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Archive for the ‘People’ Category

NytSei in cerca di qualche opportunità? Ti piacerebbe un bel ruolo in cui dimostrare tutto il tuo potenziale?
Se sei davvero in gamba potresti finire di leggere questo post e precipitarti subito ad inserire la tua candidatura. Dove? Al New York Times.
Sì, uno dei più importanti quotidiani al mondo ha delle posizioni aperte, in particolare quella di Photo Director.
Beh, trattandosi di uno dei ruoli più prestigiosi al mondo, si presume che la selezione sia un pochino competitiva ed attestata su livelli alti ma, ogni caso, l’offerta di lavoro sembra proprio aperta a tutti quindi… perché non provarci?
Puoi trovare qui l’annuncio completo di tutti i dettagli.
Buona fortuna!

🙂 🙂 🙂

P.s. Comunque vada, sarà molto interessante vedere su chi cadrà la scelta.

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Cowgirl by Pega

Cowgirl – © Copyright 2011, Pega

Eccolo, semplice e fascinoso come una domenica di sole, il tema per questo weekend assignment arriva insieme all’ora legale ed è: la primavera.
Ti dico subito che, a mio parere, non è una missione facile. La banalità è in agguato ed il rischio di cadere in foto poco significative è concreto, ma è al pari di tanti altri assignment affrontati finora.
La primavera non è solo una stagione, è un concetto, un emblema, uno stato d’animo. Prova a catturarne l’essenza, cerca un’immagine che possa rappresentarla, è un tema dove ci possiamo sbizzarrire senza troppi indugi o difficoltà tecniche.
Che piova o ci sia il sole, in questo fine settimana dedica qualche tuo scatto alla primavera e poi, se vuoi, condividi qui la tua foto.

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Clicca qui per visualizzare l’elenco di tutti i Weekend Assignment precedentemente proposti.

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© Copyright Shinichi Maruyama


Shinichi Maruyama crea le sue affascinanti immagini semplicemente usando le mani e dell’acqua. E’ un artista a metà tra lo scultore ed il fotografo. A volte all’acqua aggiunge dei coloranti e grazie a tecniche di ripresa ad alta velocità fissa le sue opere catturandole in meravigliose immagini prima che si riversino per sempre sul pavimento del suo studio.
Sono forme quasi imprevedibili, che esistono solo per una frazione di secondo e su cui Maruyama lavora con la sapienza di un maestro Zen, ma anche con quella tipica consapevolezza di chi sa di non poter totalmente controllare ciò che verrà fissato nella fotografia.
Il video qui sotto è qualcosa da non perdere e fa venire una gran voglia di provarci…
Per realizzare le sequenze in movimento serve una videocamera ad alta velocità ma per le foto basta un normale flash.
Io ci ho provato, senza molto successo devo confessare… in compenso il mio pavimento ha ricevuto una sana lavata 🙂
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Hai mai pensato di partecipare ad un workshop sul ritratto fotografico in studio?
C’è sempre da imparare dai professionisti ed oggi ti propongo qualcosa di impegnativo: un video integrale di ben due ore realizzato dal fotografo Nick Fancher durante una sua lezione live.
È tempo ben speso se ti interessano le tecniche di illuminazione e tutte le varie considerazioni su come impostare e gestire al meglio una sessione in studio.
Buona visione!
https://m.youtube.com/watch?time_continue=13&v=7Eoy7or7Pdk

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È ora di andar(sene) – Copyright 2013, Pega

”Ogni stagione è buona per partire” diceva mia nonna. Beh, lei si riferiva ad un tipo di dipartita che non necessita di valigie, mentre per il tema fotografico del fine settimana io mi riferisco a quei bagagli che, in genere, accompagnano chi viaggia o comunque si sposta.
È su questo soggetto che ti invito a sperimentare in questo weekend per il tradizionale assignment. Puoi scorgere ovunque gente che si muove con qualche tipo di bagaglio: stazioni, fermate del bus, garage di casa, ma basta anche un bambino che va a scuola o una persona che fa la spesa, del resto quasi tutto ciò che portiamo con noi può essere considerato un “bagaglio”.
L’invito poi è come al solito a condividere qui qualche tuo scatto su questo tema.
Buon divertimento e buon weekend!

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Super Group !

Amo le foto di gruppo. È un genere spesso sottovalutato, considerato banale, quasi sempre visto dai fotografi solo un male necessario. Eppure può essere un tipo di fotografia fantastica, in cui con uno scatto si può sintetizzare l’intera umanità.
Oggi ti ripropongo quella che considero tra le foto di gruppo più spettacolari mai realizzate. La scattò nel 2010 Mark Pain, fotografo del Mail on Sunday che si trovava sul green della Ryder Cup.
La pallina, malamente colpita da Tiger Woods, finì direttamente sulla macchina fotografica di Pain, proprio mentre stava scattando. Un tiro pessimo ma un’immagine straordinaria.
A parte l’aneddoto sportivo del tiro sbagliato (che per inciso non influì sulla vittoria di Woods) trovo che si tratti di una foto semplicemente fantastica, uno scatto che personalmente considero una foto di gruppo perfetta.
Guardala in grande, prova a studiarne i particolari, nota come si riescono a vedere le persone.
Il fotografo si trovava esattamente dove era focalizzata tutta l’attenzione dei presenti in un istante allo stesso tempo agonisticamente importante ma anche curioso ed incredibile. Un emblematico caso di “decisive moment“.
Osserva le espressioni! Nel gruppo sono presenti alcuni personaggi che, se isolati, varrebbero tranquillamente un ritratto a sé: uno per tutti il tipo sul lato destro con turbante e sigaro…
🙂

P.s. Se ci fai caso c’è anche un… periscopio :-O

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Japan TempleRicordo di quando un amico, anche lui appassionato di fotografia, mi raccontò di un suo viaggio in Giappone.
Mi descrisse l’arrivo, dopo qualche ora di viaggio, presso un bellissimo tempio nel nord della nazione. Un posto che “vale la pena” dicevano… Ma ci fu una sorpresa: all’interno era vietato fotografare.
Così, colmo di delusione, il mio amico in un primo momento rimase all’esterno con il suo zaino zeppo di attrezzatura a fare qualche scatto, dato che il divieto era addirittura esteso all’introdurre macchine fotografiche. Tutto andava lasciato fuori, senza alcun servizio di custodia.
Ma nei pressi dell’ingresso vide che erano “parcheggiate” molte attrezzature di fotografi giapponesi entrati senza apparenti preoccupazioni. C’erano treppiedi Manfrotto in carbonio, teste mozzafiato e macchine Nikon e Canon top di gamma con montati grossi e costosi obiettivi. Tutto intorno zaini fotografici pieni di roba, nessuno in giro, tutto quel ben di dio lì fuori incustodito, ad aspettare come un piccolo gruppo di cagnolini che attendono i padroni fuori dal supermercato.
Me la descrisse come una scena surreale dicendomi poi: “per un attimo ho pensato di essere nel paradiso dei fotografi, ma poi mi sono solo reso conto di essere nel paese più civile del mondo. Ho lasciato la mia roba insieme a tutto il resto e sono entrato nel tempio. Al mio ritorno, dopo più di un’ora, tutto era al suo posto. Vorrei tornarci solo per poter riprovare la sensazione di fiducia che avevo mentre ero dentro“.

Sarebbe bello che tutto ciò fosse possibile anche qui.

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Ne

Forse non ti metterai comodamente sul divano a vedere questo video che oggi voglio riproporti. Forse non lo farai perché sembrano tanti i cinquanta minuti che parlano della vita e del lavoro dei fotografi del National Geographic.
E invece vale tutto il tempo che richiede questo documento realizzato diversi anni fa e dedicato ad un gruppo di professionisti appassionati che ha avuto un ruolo così importante nella storia recente della fotografia.
Tu fai come preferisci, io me lo sono ri-gustato con calma e piacere, dopo averlo visto già qualche anno fa, cogliendo anche l’occasione per rifare un piccolo esperimento: annotarmi, via via, alcune parole chiave, keyword di sintesi dell’intero filmato.
Se non hai voglia di vedere il video puoi sempre accontentarti di queste.
Eccole qua: 🙂

Fascino romantico, difficoltà, rischi, pericolo, una vita pazzesca, malattie, malaria, burocrazia, rapine, violenza, affascinante, problemi, incidenti, insetti, schifo, jungla, scimmie, vermi che si infilano sotto la pelle, talento, arte, gusto, colore, ritratto, intimità, indiscrezione, ravvicinato, bellezza, orrore, abisso, squali, viaggio, tuffi, mare, savana, tenda, fango, erba, carcassa, ossa, cranio, amicizia, ricerca, natura, foresta pluviale, cultura, umanità, lavoro, vita, tragedia, mondo, facce, persone, mondo, globalizzazione, storia, sporco, civiltà, amore, povertà, tempo, gioia, sguardi… insomma: FOTOGRAFIA

Buona visione
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Robert Cornelius

Ed eccolo qua il primo autoritratto fotografico mai realizzato, il capostipite degli attuali selfie. Fu realizzato nell’Ottobre del 1839 da Robert Cornelius.
Robert era un esperto di chimica e metallurgia che lavorava al servizio di Joseph Saxton e Paul Beck Goddard, imprenditori americani del neonato ma promettente settore della fotografia.
Negli Stati Uniti si stava diffondendo il metodo inventato dal francese Daguerre ed importato oltreoceano da Samuel Morse (sì, proprio quello del codice telegrafico) ma uno dei maggiori limiti di questa nuova industria era la lentezza del processo. Il dagherrotipo infatti, oltre a richiedere una lunga e laboriosa preparazione della lastra aggiunta ad una serie di attente operazioni per lo sviluppo, necessitava anche di esposizioni lunghissime. Ciò limitava le possibilità di sfruttamento dell’idea a fini ritrattistici perché era davvero difficile far stare perfettamente immobili i soggetti per decine di minuti.
Per questo, come molti altri in contemporanea, i datori di lavoro di Cornelius stavano cercando una strada per abbreviare questi tempi, sfruttando tecniche meccaniche, fisiche e chimiche.
Fu così che durante una serie di esperimenti che combinavano una particolare tecnica di lucidatura della lastra con l’uso di un accelerante chimico, Cornelius decise di effettuare un autoritratto.
Tolse il tappo all’obiettivo e si piazzò davanti alla fotocamera per poco più di un minuto.
Il risultato non fu niente male visto il brevissimo tempo di esposizione utilizzato e così la sua tecnica fu perfezionata e contribuì significativamente allo sviluppo del settore.

Ma, oltre a questo contributo tecnologico, ciò che forse più conta è che questo fu il primo autoritratto della storia della fotografia, il primo “selfie”.
E’ un’immagine in cui appare  un giovane un po’ scapigliato ma molto attento e concentrato sul suo lavoro. Alcuni studiosi considerano questa lastra addirittura come il primo vero ritratto ravvicinato di una persona eseguito con una tecnica fotografica.
Il “self” di Robert Cornelius fa parte dell’archivio Daguerreotype collection della Library of Congress, consultabile anche online.

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Harvey Keitel

Nel film Smoke, una pellicola che forse ha presente chi apprezza il cinema indipendente anni novanta, c’è Auggie il protagonista interpretato da Harvey Keitel, cha una curiosa passione: ogni mattina alle otto precise esce dalla sua tabaccheria, piazza la macchina sul treppiede e fotografa sempre lo stesso scorcio di Brooklyn.
Auggie esegue questa semplice operazione con costanza per anni, estate o inverno, con la pioggia o il sole, conservando e catalogando le foto in album che conserva. Raccolte di scatti apparentemente banali ma che con il tempo divengono una sorta di opera d’arte.

Rivedendo quelle scene ho pensato a quanto valore possano avere la costanza e la perseveranza in fotografia.
Un singolo scatto realizzato sul marciapiede di un incrocio di una grande città può non avere un gran senso se preso da solo ma un lavoro come quello descritto nel film Smoke assume un valore.
È il valore dell’impegno e della passione che il fotografo può iniettare in quella che a prima vista potrebbe sembrare una sequenza di scatti simili. È l’ingrediente della sua quotidiana presenza fisica ma anche quella seppur piccola, appena palpabile, dose di interazione con l’ambiente e le persone immortalate.

È il valore di ciò che gli anglosassoni chiamano commitment e che non di rado caratterizza la produzione di molti artisti.

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