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Posts Tagged ‘pellicola’

Powder kitIn cerca di nuove idee e spunti per lo sviluppo fai-da-te, mi sono imbattuto in un prodotto che non conoscevo: il kit di sviluppo monobagno in polvere di Cinestill.
Trovatomi più volte alle prese con reagenti in bottiglia, sempre pronti a scadere e spesso in quantità eccessiva rispetto alle mie esigenze, penso che questa idea del mono prodotto in polvere sia davvero interessante, specie per chi, come me, sviluppa solo occasionalmente i propri scatti su pellicola.
Se utilizzando solo parzialmente la busta fosse infatti possibile preparare solo la quantità di liquido di sviluppo necessaria sarebbe finalmente possibile evitare di sprecare prodotto ed inquinare il mondo con reagenti solo parzialmente utilizzati. Insomma un bagno unico ed in dose minima.
Chissà, magari insieme alla mia Lab-Box (confidando che prima o poi arrivi) potrebbe essere davvero una svolta.
🙂

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Rodinal

Rodinal 1917 (by Daniel Keating)

Ti arrischieresti a sviluppare una tua pellicola con un prodotto di cento anni fa?
E’ quello che ha fatto un certo Daniel Keating, dopo aver ricevuto in regalo una vecchia bottiglia di Rodinal, un reagente per negativi in bianco e nero risalente al 1917.
Il prodotto era stato ritrovato in una vecchia cassa di attrezzature fotografiche del primo novecento e Daniel ha voluto provarlo.
La scelta del rullino da sviluppare con tale datata sostanza è caduta su un vecchio rotolino di scatti “di prova” visto anche l’aspetto poco rassicurante del liquido che la bottiglia conteneva: “una poltiglia degna del filtro di una lavastoviglie” scrive Daniel.
Ebbene, dopo un ciclo di sviluppo da un’ora, agitando per 10 secondi ogni 15 minuti ed il classico bagno finale, che Daniel ha fatto con normale tiosolfato di sodio, i risultati sono stati ben oltre le aspettative. Guarda tu stesso sotto! C’è il gattino!
🙂 🙂 🙂

p.s. Tanto per non farsi mancare nulla, Daniel ha scelto di sperimentare questo datato reagente con una pellicola scaduta… 35 anni fa.

p.s.2.  Il gatto si è prestato gratuitamente per l’esperimento.

Gattino - By Daniel Keating

Gattino sviluppato con reagente centenario – By Daniel Keating

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Lab Box by Ars ImagoCe l’hanno fatta i ragazzi di Ars-imago, intraprendenti appassionati che nel loro negozio a Roma hanno ideato Lab-Box: primo microlaboratorio di sviluppo fotografico portatile, utilizzabile senza bisogno di chiudersi in una camera oscura.
Ebbene, il loro progetto è stato totalmente finanziato su Kickstarter e diviene quindi realtà produttiva.
Te ne avevo già parlato qualche tempo fa in un post, raccontando di aver dato il mio piccolo contributo di microfinanziatore pre-acquistando uno degli esemplari di prima serie del prodotto. In effetti la campagna di crowfunding su Kickstarter è stata un successone e Lab-Box ha incassato oltre 650.000€, superando quindi il traguardo del mezzo milione di euro che serviva come base minima per dare reale avvio alla produzione.
I fondi in eccesso sono stati già impiegati per alcune migliorie già comunicate ai sottoscrittori e riguardano un termometro per controllare la corretta temperatura del processo di sviluppo oltre ad un comodo imbuto per gestire meglio il flusso di risciacquo finale.
Con Lab-Box, che poi altro non è che una scatola intelligentemente progettata per sviluppare sia rullini 35mm che 120mm, si possono usare vari tipi di processo tra cui la normale sequenza di reagenti, ma anche metodi più particolari come il bagno unico (Monobath), oppure sistemi più esotici come il Caffenol. Ma la novità è il poter effettuare tutta la lavorazione anche in piena luce, quindi praticamente ovunque.
I negativi sviluppati si potranno poi scansionare o stampare alla vecchia maniera, come sanno bene i crescenti appassionati di una fotografia analogica che sembra proprio attraversare una nuova giovinezza.
Bene, in trepidante attesa dell’arrivo del mio esemplare di Lab-Box, stimato per il prossimo settembre, ho iniziato a rispolverare le mie fidate fotocamere analogiche (tra cui la sempre cara “Condorina“) e a far scorta di pellicole.
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The Rescued film project
Il Rescued Film Project è un archivio online di immagini da pellicole reperite ancora non sviluppate. Il lavoro è portato avanti con grande dedizione da un gruppo di volontari che raccoglie rotolini provenienti da tutto il mondo e da periodi che vanno dagli anni trenta fino alla fine del secolo scorso.
L’idea alla base di questo progetto è affascinante: ogni immagine “recuperata” è, in effetti, come se fosse appena nata. Per qualche motivo l’autore non l’ha mai vista sebbene l’abbia scattata. Sono momenti che non hanno mai fatto parte di album di famiglia o pubblicazioni, queste immagini non sono mai state stampate, incorniciate ed appese; sono rimaste latenti nel buio del rullino non sviluppato e solo oggi vengono alla luce.
Nel fascinoso video che ti propongo sotto, è raccontata l’esperienza di recupero di ben trentuno rullini esposti da un soldato della seconda guerra mondiale e mai sviluppati finora. Processare e poter vedere per la prima volta queste immagini è una sfida decisamente emozionate.
Buona visione.


La pellicola è un prodotto destinato a degradarsi col tempo. I ragazzi del Rescued Film Project sono decisi a salvare tutto il materiale possibile ed accettano supporto di ogni tipo.
Riconosci qualcuno nelle immagini? Qualche luogo? Vuoi fare una donazione al progetto? Scrivi a info@rescuedfilm.com o visita www.rescuedfilm.com

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Lab-Box by ars-imagoChi l’avrebbe mai detto che un giorno il sogno avrebbe potuto avverarsi e permettere a chiunque di divertirsi con la pellicola in un modo così semplice. Grazie all’iniziativa di ars-imago, ragazzi italiani appassionati di fotografia analogica con tanto di negozio fisico a Roma, la pellicola potrebbe vedere davvero una nuova giovinezza e non rimanere un pur promettente settore di nicchia.
La loro idea è la Lab-Box, un progetto su Kickstarter che propone la possibilità di sviluppare autonomamente i rullini senza bisogno di chiudersi in una vera camera oscura.
Come funziona? Semplice: la Lab-Box è una scatola progettata per accogliere la pellicola esposta e processarla con il metodo di sviluppo che si vuole. E’ possibile sviluppare rullini 35mm o 120 usando la normale sequenza di reagenti, oppure un processo a bagno unico (Monobath), o anche sistemi più esotici come il Caffenol.
Tutta la lavorazione avviene nel contenitore a tenuta stagna e luce, che diviene quindi una vera e propria microcamera oscura portatile che può essere usata ovunque. Il risultato è un negativo normalmente sviluppato e pronto per essere scansionato o stampato alla vecchia maniera.
Non è una cosa fantastica?
Beh, per me sì! Ho infatti appena sottoscritto la mia quota per avere una delle prime Lab-Box che, se la campagna Kickstarter si completerà con successo, arriveranno verso settembre.

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 Giant Air Force Camera Kodak K-24 US Air Force Camera with Aero-Ektar f2.5, 178 mm, 5x5 lens
Oggi abbiamo fantastiche fotocamere ad altissima risoluzione sempre in tasca, oggetti in grado di scattare immagini di gran qualità e metterle subito a disposizione del mondo. È tecnologia che fino a pochi anni fa sarebbe sembrata roba da fantascienza.
E basta guardare la foto sopra per rendersi ancor più conto degli enormi passi da gigante fatti. Nell’immagine puoi vedere un robusto ragazzone che sostiene ciò che un tempo era considerato un gioiello di tecnologia militare di livello assoluto: una Kodak K-24, apparecchio che l’Air Force americana usava per realizzare immagini aerofotografiche da alte quote. La macchina era dotata di un obiettivo Aero-Ektar da 178mm con apertura F/2.5 e consentiva rilevazioni tattiche utili ai bombardamenti.
Sicuramente era un oggetto in grado di realizzare immagini dettagliatissime, forse di gran qualità anche per gli standard attuali, ma sarei pronto a scommettere che l’aviere immortalato (o forse anche l’intera Air Force) avrebbe fatto volentieri il cambio con molte delle fotocamere acquistabili oggi, magari anche con qualche odierna leggera compattina di alta gamma…
🙂

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Worldwide pinhole photo daySi avvicina la data della Giornata Mondiale della Fotografia a Foro Stenopeico che quest’anno sarà Domenica 24 Aprile. Si tratta di un evento internazionale creato per promuovere e celebrare l’arte della fotografia pinhole, la tecnica che non prevede uso di lenti ed obiettivi e tende ad usare come macchine fotografiche scatole e barattoli.
Lo spirito è di invitare tutti gli appassionati di Fotografia ad uscire un momento dall’universo sempre più tecnologico nel quale viviamo e partecipare creando immagini con la macchina più semplice che esiste: quella a foro stenopeico.
Costruirsi una fotocamera pinhole non è difficile e con essa si entra in una dimensione molto diversa dal solito, un’esperienza che parte proprio dalla creazione della macchina stessa: una scatola con un piccolo foro e del materiale fotosensibile all’interno; nient’altro.
Puoi trovare tutte le informazioni sul sito Worldwide Pinhole Photography Day dove è possibile cercare anche tra eventi che si terranno in Italia. Al momento sono disponibili workshop gratuiti a Milano, Roma, Perugia, Cuneo, Sarzana e Cagliari ma invito eventuali altri organizzatori a farsi avanti così posso citarli qui.
Io sicuramente il prossimo 24 aprile farò qualche scatto con la mia Pinolaroid, una pinhole istantanea che ho costruito unendo un dorso Polaroid ad una scatola in legno con un foro stenopeico fatto con l’alluminio di una lattina. È un piccolo oggetto magico, capace di fare foto strane e particolari. Ne parlai tempo fa in questo post e tutt’ora mi ci sto divertendo.
Partecipi anche tu al WPPD?

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Breaking badCome tutti i “vecchi” appassionati di fotografia, anch’io vanto le mie piccole esperienze di sviluppo e stampa “fai-da-te”. Ricordo con un misto di divertimento e nostalgia le serate chiuso in un bagno buio fetido di acidi da sviluppo, trasformato in una camera oscura in cui l’ingranditore era fatto in casa e la tank perdeva liquidi. Disastri e soddisfazioni alterne, gioie e dolori insomma.
La questione dei prodotti che servono per lo sviluppo del negativo, con le loro scadenze, i cattivi odori ed anche le attenzioni sullo smaltimento, sono sempre state tra gli aspetti più scomodi di tutta la faccenda e spesso causa di perplessità nel proseguire queste esperienze. L’idea di usare sostanze diverse mi ha sempre intrigato e, fin dai tempi del primo articolo che molti anni fa mi capitò di leggere sullo sviluppo con la caffeina, più volte ho pensato di provarci senza però mai decidermi.
Adesso ho trovato la soluzione: scrivo sul blog che lo faccio… così poi devo farlo sul serio 🙂
Dunque ecco il processo che penso di seguire: è un mix di tutorial che ho trovato in rete, che spiegano come sviluppare i negativi usando caffè solubile, soda e vitamina C.
Questo tipo di processo è chiamato “Caffenol C” proprio per la presenza dell’acido ascorbico (o vitamina C), esistono infatti varianti che usano anche altre componenti come il sale iodato (Caffenol C-M) o il bromuro di potassio (Caffenol C-L).

Come si procede:

Servono 20g di Caffè solubile non decaffeinato (altrimenti non c’è la caffeina e non funziona niente 🙂 )
8g di Soda Solvay (carbonato di sodio anidro)
5g di Acido Ascorbico (vitamina C)

Si scioglie il caffè solubile in 250ml di acqua distillata, in altri 250ml si scioglie la soda, aggiungendo poi la vitamina C. Si uniscono poi le due soluzioni, mescolando bene. Si lascia riposare alcuni minuti e si procede allo sviluppo senza aspettare troppo altrimenti il composto si deteriora.
Dopo aver inserito il negativo nella tank si fanno i primi 30 secondi facendo continue inversioni, colpetti e riposi, poi tre inversioni ogni minuto successivo.
Si arresta lo sviluppo con tre cicli di lavaggio con semplice acqua di rubinetto e qualche inversione.
Si fissa con un qualsiasi prodotto di fissaggio lasciando per circa sei minuti.
Un ultimo bel lavaggio con acqua distillata e imbibente completerà le operazioni, non resterà che aprire la tank recuperare la pellicola, metterla ad asciugare e… Pregare.

🙂

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“Il prodotto chimico più complesso al mondo”, così Stephen Herchen, responsabile tecnico dell’impianto, ha definito le pellicole istantanee che Impossible Project ha ricominciato a produrre sette anni fa, dopo la decisione di Polaroid di cessare la produzione e vendere lo stabilimento mantenendo però segreta la formula per la preparazione dell’emulsione.
Le videocamere di Highsnobiety sono entrate nella fabbrica di Enschede, in Olanda, per mostrarci il luogo dove i tecnici di Impossible hanno in pratica ricostruito quasi da zero il processo di realizzazione delle mitiche pellicole quadrate dal bordo bianco, tanto care ai possessori di apparecchi Polaroid altrimenti inutilizzabili, come l’intera serie SX-70.
Si può dire che il progetto Impossible abbia raggiunto i suoi primi obiettivi: riportare sul mercato il formato Polaroid, permettendo l’uso di milioni di fotocamere ancora funzionanti ed incuriosire una nuova generazione di appassionati, avvicinandoli a questo genere di fotografia.
Pare che tra i progetti futuri di questa impresa ci sia anche quello di produrre una propria macchina fotografica istantanea. Staremo a vedere, intanto non resta che dire “bravi”.
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[Fonte: Highsnobiety]

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A 43 anni dalla foto che gli fece riconoscere il premio Pulitzer, il fotografo Nick Ut è tornato nel luogo in cui realizzò la drammatica immagine della piccola Kim Phùc, la bambina che fugge nuda con il corpo coperto di ustioni provocate da un bombardamento al napalm. E’ una foto di cui ho già parlato altre volte, raccontando anche la storia della protagonista. Un’immagine assoluta che con la sua crudezza scosse nel profondo gli animi del popolo americano non abituato ad immagini così violente, e sicuramente contribuì a rinforzare le convinzioni sull’assurdità della guerra in Vietnam e determinarne la fine. Ut è ancora un fotografo in attività e collabora sempre con Associated Press, la stessa agenzia per cui lavorava a quel tempo. Tornando a Trang Bang è anche riuscito a contattare una persona presente nella famosa fotografia: si tratta di Ho Van Bon, il cugino di Kim Phùc, che nell’immagine è il piccolo per mano alla bambina. Nick Ut oggi dice di preferire la semplicità di un Iphone alle complicazioni della pellicola, nel video lo si vede mentre carica “al volo” le sue immagini su Instagram. Parlando proprio degli istanti di quel drammatico scatto, fa notare che il suo collega fotogiornalista militare David Burnett, presente nella destra della foto, non riuscì a fare niente perché impegnato a caricare un nuovo rullino nella sua fotocamera. “A quei tempi dovevi tornare fino a Saigon e sviluppare la pellicola” dice Ut. Di certo non ha alcuna nostalgia per i vecchi tempi, e c’è da capirlo…

 

Nick Ut

© Copyright 1972 Nick Ut / The Associated Press


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[Fonte: American Photo Magazine]

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