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Suminagashi

Il Suminagashi è un’antica arte Giapponese.
Consiste nel disegnare nell’acqua creando delle forme astratte destinate ad imprimersi poi sulla carta.
Il termine che la descrive significa “inchiostro che galleggia” ed infatti le immagini che si formano sono direttamente legate a questo processo di creazione che avviene ponendo piccole quantità di inchiostro sulla superficie di acqua o altra soluzione resa leggermente viscosa. Una volta realizzata l’opera, l’artista la completa trasferendola con grande maestria e delicatezza su un’altra superficie, stavolta solida ma assorbente, tipicamente carta o tela.
Ho trovato un video di questa affascinante tecnica che viene usata oggi proprio come duemila anni fa, quando fu sviluppata in Cina e da qui importata dai monaci Shintoisti in Giappone.
L’avevi mai vista? Pensi di avere la mano abbastanza ferma per provarci?

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YongNuo YN460 IIIn genere la massima “you get what you pay for” è una pura verità nel mondo della fotografia e spesso ci si rende conto che i soldi spesi in attrezzatura economica si rivelano un po’ sprecati. Ma per tutti coloro che sono interessati al mondo dell’illuminazione con flash, o che desiderano avvicinarsi a questa tecnica, segnalo la possibilità di dotarsi di un valido ed economicissimo flash che è molto facile reperire on line.
Si tratta del “cinesino” Yongnuo YN 460 che puoi vedere nella foto qui a fianco.
E’ un flash utilizzabile con praticamente tutte le fotocamere digitali dotate di slitta standard ed è stato realizzato per “competere” con i modelli medi come il Nikon SB600 o il Canon 430EXII ma ad un quinto del loro costo (!). Il 460 si riesce infatti ad avere con un esborso che è tranquillamente al di sotto dei 50 euro spese di spedizione comprese.
Il numero guida dichiarato è 38 , più o meno lo stesso dei suoi più preziosi competitor, con cui condivide la testa ruotante sia sul piano orizzontalmente che su quello verticale, utilissima per sfruttare al meglio le possibilità degli effetti di “rimbalzo” della luce su superfici adatte.
Viene fornito con un piccolo stativo e le classiche linguette di diffusione che fuoriescono dalla testa.
A differenza dei suoi cugini più blasonati però il 460 è solamente manuale, non prevede automatismi TTL e questo in genere spaventa molto chi è alle prime armi, ma non dovrebbe.
In realtà ci si accorge velocemente quanto nella fotografia con flash il digitale avvia stravolto tutto.
Ora basta un’occhiata al display, vedere com’è riuscito lo scatto ed adattare la potenza del flash. Ci si rende subito conto di come conviene regolarlo e l’uso in manuale in genere diviene a volte la normalità anche con i flash dotati di automatismi sopraffini ma mai abbastanza intelligenti.
Ma il vero divertimento con questi oggetti viene con le possibilità di utilizzo “off camera”.
L’allontanamento dalla macchina fotografica e la possibilità di far arrivare la luce sul soggetto da un’angolazione non frontale è uno degli aspetti più importanti della fotografia con flash.
Il 460 può essere fatto scattare dal lampo di un’altro flash, anche quello incorporato della tua fotocamera, magari regolato al minimo, ed è in questo modo che ci si può divertire davvero molto, andando a creare effetti drammatici nei ritratti o nella fotografia di performance (come ad esempio lo skateboarding, il pattinaggio, le arti marziali, etc…) o anche andando ad esplorare settori particolari e creativi come la smoke photography o la… levitazione

🙂 🙂

Che altro dire?
Buon divertimento!

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Wang Mo

Nella storia dell’arte orientale c’è una figura che trovo affascinante ed in qualche modo connessa con il processo creativo che a volte si percorre con la fotografia digitale. E’ il pittore e calligrafo Cinese Wang Mo.
Si narra che Wang Mo creasse le sue splendide opere raffiguranti paesaggi e scene naturali procedendo in due fasi. Nella prima si ubriacava, beveva fino ad arrivare a muoversi con difficoltà poi intingeva nell’inchiostro i suoi lunghi capelli e con questi iniziava ad imbrattare la tela. Continuava per pochi minuti alla fine dei quali cadeva addormentato.
Il mattino seguente, sobrio, esaminava gli scarabocchi generati la notte ed iniziava ad apporre pennellate, fino a trasformare quello che era un grezzo scarabocchio in un’opera d’arte.

Il parallelo che vedo con la fotografia digitale è nel fatto che sovente iniziamo a fotografare e la passione ci porta a fare tanti scatti, liberi da quelli che un tempo erano vincoli e preoccupazioni di costi di pellicole e sviluppo. A volte la grande quantità di immagini che produciamo ha il sapore di una piccola frenesia, di una sorta di ubriacatura.

Poi una volta a casa, davanti al monitor, c’è il secondo momento, quello della sobrietà. Si esamina il lavoro con calma e magari si “scopre” il particolare in uno scatto, ci si lavora e si fa qualcosa che ne trasforma qualcuna in un qualcosa che davvero ci piace e ci soddisfa.

E’ un processo creativo in due fasi: la prima sul campo quasi a raccogliere materiale grezzo, la seconda davanti ad un computer, a svolgere una sorta di processo di sintesi.
Si tratta di un approccio molto diverso da quello a cui si era portati con la fotografia analogica, dove gran parte della fase creativa era al momento dello scatto, cosa che costringeva ad una disciplinata previsualizzazione.

Non so dire se è meglio o è peggio ed in ogni caso non è sempre così. Probabilmente per qualcuno non lo è mai.
Quel che certo è che con il digitale a volte c’è davvero la sensazione di generare foto che nascono un po’ inconsapevoli, in due fasi, insomma un po’ alla Wang Mo.

🙂

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Oggi voglio parlare di un’altra tra le risposte che ho ricevuto alla domanda che qualche tempo fa feci sul post : “Una sola Fotografia”.

E’ il punto di vista di Angelo, che alla mia richiesta sul blog rispose con una mail semplice ed essenziale, contenete solo questa immagine :

tank_man_tienanmen

Il rivoltoso sconosciuto di Piazza Tiananmen (@ Copyright Jeff Widener - Associated Press)

Si tratta com’è evidente di una delle immagini che ritraggono un rivoltoso, rimasto ad oggi sconosciuto, che durante le manifestazioni di protesta del giugno del 1989 in Piazza Tienammen a Pechino, fronteggiò da solo e disarmato una colonna di carri armati.

E’ una foto simbolo. Un’immagine potente ed intensa. 
Probabilmente non serve aggiungere altro, ma ho voluto chiedere ad Angelo un suo breve commento che accompagnasse la sua scelta. Eccolo :

“Dare una motivazione scritta significa un po’ togliere del significato alla fotografia perché non sarei mai in grado di scrivere un testo capace di trasmettere le emozioni che ricevo guardando quella foto.
Usare delle parole per descriverla e motivarne la scelta è come togliere un po’ di fascino o spostare l’attenzione di chi la guarda in direzione del mio punto di vista.
Prima di mandare l’immagine ho pensato: “ora gli spiego il perché” e poi ho realizzato che quella foto è cosi’ potente che non è necessario spiegare… 
L’ho scelta perché porta con sé tanto significato. Tanti concetti che qualcuno può dare per scontato ma che sono fondamentali. Quella foto è un inno alla libertà.
Probabilmente è questo il motivo per cui la voglio salvare. Perché senza la libertà non si possono nemmeno fare fotografie. E con questo potrei ricollegarmi alla campagna di Photography is not a Crime…”

Libertà…
I segni dell’erosione della libertà si iniziano a percepire anche quando si intaccano possibilità apparentemente secondarie come la libertà di fotografare…
Ne parlavamo giusto un paio di giorni fa…

Grazie Angelo per il tuo contributo

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Chained Pyrmids - Copyright 2008 Pega

Da un paio di giorni Alby era in giro per piccoli villaggi di una zona rurale del nord della Cina.
La sua passione per la fotografia lo aveva condotto in luoghi decisamente fuori dalle rotte turistiche perchè quello era ciò che cercava.

Un uomo anziano uscì silenziosamente da una vecchia casa. Era un soggetto magnifico per un bel ritratto, Alby chiese subito alla sua interprete di parlare all’uomo per avere il permesso di fotografarlo.
La giovane donna si avvicinò al vecchio e dopo essersi rispettosamente inchinata gli parlò brevemente.
L’anziano parve pensare per alcuni attimi, poi scosse la testa in modo inequivocabile…

Peccato, un vero peccato.

Dopo alcuni secondi di delusione una curiosità incontrollabile si fece strada in Alby che chiese all’interprete di rivolgersi ancora all’uomo chiedendo, se possibile, la ragione del rifiuto.
La donna raggiunse di nuovo il vecchio, ascoltà le sue parole e poi le tradusse ad Alby.

L’uomo aveva detto di aver rifiutato perchè essendo molto povero non aveva denaro per potersi pagare delle fotografie.

Ovviamente Alby fece spiegare all’uomo che non si trattava certo di un servizio a pagamento e che lui fotografava per passione.
Il vecchio lo guardò con attenzione, poi sorrise ed 
acconsentì con grande entusiasmo.

Non sempre siamo in grado di interpretare correttamente le reazioni degli altri.
Specie quando si è divisi da grandi distanze culturali e sociali.

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