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Capa D-Day

A volte sei deluso dalle tue foto? Non ti soddisfano? Mai capitato che una serie di scatti che pensavi riusciti, si sia rivelata una delusione, magari per qualche stupida ragione tecnica? Brutta cosa eh?
Beh, la prossima volta che scopri che le tue foto non sono venute bene perché qualcosa è andato storto, pensa a Robert Capa.
Il 6 giugno del 1944, giorno dello sbarco in Normandia, Capa era fra i soldati che arrancavano tra le pallottole dei tedeschi. Sbarcò con le truppe e sfidò seriamente la morte per arrivare fin sulla spiaggia. Era già stato in zone di guerra, con Gerda Taro aveva vissuto la prima linea della guerra civile spagnola dove aveva scattato la controversa foto del miliziano colpito a morte, ma in Normandia era diverso, molto diverso. Una carneficina oltre ogni immaginazione.
Riuscì ad arrivare all’asciutto e, dietro un piccolo riparo, iniziò a fotografare. Scattò tre rullini nell’infuriare della battaglia: 106 immagini. Poi strisciò indietro tra i cadaveri e riuscì a risalire su un mezzo da sbarco che tornava verso la nave.
Cosa successe dopo? Pare che il tecnico della camera oscura, forse troppo ansioso di vedere le immagini dello sbarco, abbia sbagliato il bagno di sviluppo distruggendo gran parte di quel prezioso lavoro. Solo 10 immagini sopravvissero, e nemmeno queste possono essere considerate buone, vista la mediocre qualità ottenuta. C’è chi sostiene che il tecnico fosse innocente ed il problema causato in realtà da acqua di mare entrata nella fotocamera. Fa poca differenza.
Comunque sia andata, Capa resta una figura unica e per molti aspetti controversa nella storia della fotografia. Definì quelle immagini come “leggermente fuori fuoco” (slightly out of focus) e queste parole divennero il titolo di uno dei suoi più importanti libri fotografici, il documento del suo lavoro durante tutto l’arco della seconda guerra mondiale.

Pensaci la prossima volta che “qualcosa va storto”.
🙂

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Capa @ MNAFIn occasione del centenario della nascita di Robert Capa, arriva a Firenze una mostra che andrò sicuramente a visitare.
“La guerra di Robert Capa” è stata inaugurata al Museo Alinari dopo il successo di Roma ed è tutta dedicata al grande fotografo ungherese padre del fotogiornalismo di guerra, in particolare alle immagini che Capa realizzò in Italia durante lo sbarco delle forze alleate.
Gli spazi espositivi del MNAF ospitano 78 scatti che raccontano in bianco e nero l’epilogo del secondo conflitto mondiale nel nostro paese, in cui si vede distruzione e disperazione ma anche umanità e speranza. Un epilogo visto con gli occhi di un fotografo che raccontò la tragedia della guerra come nessuno prima di lui.
La mostra è curata da Beatrix Lengyel, è organizzata in collaborazione col Museo nazionale ungherese di Budapest e sarà visitabile fino al 24 febbraio.
Imperdibile. Chi viene?

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Capa D-Day

Ti è mai capitato che le tue foto non ti soddisfino guardandole dopo esser tornato a casa? Che una serie di scatti che pensavi riusciti, si sia rivelata una delusione, magari per qualche stupida ragione tecnica? È stata un’esperienza negativa?
Beh, la prossima volta che scopri che le tue foto non sono venute bene perché qualcosa é andato storto, pensa a Robert Capa.
Il 6 giugno del 1944, giorno dello sbarco degli Alleati in Normandia, il fotografo era fra i soldati che arrancavano tra le pallottole dei tedeschi. Capa sbarcò con le truppe e sfidò seriamente la morte per arrivare sulla spiaggia. Era già stato in zone di guerra, con Gerda Taro aveva vissuto la prima linea della guerra civile spagnola dove aveva scattato la controversa foto del miliziano colpito a morte, ma in Normandia era diverso, molto diverso. Una carneficina oltre ogni immaginazione.
Riuscì ad arrivare all’asciutto e dietro un piccolo riparo iniziò a fotografare. Scattò tre rullini nell’infuriare della battaglia: 106 immagini. Poi strisciò indietro tra i cadaveri e riuscì a risalire su un mezzo da sbarco che tornava verso la nave.
Cosa successe dopo? Il tecnico della camera oscura, forse troppo ansioso di vedere le immagini dello sbarco, sbagliò il bagno di sviluppo e distrusse gran parte di quel prezioso lavoro. Solo 10 immagini sopravvissero, e nemmeno queste possono essere considerate buone, vista la mediocre qualità addebitata allo stesso errore. C’è anche chi sostiene che il tecnico fosse innocente ed il problema causato in realtà da acqua di mare entrata nella fotocamera.
Comunque sia andata, Capa resta una figura unica e per molti aspetti controversa nella storia della fotografia. Definì quelle immagini come “leggermente fuori fuoco” (slightly out of focus) e queste parole divennero il titolo di uno dei suoi più importanti libri fotografici, il documento del suo lavoro durante tutto l’arco della seconda guerra mondiale.

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Gerda_Taro

Gerda Taro by Robert Capa 1937

Gerda Taro ritratta da Robert Capa è il cortocircuito fotografico che ti propongo oggi; una fotografa a lungo dimenticata che, nonostante sia considerata la prima fotogiornalista donna a seguire un fronte di guerra, per oltre cinquant’anni è rimasta oscurata dalla fama del suo compagno: quel Robert Capa protagonista del precedente cortocircuito.
L’impegno sociale e politico di Gerda è breve ed intenso come la sua vita, oltre che emblematico di ciò che è stata la storia europea degli anni trenta.
Ebrea polacca cresciuta nella Germania pre-hitleriana ed esule in Francia, dimostra fin da giovanissima carattere e visione non comuni per il suo tempo, studia fotografia e vive interessi e relazioni sentimentali molteplici. Il suo spirito contrario ad antisemitismo e nazifascismo, si realizza nel 1937 con la partecipazione alle fasi della resistenza Spagnola, dove fotografa il fronte insieme al suo compagno Robert Capa. È qui che questa donna, così emancipata e da qualcuno definita come “troppo avanti” per la sua epoca, trova però la sua precoce e tragica fine: schiacciata da un carro armato in ritirata.
Capa, sconvolto, pubblica subito un libro di fotografie della guerra civile Spagnola intitolato Death in the Making in cui ci sono scatti suoi e di Gerda, ma in molti degli articoli che appaiono sui giornali è omesso il nome della Taro. È così che inizia per Gerda una fase di oblio, almeno in occidente, dove addirittura alcune sue foto vengono attribuite a Robert Capa. Oltre cortina invece, nella Repubblica Democratica Tedesca, Gerda Taro viene sfruttata dalla propaganda come figura eroica, simbolo della resistenza comunista contro il fascismo.
È solo con la biografia su Robert Capa, scritta negli anni ottanta da Richard Whelan, che il nome di Gerda Taro torna ad avere la sua giusta importanza, anche grazie ad un accurato studio degli archivi del fotografo ungherese.

Gerda è sepolta a Parigi, al Père Lachaise, sotto ad un omaggio scultoreo di Alberto Giacometti.
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I precedenti cortocircuiti fotografici:

#1: Eugene Atget fotografato da Berenice Abbott
#2: Berenice Abbott fotografata da Hank O’Neal
#3: Edward Weston fotografato da Tina Modotti
#4: Tina Modotti fotografata da Edward Weston
#5: Alfred Stieglitz fotografato da Gertrude Käsebier
#6: Steve McCurry fotografato da Tim Mantoani
#7: Robert Capa fotografato da Gerda Taro

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Capa

Un nuovo appuntamento con un fotografo fotografato. È la volta di un altro grande nome, quello di Robert Capa, ritratto nel 1937 durante la guerra civile spagnola dalla sua compagna e collega Gerda Taro.
È uno scatto emblematico, che rappresenta molto bene lo spirito di questo importante personaggio, da molti considerato il primo vero fotoreporter di guerra.
Capa non era un tipo da compromessi: dopo le esperienze sul campo in Spagna (1937) ed in Cina, dove nel 1938 documentò la resistenza contro i giapponesi, visse gli orrori della seconda guerra mondiale partecipando in prima persona allo sbarco in Normandia, lanciandosi col paracadute insieme ad un gruppo di assaltatori per fotografare da vicino la fase di attraversamento del Reno.
Insieme a Cartier-Bresson fondò l’agenzia Magnum ma continuò sempre a seguire da vicino guerre e conflitti rischiando moltissimo a fianco dei soldati, fin quando nel 1954, a quarant’anni, saltò su una mina durante una missione al seguito dei francesi nella prima guerra di Indocina.
Robert Capa è stato un punto di riferimento per intere generazioni di fotoreporter ed il cortocircuito che rappresenta questo suo ritratto realizzato da Gerda Taro è particolarmente significativo e drammatico dato che Gerda morì poco dopo, schiacciata da un carro armato spagnolo in ritirata. Per Robert fu un evento tragico ed improvviso che probabilmente lo segnò per sempre, portandolo a seguire ciò che più odiava: la guerra.

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I precedenti cortocircuiti fotografici:

#1: Eugene Atget fotografato da Berenice Abbott
#2: Berenice Abbott fotografata da Hank O’Neal
#3: Edward Weston fotografato da Tina Modotti
#4: Tina Modotti fotografata da Edward Weston
#5: Alfred Stieglitz fotografato da Gertrude Käsebier
#6: Steve McCurry fotografato da Tim Mantoani

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R.E.M. phase - © Copyright 2009 Pega

Avvicinati al tuo soggetto, avvicinati ancora di più…
Non parlo di usare lo zoom. Avvicinati con i piedi… entra quasi a contatto con chi o cosa stai fotografando…

A volte è solo quando riesci a creare questa “intimità fotografica” che realizzi come davvero poter inquadrare e comporre la foto, e lo scatto viene fuori.
Ed è quasi come se nella foto potessero entrare anche elementi diversi… come l’odore o il respiro… 

Una volta Robert Capa ha detto : “Se le tue foto non sono abbastanza buone è perchè non sei abbastanza vicino“.

Aveva ragione da vendere.

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