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Archive for the ‘Architecture’ Category

Vertigine by Pega

Vertigine – © Copyright 2013, Pega

I gradini di una scala sono un simbolo forte, una metafora. Rappresentano la possibilità di superare progressivamente un dislivello, anche molto grande, affrontandolo dividendolo in piccoli passaggi. La scala è l’immagine del legame o percorso che unisce due punti ad altezze diverse ed è uno dei più antichi prodotti dell’ingegno umano, sostanzialmente inalterato da millenni.
Ma i gradini sono anche un magnifico soggetto fotografico, intrinsecamente caratterizzati da geometrie e chiaroscuri.
Ecco l’assignment per questo fine settimana, facile ma anche stimolante: I gradini.
Non credo ci sia bisogno di dire altro, lo scopo è sempre lo stesso: cogliere l’occasione di un tema assegnato per provare a realizzare qualche scatto creativo, magari spingendosi poi fino a condividerne qui il prodotto. Sei il benvenuto.
Buon fine settimana!

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In attesa del suo titolo

In attesa del suo titolo – © Copyright 2017, Pega

Una foto senza titolo è come una frase incompleta, può avere senso ma anche no. A qualcuno può trasmettere moltissimo, lasciando spazio alle sue proiezioni, mentre altri potrebbero esserne ingannati ed attribuirle un significato lontano da quello concepito in origine dall’autore.
Non è mia intenzione togliere valore alle foto senza titolo, ho il massimo rispetto per chi afferma che le immagini ben riuscite non devono aver bisogno di parole ed adoro quei rari scatti “assoluti” che comunicano in modo perfetto ed universale senza bisogno di nient’altro. La mia personale opinione però è che foto e parole siano un connubio meraviglioso, un po’ come succede con la musica.
Di questo tema mi è capitato di scrivere più volte, come in questo vecchio post, ma oggi voglio proporti un esperimento, una sorta di esercizio se vuoi, qui sul blog.
Inizio io, proponendoti una mia foto a cui, ancora, non ho saputo dare un titolo. E’ un’immagine che attende di essere completata da una o più parole, quelle che che rappresenteranno “il suo titolo”
Un po’ come quando un musicista sottopone la sua idea ad un paroliere (ed a volte ne viene fuori qualcosa di bello a quattro mani) oggi sono a chiederti un contributo: prova a proporre un titolo.
Non dobbiamo per forza fare un capolavoro, è solo un esercizio. Poi magari mi proponi qualcosa di tuo e sarà il mio turno.
🙂

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Gian Paolo IervolinoOggi ti propongo un libro, un libro fotografico che l’amico Gian Paolo Iervolino mi ha proposto di sfogliare dopo averlo realizzato e pubblicato.
Scegliere oggi il libro come supporto di diffusione delle proprie opere fotografiche non è una scelta facile, l’immediatezza e la potenza pervasiva dei contenitori online è tale da aver portato gran parte degli autori a preferire internet come principale mezzo di presentazione dei propri lavori. Su internet è facile e rapido raggiungere centinaia di nuovi potenziali ammiratori e gli orizzonti si ampliano a dismisura.
Eppure, nonostante le maggiori difficoltà sia tecniche che economiche, la carta resta il supporto più naturale per alcune fotografie, specie quelle di un certo tipo, in particolare i bianchi e neri notturni e meditati, come quelli di Gian Paolo.
Il suo libro è una breve ma intensa raccolta di fotografie notturne, tutte scattate a Roma in un’atmosfera quasi sospesa che l’autore descrive molto bene nella prefazione. Piazze e scorci di luoghi dalla bellezza millenaria, spesso affollatissimi di turisti che, una volta scesa la sera, si diradano lasciando spazio a figure silenziose, soggetti in lento movimento che Iervolino dipinge attraverso scatti a lunga esposizione che raccolgono scie ed ombre in lento movimento.
Sono immagini che esprimono emozioni non gridate, difficilmente descrivibili a parole, una sorta di quel “niente” con cui a volte si risponde quando ci chiedono a cosa stiamo pensando ma che, a dispetto della parola, sottintende un universo di sensazioni.
Mi è piaciuto molto questo libro, l’ho guardato e riguardato, una sera mi sono poi messo a sfogliarlo ascoltando musica in cuffia, un accompagnamento delicato ma intenso per questa splendida serie di immagini notturne.
Complimenti Gian Paolo.
Puoi trovare altre informazioni sull’autore e sulle sue opere sul sito Esperanto Photolab.

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Santa Croce Firenze
Oggi ti segnalo una meravigliosa risorsa di immagini fotografiche: si tratta dell’archivio Europeana, collezione online di oltre due milioni di immagini provenienti dai primi cento anni di storia della Fotografia in Europa.
Il progetto è stato realizzato da Photoconsortuim, un’organizzazione internazionale che promuove la cultura fotografica e si adopera per valorizzare la sua storia.
Oltre cinquanta istituzioni europee e trentaquattro paesi hanno contribuito alla creazione di questo archivio che contiene importanti opere di maestri e pionieri della fotografia come Eadweard Muybridge, Julia Margaret Cameron e lo stesso Louis Daguerre.
Sulla homepage del portale è presente il motore di ricerca interno con cui fare qualsiasi ricerca filtrata sull’intero database e non è difficile scovare dei veri e propri gioielli. Io, ad esempio, sono andato a cercare immagini di fine ottocento della mia città.
Buon divertimento!

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Charles Clyde Ebbets - Lunch atop a Skyscraper, 29 settembre 1932

Charles Clyde Ebbets – Lunch atop a Skyscraper, 1932

Ogni tanto torno ad ammirare questa foto degli operai che si riposano, con le gambe penzoloni, sospesi a 260 metri d’altezza durante la costruzione dell’Empire State Building. È uno scatto famoso, attribuito per lungo tempo ad un fotografo che divenne importante anche a seguito dei suoi reportage sulla costruzione dei grattacieli e delle pericolose condizioni di lavoro: Lewis Hine.
Ma nel 2003 l’archivio Bettmann/Corbis, proprietario dei diritti di questa immagine, dopo un’approfondita indagine, riconobbe che l’autore della foto era in realtà un fotografo meno noto: un certo Charles Clyde Ebbets.
“Lunch atop a Skyscraper (New York construction workers lunching on a crossbeam)” fu realizzata il 29 settembre del 1932 da Ebbets durante la costruzione del GE Building nel Rockefeller Center e non dell’Empire State Building come precedentemente si pensava. L’immagine era stata pubblicata dal New York Herald Tribune il 2 ottobre 1932.

Ebbets

C. Ebbets – GE Building, Rockefeller Center, 1932

Confidando in ulteriori pubblicazioni ed incarichi, il fotografo Charles Ebbets decise di insistere su questo filone e continuò ad immortalare gli operai dei grattacieli di New York. Cercando di stupire sempre di più, creò una serie di immagini chiaramente costruite, ed arrivò ad esprimersi in una vera e propria fiction fotografica fatta di scene paradossali, in cui appaiono camerieri in livrea che servono un pranzo apparecchiato sulla trave sospesa e giocatori di golf in bilico sull’acciaio dell’altissimo edificio in costruzione. Insomma… andò un pochino oltre e finì per esagerare, perdendo quel senso di verità descrittiva di un momento storico, così ben raccontata dal suo scatto più famoso.

Golf - Ebbets

C.Ebbets – GE Building, Rockefeller Center, 1932

Ma mentre Ebbets cercava di raggranellare lo stipendio seguendo questa idea, a distanza di pochi isolati Lewis Hine, il fotografo sociologo, realizzava i suoi reportage sulle condizioni in cui si svolgeva il lavoro. Scatti che, dopo la sua morte in povertà, lo avrebbero reso celebre. Erano fotografie in cui descriveva e denunciava lo sfruttamento dei lavoratori, anche minori. Immagini che spesso mostravano indiani Mohawk, sfruttati settanta ore alla settimana per il loro equilibrio straordinario che li rendeva capaci di lavorare a duecento metri dal suolo senza problemi di vertigini.
Fu anche grazie all’importante lavoro di Hine, svolto anche in molti ambienti industriali, che negli Stati Uniti si avviò un processo di riforma sociale che avviò la regolamentazione degli orari e della sicurezza sul lavoro oltre ad abolire lo sfruttamento minorile.

Lewis Wickes Hine - Empire State Building, 1930

Lewis Wickes Hine – Empire State Building, 1930

Emblematico è questo scatto di Hine, sempre realizzato nell’ambito del suo progetto dedicato al lavoro sui grattacieli. Siamo intorno al centesimo piano, si vedono tre giovani operai, uno lavora sbilanciato all’indietro, senza alcuna protezione. È in piedi su una piccola asse di legno che è tenuta in posizione solo dal peso dell’operaio stesso. Una situazione semplicemente pazzesca vista con i criteri di oggi.
Sconcertante è anche apprendere dei ritmi “vertiginosi” con cui si procedeva: un piano al giorno.
.
Ed ora pensaci un attimo. Immagina il fotografo, appollaiato con la sua goffa attrezzatura di ottanta anni fa, sulla sommità dell’Empire State Building in costruzione. Tu ce l’avresti fatta ad andare lassù, come Hine, a fare quelle foto? Io non penso…
🙂

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Un bacio in S.Croce

A kiss in Santa Croce – © Copyright 2009 Pega

Non c’è molto da spiegare per il tema che voglio riproporti in questo fine settimana.
Può essere quello appassionato tra due amanti, oppure quello  rituale tra persone che si salutano, ma anche  qualsiasi altro abbraccio. È questo il tema fotografico che ti suggerisco per il fine settimana.
Sta a te decidere se rubarlo da lontano, chiederlo a soggetti consapevoli o magari anche partecipare da protagonista in un autoscatto, È tua la scelta. Puoi interpretare l’assignment come più ti piace, l’importante è che la foto contenga questo elemento chiave.
Insomma, in questi due giorni, prova qualche scatto seguendo questa idea. Far fotografie con in mente un compito assegnato aiuta a coltivare la nostra creatività. Come al solito, ti invito a condividere i risultati di questa tradizionale missione e, per farlo, non hai che da inserire in un commento qui sotto, il link alla tua foto.Buon divertimento!

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Only Men

Men Only – © Copyright 2012 Pega

L’immagine si è già formata da sola nella mia testa. Penso sia colpa di quel muro di piccole piastrelle quadrate messe secondo uno schema che pare casuale e che ricorda l’effetto dei pixel su uno schermo. Sono piccole mattonelle come quelle di una vecchia piscina in cui nuotavo da bambino. Poi c’è la forma originale di quei candidi pezzi di ceramica da bagno, ognuno dotato di un massiccio pulsante di scarico in acciaio inossidabile.
Una foto un po’ folle, ma è uno di quegli scatti che sento di voler fare perché ci sono casi in cui se non trasformo in reale la foto mentale, questa poi mi insegue come un fantasma.
C’è solo un problema: un uomo, un ignaro “utilizzatore”, si attarda nella scena.
Faccio qualche passo indietro mentre monto il flash e regolo le impostazioni, poi mi fermo. Traccheggio, attendo.
L’uomo si sente osservato, lo vedo mentre ruota leggermente la testa cercandomi con la coda dell’occhio.
Penso che forse è il caso di lasciar perdere, sono in un bagno pubblico con reflex al collo ed un atteggiamento da maniaco. Potrei uscirne malconcio. Ma decido di resistere.
L’uomo termina la sua attività, si sistema e se ne va veloce senza nemmeno lavarsi le mani. Magari gli ha messo fretta la mia inquietante presenza, o forse no.
Comunque ci sono. Inquadro e scatto. Il colpo di flash mi aiuta ad ottenere l’effetto spot che volevo.
Esco pensando al potere della fotografia, alla capacità che ha di descrivere ed al tempo stesso distorcere la realtà, alla sua caratteristica di indurre un modo diverso di guardarsi intorno e farsi affascinare da dettagli insignificanti. Ma penso anche ad uno dei suoi ruoli più antichi che da sempre è il poter mostrare ciò che sarebbe precluso, in questo caso all’intero genere femminile: l’interno di un bagno per uomini.
🙂

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Eiffel cantiereSì, lo sai che che vado pazzo per i timelapse, ma stavolta ne ho pescato uno davvero speciale. A dire il vero non si tratta nemmeno di un vero timelapse dato che non è una sequenza animata; ma poco importa, il senso è quello. Quella che vedi sopra è la serie di scatti che documenta la progressione nel tempo della costruzione della Torre Eiffel.
Nel 1887 Eiffel decise di documentare la nascita del suo monumento ed ingaggiò un fotografo di nome Edouard Durandelle. Questi piazzò il suo treppiede nei pressi del cantiere e, ad intervalli regolari, immortalò il procedere dei lavori durante il periodo in cui la torre fu costruita ovvero dal 10 agosto del 1887 al 12 marzo del 1889.
Si tratta di un esempio storico, primordiale, di documentazione sequenziale, molto significativo per comprendere il valore che le immagini stavano iniziando ad avere nella narrazione storica. Eiffel lo aveva capito ed anche in questo si dimostrò un innovatore se non addirittura un grande inventore.
Pensa in quanti altri casi del passato la costruzione di un’opera avrebbe potuto essere documentata in questo modo. Non è una questione tecnologica, non c’è effettivamente bisogno della fotografia, sarebbe andato bene anche un bravo disegnatore o un pittore. Una sequenza così la potevano fare anche gli antichi Romani, i Greci, gli Egizi. Oggi potremmo avere la sequenza della costruzione della Piramide di Giza o quella del Colosseo.

Adieu Mon Amour by Pega

Adieu mon Amour – Copyright 2013, Pega

E’ una questione concettuale, di grande portata.
Alla luce dell’uso universale che oggi facciamo delle immagini la si potrebbe considerare un’invenzione assoluta, al livello di quella della ruota o del profilo alare. Del resto anche queste avrebbero potuto accadere in epoche diverse, data la loro natura concettuale, non tecnologica; ma qui si apre un tema sconfinato, che va ben oltre le mie possibilità…
Comunque sia, Edouard Durandelle rimane nella storia della Fotografia ma non nel suo olimpo. E’ una figura secondaria, forse non abbastanza apprezzata.
Ed io a questo fotografo poco conosciuto che però ha contribuito così tanto al progresso comunicativo dell’umanità, dedico oggi un mio scatto, realizzato qualche tempo fa proprio nei pressi della Torre Eiffel.

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Ascesi - Pega

Ascesi – © Copyright 2012 Pega

Eccomi a proporti una nuova missione fotografica per provare qualche “scatto a tema” nel weekend.
Se ogni tanto leggi questo blog, sai della mia convinzione a questo proposito e di quanto il “compito assegnato” possa non solo risultare divertente, ma anche dare interessanti spunti creativi. Aggiungiamo poi la condivisione con gli altri ed ecco il “weekend assignment” che, a settimane alterne, trovi qui dove… la Fotografia è una scusa.
Il tema di oggi è una sfida atavica, una questione che risale a ben prima che il nostro mezzo fotografico fosse inventato ma che è ancora attuale quando si parla di immagini a due dimensioni. E’ la sfida di riportare la realtà tridimensionale sul piano, mantenendone il significato volumetrico per l’osservatore; in pratica si parla di prospettiva.
Puoi ispirarti ai maestri dell’antichità o lavorare seguendo idee più moderne, in ogni caso l’invito è a giocare con le geometrie e cercare di esaltare gli aspetti prospettici in qualche tuo scatto, sfruttando ciò che hai a disposizione sia come soggetti che attrezzatura.
Interpreta come più ti piace questo assignment e nel weekend prova a cercare le tue “vie di fuga” poi, se vuoi, mostraci il tuo lavoro. Condividere con gli altri lettori del blog è divertente e può portare nuovi ed inaspettati ammiratori a conoscerti. Ricorda: le foto che non saranno mai apprezzate dagli altri sono quelle che lascerai nel cassetto 🙂
Buon divertimento!
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Prima della GoProAdesso sembra tutto così facile ed ovvio: basta agganciare la fantastica fotocamerina al suo supporto e via di selfie o video in HD.
Con questi piccoli ma sofisticati oggetti non ci sono piu problemi e si possono fare riprese in cielo come sott’acqua senza doversi troppo preoccupare di questioni tecniche come l’esposizione, la messa a fuoco o la durata della batteria.
Eppure fino a pochi anni fa non era per niente così: per lunghi decenni analogici, la cattura di immagini in soggettiva è stata una specialità difficile e praticata solo da veri esperti, in genere riservata al mondo del cinema e sempre caratterizzata da soluzioni estemporanee ed abbastanza artigianali.
McQueen GoProHo trovato su Kottke una piccola raccolta: sono foto di installazioni “on-helmet” che oggi fanno ridere ma che mostrano come, anche nel ricco e sofisticato mondo di Hollywood, non si andasse tanto per il sottile e, più che altro, si abbondasse con il nastro adesivo.
In alto puoi vedere come venne montata una fotocamera sul casco del leggendario pilota di Formula 1 Jackie Stewart per il GP di Monaco del 1966, mentre qui a fianco trovi il mitico Steve McQuenn che indossò un bell’armamentario fatto da cinepresa e batteria, per le riprese del film Le Mans del 1971.
Ma il top resta qui sotto l’installazione per il videoselfie d’epoca, direttamente con l’operatore “on board”… Altri tempi eh!
Videoselfie

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