
Di diffusori in commercio ce ne sono molti, spesso grossi ed anche piuttosto costosi. In questo caso con pochi spiccioli (e pochissimo ingombro) si risolve in maniera davvero interessante.
Mi vedo già ad imbastire un set con i palloncini al posto degli ombrelli… 😀
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Europa : la Luna di Giove

Europa – Copyright 2011 Pega

L’altra sera la notte era limpidissima e con un po’ di impegno sommato alle mitiche doti di luminosità (f/2.8) del mio nuovo super teleobiettivo catadiottrico da ben 2400 mm, sono riuscito a scattare questa discreta foto di una delle lune di Giove.
Si possono notare le estese macchie bianche che gli scienziati ipotizzano essere grandi valli ghiacciate, contenenti riserve di acqua, che forse in un futuro potranno essere sfruttabili per la colonizz…

Beh… Mica starai veramente credendo alle fesserie che ho appena scritto?  Vero?

In realtà ieri sera la notte non era per niente limpidissima, non ho un super obiettivo fantascientifico e  non ho puntato la mia fotocamera al cielo.
Ho solo allestito un piccolo set artigianale e scattato qualche foto ad un vecchio pentolino posto su uno sfondo scuro, illuminandolo con un flash.
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setup per un pianeta fasulloNe sono venute fuori delle immagini curiose, che in effetti ricordano le foto astronomiche raffiguranti pianeti lontani milioni di chilometri.
Ma qui, come puoi vedere dal mio setup, la distanza dall’obiettivo non superava qualche decina di centimetri.
Facendo qualche prova in più e magari trovando una vecchia padella sfinita, credo proprio che si possano fare dei veri capolavori 🙂

Sarà perché la luna di Giove si chiama Europa, o forse anche per il momento in cui viviamo che ci porta ogni giorno a dubitare della veridicità di immagini e notizie… in effetti forse era meglio proporla per il primo di aprile…
Ma non ho resistito…

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Per ottenere qualità professionale, non sempre è necessario spendere una fortuna in attrezzatura.
Sul sito Iso 1200 ho trovato l’esempio del fotografo Michael Zelbel: un sacchetto da shopping bianco con dentro un flash, ed ecco pronto un semplice sistema per illuminare, con una luce delicata e diffusa, i nostri ritratti.
Il flash viene posto nello shopper in modo da dirigere il lampo verso l’alto, giusto nell’apertura del sacchetto, che viene posto molto vicino al soggetto, ottenendo un effetto light box davvero degno di questo nome.
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MagicubeSe non li ricordi meglio per te, vuol dire che sei ancora abbastanza giovane 🙂
I cubi flash furono introdotti negli anni settanta e rappresentarono una vera innovazione. Prima si dovevano inserire lampadine al magnesio direttamente sui contatti del flash: una lampadina per ogni foto. Erano delicate ed avevano continui problemi elettrici che causavano cilecche e scatti rovinati: una vera noia. Con il cubo tutto divenne più semplice: conteneva quattro lampadine con relativo riflettore e si inseriva in un apposito alloggiamento sulla fotocamera. Dopo ogni foto ruotava per presentare la nuova lampadina pronta per l’esposizione successiva. Quattro foto senza pensieri, poi il cubo si buttava e ce ne voleva un altro. Anche se un po’ costosi, per quei tempi erano una meraviglia.
Ma la vera rivoluzione commerciale furono i Magicube, che funzionavano senza contatti elettrici grazie ad un comando meccanico che innescava un piccolo fulminante contenuto nel cubo stesso. Erano contrassegnati da una X e divennero lo standard per nuove fotocamere popolari più semplici ed economiche, non dotate di batteria e circuiti elettrici.
In quegli anni è così che si andava ad una festa: la Kodak Instamatic e tre cubi flash. Dodici scatti da centellinare.
I Magicube sono ormai un ricordo, la produzione è più o meno cessata verso la fine degli anni ottanta, anche se non è impossibile trovarne ancora qualcuno.
Se un giorno te ne dovesse capitare un esemplare tra le mani, trova una vecchia macchinetta in grado di scattare con questi flash e non perderti l’emozione antica di un bel lampo al magnesio.

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Wash machine by night

Wash machine by night – © Copyright 2009 Pega

Se il precedente weekend assignment era facile, cosa dire di questo? Cosa c’è di più semplice di fare qualche foto con il flash? O forse no.
In effetti, per molti, il flash rimane ancora un aggeggio misterioso, nonostante tutte le tecnologie (TTL e simili) che ci hanno semplificato la vita, risparmiandoci i calcoli che servivano ai vecchi tempi.
Eppure non dovrebbe essere così. Oggi, col digitale, è tutto molto più semplice: si vedono subito i risultati e si possono usare con facilità flash multipli, mixarli con luce ambientale, giocare con i rimbalzi… si possono azzardare soluzioni ed idee creative regolando anche tutto in manuale, con attrezzature e costi limitatissimi.
Insomma col flash ci si può proprio divertire, senza timori. Hai mai provato?
Per questo weekend assignment ti propongo quindi proprio di giocare col flash, ma attenzione, è pericoloso…. Perchè? Perché dà dipendenza.

😀 😀 😀

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Clicca qui per visualizzare l’elenco di tutti i Weekend Assignment precedentemente proposti.

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Only Men

Men Only – © Copyright 2012 Pega

L’immagine si è già formata da sola nella mia testa. E’ colpa di quel muro di piccole piastrelle quadrate, poste secondo uno schema almeno apparentemente casuale, da rendere l’effetto dei pixel su uno schermo. Piccole mattonelle come quelle di una vecchia piscina in cui nuotavo da bambino. E poi la forma originale di quei candidi pezzi di ceramica da bagno, ognuno sovrastato da un massiccio ed affascinante pulsante di scarico in acciaio inossidabile.
Una foto un po’ folle ma è uno di quegli scatti che sento di voler fare, perché ci sono casi in cui se non trasformo in reale la foto mentale, questa poi mi insegue come un fantasma.
C’è solo un problema: un uomo, un ignaro “utilizzatore”, si attarda nella scena.
Faccio qualche passo indietro mentre monto il flash e regolo le impostazioni, poi mi fermo. Traccheggio, attendo.
L’uomo si sente osservato, lo vedo mentre ruota leggermente la testa cercandomi con la coda dell’occhio.
Penso che forse è il caso di lasciar perdere, sono in un bagno pubblico con reflex al collo ed un atteggiamento da maniaco. Potrei uscirne malconcio. Ma decido di resistere.
L’uomo termina la sua attività, si sistema e se ne va veloce senza nemmeno lavarsi le mani. Magari gli ha messo fretta la mia inquietante presenza, o forse no.
Comunque ci sono. Inquadro e scatto. Il colpo di flash mi aiuta ad ottenere l’effetto spot che volevo.
Esco pensando al potere della fotografia, alla capacità che ha di descrivere ed al tempo stesso distorcere la realtà, alla sua caratteristica di indurre un modo diverso di guardarsi intorno e farsi affascinare da dettagli insignificanti. Ma penso anche ad uno dei suoi ruoli più antichi che da sempre è il poter mostrare ciò che sarebbe precluso, in questo caso all’intero genere femminile: l’interno di un bagno per uomini.
🙂

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Martin

Capitan M|artin von Melik – Copyright 2012 Pega

Il capitano Martin von Melik è un uomo di mare. Si imbarcò da giovanissimo sui piccoli bastimenti fuorilegge che, mettendo ogni giorno a rischio la vita dei propri equipaggi, facevano la spola tra le coste britanniche e la Francia occupata portando vitali risorse ed informazioni alla resistenza analogica.
Dopo la guerra accettò per alcuni anni il comando di una lenta ma solida unità mercantile che lo vide solcare i mari di mezzo mondo trasportando merci di varia natura e provenienza, probabilmente anche di contrabbando, tra cui pellicole scadute e apparecchi fotografici ormai obsoleti ma ancora efficaci, di cui lui stesso era utilizzatore.
Ora naviga con una grossa imbarcazione da pesca d’altura alla ricerca di quella che considera la vera missione della sua vita: catturare un carangide di straordinarie dimensioni che si narra viva nelle profonde e fredde acque invernali dei litorali Toscani.
Più di una volta ha incrociato la sua lenza con l’enorme bestia, mai riuscendo a trattenerlo nè fotografarlo, è stato quindi costretto a ricorrere a tecniche ed attrezzature di dimensioni progressivamente maggiori nel tentativo di vincere la devastante forza dell’animale. Lenze in acciaio ed esche artificiali a misura di capodoglio sono il suo normale corredo insieme ad agili apparecchi fotografici impermeabili usa e getta, rigorosamente analogici.
Forte e leggendaria, tra gli uomini che hanno navigato con lui, è la sua fiducia nelle tradizionali metodologie di pesca, fotografia e navigazione, che sempre lo hanno tratto d’impaccio nelle situazioni più difficili e tempestose.
In questa foto è ritratto al tavolo da carteggio del suo bastimento. Qui opera studiando il mare e le rotte di pesca, ricorrendo esclusivamente a compasso e squadrette analogiche in barba ad ogni forma di moderna tecnologia digitale.
😀 😀 😀

[Ogni tanto mi diverto ad inventare una storia scema partendo da una mia foto. Prometto di non farlo spesso 🙂 E tu ci hai mai provato?]

Altre “storie da una foto”:
La porta
Alieni
Viva Viva, La Befana!
Il viaggio di Fotone
La discendenza di Fotone

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