In passato ho già avuto modo di esprimere la mia opinione sul rapporto tra immagini e parole, e di come la fotografia possa essere resa straordinaria quando associata al giusto titolo o testo.
E così ieri ho gioito assistendo alla nascita di un piccolo capolavoro, realizzato più o meno consapevolmente a quattro mani da due amici che hanno partecipato alla “passeggiata fotografica analogica” di qualche tempo fa a Firenze.
Il ritratto sopra è stato realizzato e postato su Flickr da Fulvio Petri (Sharkoman).
Poco dopo la pubblicazione, la foto è stata commentata dallo stesso soggetto protagonista dello scatto Martino Meli (m|art) con parole che in questo caso sono come un completamento dell’opera e che, secondo me, si fondono meravigliosamente con l’immagine.
Un bellissimo ed appassionato omaggio al mondo della pellicola, che ti invito a leggere.
“La tecnologia è al servizio dell’uomo per semplificargli la vita e aiutarlo in ogni azione quotidiana; tuttavia esistono piccole zone di confine in cui non necessariamente il progresso giustifica la scelta dello strumento…
Per me la condivisione di ricordi e momenti gioiosi passati, non può che essere mediata da uno strumento che dà risultati tangibili (la foto stampata) e forse un po’ sporchi. La fotografia analogica poiché è la più imperfetta (dunque la più umana tecnica di fermare il tempo) è il mezzo indiscusso per catturare ricordi… Come è possibile spiegare (e giustificare) la necessità di inventare texture e falsi pelucchi nell’era del digitale? Perché oggi si sente il bisogno di ritrovare quel calore che manca ad una foto digitale? Si potrebbe dire che il ricordo è imperfetto come l’essere umano, e la pellicola cattura l’immagine respirando la stessa aria, lo stesso pulviscolo e la stessa atmosfera di chi vive l’attimo salvato.” (Martino Meli)