Immagina se Daguerre o Talbot avessero subito inventato la fotografia a colori. Cosa sarebbe successo senza decenni di immagini monocromatiche?
C’è chi pensa che, se così fosse stato, il bianco e nero non avrebbe mai fatto la sua comparsa e ce lo saremmo perso.
Invece, per lungo tempo, i fotografi hanno maturato la loro sensibilià confrontandosi con una delle limitazioni più affascinanti della fotografia. Una limitazione che, insieme ad altre tipiche di questo media, come la profondità di campo, il tempo di esposizione, l’escursione tonale o la stessa inquadratura, rappresenta in realtà una grande ricchezza.
Il bianco e nero, non solo è stato una tappa fondamentale per gli artisti delle immagini, ma è tutt’ora vivo e vegeto.
Lo è così tanto che oggi siamo ad un curioso paradosso: in digitale scattiamo tutte le nostre foto a colori (i sensori sono costruiti per lavorare sempre a colori) e poi usiamo tecniche digitali, elaborate a bordo della macchina o in postproduzone, per trasformarle in un bianco e nero più simile possibile a quello che si faceva, meravigliosamente, con la pellicola monocromatica…
Insomma: la tecnologia che lavora alla ricerca di un perfetto passo indietro, per ritrovare un limite da tempo superato.
A volte il progresso è difficilmente distinguibile dal regresso.
dal titolo pensavo volessi raccontare della pericolosità del camminare all’indietro per ampliare l’inquadratura in prossimità di burroni o moli portuali…
Beh, guarda che mica hai pensato sbagliato…. 😀 In effetti la foto che ho usato per il post è stata fatta in un luogo molto pericoloso da questo punto di vista, dove ogni passo (specie quelli all’indietro) doveva essere fatto con molta circospezione 🙂
Beh, in questo caso credo debba considerarsi una buona cosa! 🙂