Quando nel post di un paio di giorni fa raccontavo l’aneddoto di un ragazzino che mi chiedeva di vedere le foto che avevo appena fatto con una macchina analogica non volevo assolutamente sottolineare il fatto che si è voltato andandosene in modo un po’ maleducato, senza aspettare una mia spiegazione.
Probabilmente io alla sua età avrei fatto in modo simile, non è certo una cosa grave e sopratutto non è questo il punto.
Quello che mi ha colpito dell’accaduto è stato che il ragazzino non solo aveva dato per scontato che io stessi scattando con una macchina digitale, ma che in pratica nel suo mondo le macchine a pellicola non esistono.
E c’è poco da meravigliarsi. In effetti per i nati in questo secolo la fotografia è solo digitale, è naturale.
Fotocamere compatte, telefonini, webcam e tutto il resto, il mondo dell’immagine analogica è ormai un ricordo ed è spesso riservato a chi ha qualche anno in più.
Alla fine la mia è solo una constatazione. Non c’è tristezza o nostalgia, personalmente trovo che il digitale sia un grande passo avanti che, nel mio caso, ha riacceso l’interesse per una vecchia passione.
Ma è anche importante non dimenticare quello che la fotografia analogica ha svelato ed insegnato, saperlo considerare e valorizzare senza che un “voltar pagina” voglia dire perdere tutte le meravigliose pagine precedenti…
Rispetto ed ammiro tutti coloro che continuano a scattare analogico. E’ anche grazie a loro che si potrà sempre “newtonianamente” attingere alle espereienze del passato per capire ed imparare a sfruttare al meglio gli strumenti del presente e, chissà, anche quelli del futuro.
Caro Pega, anch’ ho cominciato con l’analogico e ho continuato con il digitale. Devo dire comunque che il fatto di stampare da sè le foto faceva molta selezione, nel senso che continuava a fotografare solo chi aveve vera passione. Chi non l’aveva lasciava perdere, per fortuna.
La pellicola aveva un costo: uno ci pensava dieci volte prima di fare uno scatto. E siccome la carta costava e per ottenere una buona stampa ne dovevi buttare parecchia, eri sempre costretto a scegliere le immagini migliori. Tutto ciò portava ad una continua analisi del tuo lavoro e quindi a migliorarlo.
Quello che rimprovero al digitale è appunto la sua facilità, è ottenere subito tutte le immagini che vuoi senza saperle leggere.
Si Salvatore.
Il digitale ha cambiato le regole, ora il gioco ha dinamiche ed anche valori diversi. E non si torna indietro.
Quella del poter “ottenere subito” era però una caratteristica che, sebbene con regole diverse, anche ai tempi dell’analogico esisteva.
Ansel Adams sfornò dei capolavori con la Polaroid.
Oggi sta a noi rielaborare i “valori” e riattualizzarli.
E’ un bellissimo argomento.
Grazie del contributo.
Certamente. Nemmeno io tornerei indietro. Il mio discorso si riferisce al neofita: credo che l’analogico (anche per le sue caratteristche artigianali) abbia avuto delle qualità didattiche maggiori rispetto al digitale.
Grazie per farmi riflettere.