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Posts Tagged ‘giappone’

Japan TempleRicordo di quando un amico, anche lui appassionato di fotografia, mi raccontò di un suo viaggio in Giappone.
Mi descrisse l’arrivo, dopo qualche ora di viaggio, presso un bellissimo tempio nel nord della nazione. Un posto che “vale la pena” dicevano… Ma ci fu una sorpresa: all’interno era vietato fotografare.
Così, colmo di delusione, il mio amico in un primo momento rimase all’esterno con il suo zaino zeppo di attrezzatura a fare qualche scatto, dato che il divieto era addirittura esteso all’introdurre macchine fotografiche. Tutto andava lasciato fuori, senza alcun servizio di custodia.
Ma nei pressi dell’ingresso vide che erano “parcheggiate” molte attrezzature di fotografi giapponesi entrati senza apparenti preoccupazioni. C’erano treppiedi Manfrotto in carbonio, teste mozzafiato e macchine Nikon e Canon top di gamma con montati grossi e costosi obiettivi. Tutto intorno zaini fotografici pieni di roba, nessuno in giro, tutto quel ben di dio lì fuori incustodito, ad aspettare come un piccolo gruppo di cagnolini che attendono i padroni fuori dal supermercato.
Me la descrisse come una scena surreale dicendomi poi: “per un attimo ho pensato di essere nel paradiso dei fotografi, ma poi mi sono solo reso conto di essere nel paese più civile del mondo. Ho lasciato la mia roba insieme a tutto il resto e sono entrato nel tempio. Al mio ritorno, dopo più di un’ora, tutto era al suo posto. Vorrei tornarci solo per poter riprovare la sensazione di fiducia che avevo mentre ero dentro“.

Sarebbe bello che tutto ciò fosse possibile anche qui.

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Nobuyoshi ArakiNobuyoshi Araki o lo ami o lo odi. È forse il fotografo giapponese vivente più noto ma anche più discusso e controverso.
Oggi ti presento una sua intervista, in cui descrive il suo approccio tutt’altro che perfezionista, sempre alla ricerca dell’unicità di momenti particolari, da catturare nel singolo istante in cui si propongono.
Eccolo qui dunque il “Photo Devil”, come lui si descrive.
Goditelo in giapponese (ma sottotitolato eh!)
🙂

Se il link sopra non funziona, prova questo: –> Araki

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The Last Sentoshi movieL’intreccio tra cinema e fotografia mi intriga sempre e già mi è capitato di citare film in cui le due arti si incrociano; è stato così per “Smoke“, “La finestra sul cortile“, “Memento” ed altri, tutte pellicole abbastanza famose. Oggi invece colgo l’occasione di tornare sull’argomento con qualcosa di diverso, forse un tantino trash, ma al contempo forse anche da veri intenditori 🙂
Si tratta del cortometraggio “The Last Sentoshi”, la folle opera del fotografo giapponese Irwin Wong che parla di una ragazza supereroe che si serve di potenti flash per sconfiggere oscuri nemici.
“Sen” significa flash mentre “toshi” vuol dire guerriero e non voglio anticiparti niente della storia, posso solo dire che potrebbe diventare un cult per gli appassionati di chicche giapponesi a basso costo. Il film è stato infatti girato in pochi giorni con mezzi molto limitati, supportato solo in parte dalla Nissin Digital, azienda che ovviamente produce flash, il cui marchio appare solo per un istante durante una scena.
Insomma, non so se considererai “The Last Sentoshi” un capolavoro o una porcheria, in ogni caso ti propongo i link sia al trailer che all’intera opera sottotitolata.
Buona visione!
🙂
[Trailer]
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[Full movie – The Last Sentoshi]

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Araki Yakuza 1994

Yakuza – © Copyright 1994 Nobuyoshi Araki

Nobuyoshi Araki è uno dei più conosciuti e controversi fotografi giapponesi viventi. La sua fotografia si insinua nei vicoli malfamati di Tokyo per documentare il vuoto emotivo dei quartieri a luci rosse, l’oscenità di luoghi e situazioni ai bordi della legalità con scatti carichi di grande energia.
E’ un fotografo borderline ed è per questo che lo trovo interessante.
Per il contenuto delle sue immagini è stato più volte arrestato per violazione delle leggi giapponesi sull’oscenità ed indicato come misogino, in particolare per alcuni suoi scatti degli anni ottanta riguardanti l’industria del sesso nel distretto di Kabukicho, poi pubblicati nel libro “Tokyo Lucky Hole”.
Sebbene anche il curatore di un museo ospitante le sue opere sia stato arrestato per averle esposte, Araki in realtà non ha mai subito condanne ed il suo inquietante lavoro alla fine è sempre stato riconosciuto come di notevole valore artistico.

Incredibilmente prolifico, Araki ha al suo attivo oltre 350 pubblicazioni ed è considerato il più produttivo artista Giapponese mai esistito.
Tra le persone che ne sostengono il lavoro c’è Björk, l’eclettica musicista islandese che ha scelto Araki per le copertine di alcuni suoi album.
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C’è chi, anche tra i Canonisti, considera che il click Nikon abbia qualcosa in più, una sonorità particolare e riconoscibile su cui pare che tradizionalmente gli ingegneri del marchio nipponico si impegnino, attenti a mantenere un “timbro” distintivo.
E così c’è chi ne fa addirittura la base per una breve opera musicale, suonata usando un set di reflex digitali per un valore di oltre trentamila euro. Magari chiamarla sinfonia è un po’ eccessivo, comunque divertente sì. Certo che sono tremendi questi giapponesi! 🙂
Buon “ascolto”.
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Japan TempleUn amico mi racconta di un suo recente viaggio in Giappone. Anche lui è appassionato di fotografia e gira regolarmente con un bello zaino zeppo di attrezzatura.
Mi descrive l’arrivo, un giorno, dopo qualche ora di viaggio, ad un bellissimo tempio nel nord della nazione. È un posto che “vale la pena” dicono… Ma c’è una sorpresa: all’interno non si può fotografare.
Così, pieno di delusione, in un primo momento rimane all’esterno a fare qualche scatto dato che il divieto è addirittura esteso all’introdurre macchine fotografiche e tutto “va lasciato fuori”. Non c’è alcun servizio di custodia.
Ma nei pressi dell’ingresso sono parcheggiate molte attrezzature di fotografi giapponesi entrati senza apparenti preoccupazioni. Ci sono treppiedi Manfrotto in carbonio, teste mozzafiato e macchine Nikon o Canon top di gamma con montati grossi e costosi obiettivi. Ci sono zaini fotografici pieni di roba. Non c’è nessuno in giro, tutto questo ben di dio è lì fuori incustodito, ad aspettare come un piccolo gruppo di cagnolini che attendono i padroni fuori dal supermercato.
Me l’ha descritta come una scena surreale dicendomi poi: “per un attimo ho pensato di essere nel paradiso dei fotografi, ma poi mi sono solo reso conto di essere nel paese più civile del mondo. Ho lasciato la mia roba insieme a tutto il resto e sono entrato nel tempio. Al mio ritorno, dopo più di un’ora, tutto era al suo posto. Vorrei tornarci solo per poter riprovare la sensazione di fiducia che avevo mentre ero dentro“.

Sarebbe bello che tutto ciò fosse possibile anche qui.

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Araki Yakuza 1994

Yakuza – © Copyright 1994 Nobuyoshi Araki

Nobuyoshi Araki è uno dei più conosciuti e controversi fotografi giapponesi viventi. La sua fotografia si insinua nei vicoli malfamati di Tokyo per documentare il vuoto emotivo dei quartieri a luci rosse, l’oscenità di luoghi e situazioni ai bordi della legalità con scatti carichi di grande energia.
E’ un fotografo borderline ed è per questo che lo trovo interessante.
Per il contenuto delle sue immagini è stato più volte arrestato per violazione delle leggi giapponesi sull’oscenità ed indicato come misogino, in particolare per alcuni suoi scatti degli anni ’80 riguardanti l’industria del sesso nel distretto di Kabukicho, poi pubblicati nel libro “Tokyo Lucky Hole”.
Sebbene anche il curatore di un museo ospitante le sue opere sia stato arrestato per averle esposte, Araki in realtà non ha mai subito condanne ed il suo inquietante lavoro alla fine è sempre stato riconosciuto come di notevole valore artistico.

Incredibilmente prolifico, Araki ha al suo attivo oltre 350 pubblicazioni ed è considerato il più produttivo artista Giapponese mai esistito.
Tra le persone che ne sostengono il lavoro c’è Björk, l’eclettica musicista islandese che ha scelto Araki per le copertine di alcuni suoi album.
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Lo Zen e il tiro con l'arco

Lo Zen e il tiro con l’arco

C’è un piccolo libro che più o meno tutti abbiamo letto.
E’ “Lo Zen e il tiro con l’arco” il racconto scritto da Eugen Herrigel, un professore di filosofia tedesco, che scelse di imparare in modo classico questa antica arte Giapponese, affidandosi ad un “Sensei” : un maestro Zen appunto.
Herrigel ne ricavò un’importante esperienza di vita, qualcosa che lo cambiò dall’interno e nel libro questa intensità c’è tutta.
Lo Zen e il tiro con l’arco è una lettura sovente suggerita da qualcuno che ne è rimasto affascinato o che comunque lo ritiene un piccolo gioiello da condividere.

Tempo fa, ritrovandolo su uno scaffale della mia libreria, decisi di rileggerlo (e lo si fa in un’oretta dato che sono circa novanta pagine) provando a fare quello che con lo Zen si può praticamente sempre: modificare totalmente l’oggetto dell’arte di cui si parla in origine, mantenendo però intatta la filosofia… lasciando quindi inalterato l’approccio.

E così rilessi il libro sostituendo la parola “arco” con “macchina fotografica” e “bersaglio” con “soggetto”. Lo “scoccare della freccia” diviene il “far scattare l’otturatore” ed il “volo” di questa si trasforma nel concetto di “‘esposizione”.

Ne viene fuori qualcosa di davvero interessante.
Da provare.

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Daido Moriyama Tokio_2005

Daido Moriyama è un fotografo giapponese molto noto a livello internazionale. Il suo lavoro è considerato tra i più interessanti ed innovativi degli ultimi anni perché introduce una visione che è una sorta di ibrido tra la fotografia documentaristica e quella puramente artistica.
Nato ad Osaka nel 1938 è stato prima allievo di Takeji Iwamiya e poi assistente di Eikoh Hosoe, nomi che non a tutti diranno qualcosa, ma che sono quelli di due grandi maestri della fotografia giapponese del ventesimo secolo.
Negli anni sessanta e settanta sviluppa una importante collaborazione con Provoke (periodico cult di contestazione) producendo i suoi lavori fotografici più famosi: “Japan: a photo theater”, “Scandal”, “Pantomime”, “Accident”, “Farewell photography”, “Hunter”. Ma è negli anni novanta che diviene famoso a livello internazionale esponendo i suoi lavori dallo stile crudo e decadente, in musei e gallerie di tutto il mondo.

Moriyama realizzava e realizza ancora gran parte dei suoi scatti per le strade di Tokio, alla ricerca di istanti dal forte impatto.
Sono immagini spesso imperfette, in un bianco e nero dai forti contrasti, con strade e vicoli, scorci bui ed interni malfamati che il fotografo giapponese documenta con poca o nulla attenzione all’estetica, in modo quasi brutale.
Come sempre accade, è interessante sentire come egli stesso descrive il suo modo di fotografare:

“La superficie esteriore che appare ai miei occhi costituisce uno stimolo che scatena un impulso, una reazione. Io cammino per le strade della città con la mia macchina fotografica costantemente bombardato da questi stimoli. Con la mia macchina riesco a produrre una reazione a questa molteplicità di sollecitazioni e a rispondere a loro”.

Quella di Moriyama è una fotografia che, specie nella fase più intensa della sua carriera, si fece portavoce del punto di vista della generazione della contestazione, contro l’ipocrisia della società, mostrando un Giappone che il resto del mondo non conosceva.
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Suminagashi

Il Suminagashi è un’antica arte Giapponese.
Consiste nel disegnare nell’acqua creando delle forme astratte destinate ad imprimersi poi sulla carta.
Il termine che la descrive significa “inchiostro che galleggia” ed infatti le immagini che si formano sono direttamente legate a questo processo di creazione che avviene ponendo piccole quantità di inchiostro sulla superficie di acqua o altra soluzione resa leggermente viscosa. Una volta realizzata l’opera, l’artista la completa trasferendola con grande maestria e delicatezza su un’altra superficie, stavolta solida ma assorbente, tipicamente carta o tela.
Ho trovato un video di questa affascinante tecnica che viene usata oggi proprio come duemila anni fa, quando fu sviluppata in Cina e da qui importata dai monaci Shintoisti in Giappone.
L’avevi mai vista? Pensi di avere la mano abbastanza ferma per provarci?

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