Cantieri navali di Amburgo, anno 1936. Un Uomo rimase fermo mentre tutti tendevano il braccio nel saluto nazista ad Hitler che presenziava al varo di una nave. Quell’Uomo si chiamava August Landmesser.
August pagò caro questo suo gesto, questa manifestazione di dissenso ed aperta protesta contro il regime. Dopo un immediato processo lo condannarono secondo le leggi razziali ed oltre a chiuderlo in prigione resero nullo il suo matrimonio, dissolvendo così la sua famiglia e definendolo infine “elemento che disonora la razza”.
E’ la Fotografia di un Uomo solo, disperato ma determinato, un istante che cambiò drammaticamente la vita di questa Persona decretando l’inizio di un calvario che lo portò fino alla morte.
Un istante che però, grazie alla fotocamera, è rimasto fissato per sempre e non lo ha fatto cadere nell’oblio ma anzi lo ha reso un esempio.
La Fotografia in questo caso si è dimostrata strumento di condanna ma anche di giustizia e memoria. E’ anche attraverso di essa che Landmesser è probabilmente stato accusato e punito ma poi è proprio grazie alla potenza del mezzo visivo che il suo gesto è stato messo a disposizione, in tutta la sua importanza, delle generazioni che sono venute e che verranno.
13 Giugno 1936, cantieri navali di Amburgo. Un Uomo rimane fermo mentre tutti gli altri tendono il braccio nel saluto nazista ad Hitler che assiste al varo di una nave. L’Uomo si chiama August Landmesser.
August pagherà caro questo suo gesto, questa manifestazione di dissenso ed aperta protesta contro un regime che lo sta per processare e condannare. Le leggi razziali appena varate lo faranno imprigionare, renderanno nullo il suo matrimonio dissolvendo la sua famiglia e definendolo “elemento che disonora la razza”.
E’ la Fotografia di un Uomo solo, disperato ma determinato, un istante che cambiò drammaticamente la vita di questa Persona decretando l’inizio di un calvario che lo portò fino alla morte.
Un istante che però, grazie alla fotocamera, è rimasto fissato per sempre e non lo ha fatto cadere nell’oblio rendendolo, anzi, un esempio.
La Fotografia in questo caso si è dimostrata strumento di condanna ma anche di giustizia e memoria. E’ anche attraverso di essa che Landmesser è probabilmente stato accusato e punito ma poi è proprio grazie alla potenza del mezzo visivo che il suo gesto è stato messo a disposizione, in tutta la sua importanza, delle generazioni che sono venute e che verranno.
Gerda Taro ritratta da Robert Capa è il cortocircuito fotografico che ti propongo oggi; una fotografa a lungo dimenticata che, nonostante sia considerata la prima fotogiornalista donna a seguire un fronte di guerra, per oltre cinquant’anni è rimasta oscurata dalla fama del suo compagno: quel Robert Capa protagonista del precedente cortocircuito.
L’impegno sociale e politico di Gerda è breve ed intenso come la sua vita, oltre che emblematico di ciò che è stata la storia europea degli anni trenta.
Ebrea polacca cresciuta nella Germania pre-hitleriana ed esule in Francia, dimostra fin da giovanissima carattere e visione non comuni per il suo tempo, studia fotografia e vive interessi e relazioni sentimentali molteplici. Il suo spirito contrario ad antisemitismo e nazifascismo, si realizza nel 1937 con la partecipazione alle fasi della resistenza Spagnola, dove fotografa il fronte insieme al suo compagno Robert Capa. È qui che questa donna, così emancipata e da qualcuno definita come “troppo avanti” per la sua epoca, trova però la sua precoce e tragica fine: schiacciata da un carro armato in ritirata.
Capa, sconvolto, pubblica subito un libro di fotografie della guerra civile Spagnola intitolato Death in the Making in cui ci sono scatti suoi e di Gerda, ma in molti degli articoli che appaiono sui giornali è omesso il nome della Taro. È così che inizia per Gerda una fase di oblio, almeno in occidente, dove addirittura alcune sue foto vengono attribuite a Robert Capa. Oltre cortina invece, nella Repubblica Democratica Tedesca, Gerda Taro viene sfruttata dalla propaganda come figura eroica, simbolo della resistenza comunista contro il fascismo.
È solo con la biografia su Robert Capa, scritta negli anni ottanta da Richard Whelan, che il nome di Gerda Taro torna ad avere la sua giusta importanza, anche grazie ad un accurato studio degli archivi del fotografo ungherese.
Gerda è sepolta a Parigi, al Père Lachaise, sotto ad un omaggio scultoreo di Alberto Giacometti.
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