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Posts Tagged ‘analogica’

Quello che per molti anni è stato un vero e proprio conflitto tra analogico e digitale è ormai, per molti fotografi, una sinergia tra tecnologie, un modo per realizzare al meglio ciò che si vuole.
Sono molti i fotografi che scelgono di scattare su pellicola, sviluppare in proprio e poi continuare il processo in digitale, scansionando il negativo e processando su computer.
Andrew Jamieson è uno di questi ed ha realizzato un delizioso video in cui ci accompagna in tutte le fasi del suo workflow, permettendoci di vedere i semplici ma importanti dettagli delle sue azioni. Si parte dal caricamento della pellicola Tri-X film nella sua Hasselblad, per passare alla fase di scatto anticipata dalle opportune misure per la valutazione dell’esposizione, poi c’è lo sviluppo del negativo ed infine si arriva alla scansione per poi completare l’elaborazione in Photoshop.
Quattro minuti che mostrano un caso di perfetta simbiosi tra fotografia digitale ed analogica.
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Proprio in questi giorni di sessantasette anni fa, il 2 Febbraio del 1947, una curiosa scatoletta veniva presentata al congresso della Optical Society of America. Si trattava della prima macchina fotografica istantanea: la Polaroid Land camera.
Nata dal genio di Hedwin Herbert Land, fisico ed inventore specializzato in filtri ottici (a lui dobbiamo i filtri polarizzatori), la Polaroid nacque quasi per gioco visto che fu ideata per soddisfare un capriccio della piccola Jennifer, figlioletta di Hedwin, che si lamentava di non poter subito vedere le fotografie scattate.
L’azienda di Land, la Polaroid Corporation, esisteva già dal 1937 con all’attivo numerosi prodotti interessanti: dai mirini militari agli occhiali da sole, ma la fotocamera istantanea divenne subito il prodotto di punta.
Nel primo giorno di lancio sul mercato furono venduti quasi tutti gli esemplari (la mitica Model 95) sebbene il prezzo non fosse dei più abbordabili: 89 dollari del 1948.
Sessantasette anni non sono tanti per la quasi bicentenaria storia della fotografia, ma sicuramente la Polaroid ha lasciato un segno importante.
Schiacciata dall’arrivo del digitale, ha subito l’avvento di una tecnologia che le ha tolto proprio il primato su cui era basato il suo successo: la possibilità di vedere immediatamente il risultato dello scatto. E così il progressivo ma inesorabile calo che nel 2007 arriva all’inevitabile pensionamento del settore delle fotocamere istantanee, con la conseguente chiusura degli stabilimenti di produzione delle pellicole.
Ma la storia di questa affascinante invenzione non sembra giunta al termine e continua, birforcandosi in due strade distinte. Da un lato il manipolo di “eroi analogici” dell’Impossible Project che dal 2008 hanno intrapreso, fondando una nuova azienda, la difficile strada del riavvio della produzione e commercializzazione delle pellicole, dall’altro il nuovo impulso digitale di casa madre Polaroid che ha continuato a percorrere la sua strada nel settore istantaneo, realizzando piccole fotocamere digitali istantanee e stampanti inkless come la Pogo, la GL30 o l’imminente Polaroid Zip.
Non so chi riuscirà a raccogliere l’eredità sostanziale di questo grande marchio, quel che è certo è che un bell'”in bocca al lupo” la vecchia Polaroid se lo merita proprio.

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Dear Old Lady

Dear old Lady - © Copyright 2010 Pega

Era finita in cantina e lì aveva atteso a lungo in un vecchio armadio, dimenticata nei tanti anni di mio disinteresse per la fotografia.
Un giorno l’avevo ritrovata, quasi “riesumata”, come si fa con un reperto archeologico e mi era dispiaciuto scoprire che fosse inutilizzabile: la leva di ricarica dell’otturatore rotta, probabilmente divelta da un maldestro cuginetto chissà quanto tempo prima. C’era poco da fare e così era rimasta, per qualche anno, tristemente appoggiata su una mensola in salotto. 

La piccola Ferrania Condor I di mio padre è stata la prima “vera” macchina fotografica con cui da ragazzino ho potuto scattare qualche scatola di “veri rullini” 35mm.
Dopo gli inizi con le macchinette giocattolo e la Polaroid, mi trovai finalmente con una fotocamera vera, completamente regolabile, anche se tutta manuale e senza esposimetro.
Copia spudorata della mitica Leika, fu progettata e costruita dalle Officine Galileo di Firenze. Era semplice ma efficacissima, sebbene decisamente superata quando me la trovai tra le mani. Furono i tempi dell’ingranditore fai-da-te e del bagno di casa trasformato in una mefitica camera oscura dove sperimentare ogni sorta di tecnica di “postproduzione” analogica. La Condor fu lo strumento ideale per cercare di imparare e divertirmi con la fotografia.
Poi l’oblio fino all’era del digitale quando, appunto, l’ho ritrovata.
Dopo alcuni tentativi di riparazione presso vari laboratori che a turno gettano la spugna a causa dell’impossibilità di trovare il pezzo di ricambio, approdo da qualcuno che a cui dedico questo post.
È stato l’amico Martino ad indicarmelo: “prova ad andare dal Cambi, vedrai che lui te la sistema”. E così è stato.
Appena entrato nel suo laboratorio ho subito capito che sarebbe stata solo una questione di tempo…
Sì, un po’ c’è voluto, ma alla fine Sergio Cambi, usando come “modella” un’altra Condor I (per inciso gentilmente prestatami per questa operazione dal mitico Branzino) è riuscito nientemeno che a ricostruire la piccola levetta ricavandola da un pezzo di acciaio grezzo, saldandola poi al meccanismo di ricarica dell’otturatore.
Un vero e proprio intervento di microchirurgia 🙂

Adesso la nonnina è di nuovo operativa: l’otturatore scatta che è una meraviglia, il suo 50mm regala foto ricche di contrasti e gran nitidezza.
E’ davvero un piacere riaverla tra le mani. Grazie Sergio!

Anche se non sei proprio di queste parti o sei “prevalentemente digitale”, segnati comunque il suo indirizzo. Può sempre servire…

Diesse Sas Di Cambi Sergio & C. Riparazione Materiale Fotocine.
Via Norvegia 2 – 50126 Firenze – Tel : 0556532212

—- Aggiornamento 08/01/2016 —-
Purtroppo mi giunge la triste notizia che Sergio Cambi ci ha lasciato.
E’ una brutta perdita per la comunità fotografica locale, in particolare per chi ama l’analogico e le macchine più datate.
Sergio lascia una lacuna di competenza e disponibilità che non sarà possibile colmare.
Lo saluto con il link ad un suo ritratto fatto da Martino Meli proprio nel suo negozio.

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Dear old Lady

Dear old Lady - © Copyright 2010 Pega

Come un déjà vu ogni tanto mi succede di rivivere un emblematico incontro di qualche anno fa.
Stavo provando degli scatti con una vecchia fotocamera analogica. Il mio soggetto era un antico portone nel centro storico di Firenze. Provo varie inquadrature, mi contorgo un po’ come a volte succede…
Faccio per allontanarmi ma un ragazzino di giovanissima età, sui 10/12 anni, si avvicina dopo avermi osservato mentre scattavo. Probabilmente pensa che il mio soggetto sia una fiammante moto sportiva parcheggiata giusto accanto al portone; indica la macchina fotografica e mi chiede: “posso vedere come sono venute?”
Ho un attimo di esitazione, d’istinto quasi gli porgo il dorso nero della fotocamera ma poi ci penso, mi fermo e gli dico: “Beh, non è possibile. E’ a pellicola”.
Il nativo digitale mi guarda come se fossi un deficiente, o peggio uno che gli sta raccontando una balla, poi esclama: “Che cosa? Come sarebbe pellicola?” E senza nemmeno aspettare il mio tentativo di risposta si gira e se ne va…
Menomale che non gli ho detto “E’ analogica”…
🙂

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Eclissi_analogica_live

Eclissi Analogica by Pega, Copyright 2014 – Courtesy Stefano Benvenuti

Dalla Torre di San Niccolò si osserva uno splendido ed esclusivo panorama di Firenze, e così non mi sono perso l’invito degli amici “analogici” di Visiva che avevano prenotato una visita.
La torre, recentemente restaurata e riaperta al pubblico per visite guidate, è alta quarantacinque metri ed è una delle antiche porte fortificate della città.
Avevo con me la Zia, la mia Polaroid 250 pieghevole e quando, una volta in cima, mi son trovato davanti Firenze in pieno controluce non ho resistito. Da una parte il Cupolone, dall’altra Ponte vecchio, in alto il sole pieno che si stagliava nel tardo pomeriggio: un’inquadratura azzardata che avrebbe messo alla prova anche il più sofisticato dei moderni esposimetri, figuriamoci quello della “Zietta” che è roba di fine anni sessanta, per di più riparato “alla buona” dal sottoscritto.
Scatto lo stesso… vediamo che viene“.
Dopo classico strappo e la breve attesa per lo sviluppo, è uscita la foto sopra. Il sole super-sovraesposto, ha come “forato” la pellicola istantanea ed appare simile ad un buco nero. Un Sole Nero che riverbera nell’Arno che sembra ghiacciato.
Un risultato che ha sorpreso anche gli esperti “fotografi a pellicola” che avevo intorno, tra i quali nessuno ha saputo dare una spiegazione chiara del fenomeno.
Misteri analogici 🙂

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biottiche
Ti segnalo un evento a cui non puoi mancare se sei dalle parti di Firenze il prossimo martedì 10 Giugno.
Gli amici di Visiva hanno organizzato una passeggiata analogica per le vie della città, una bella occasione per incontrarsi e dedicare qualche ora alla fotografia a pellicola sfruttando la luce magica del tardo pomeriggio.
E’ un invito aperto a tutti, in particolare anche a chi abitualmente è tutto digitale e l’appuntamento è alle ore 18.00 sul Ponte Santa Trinita muniti di qualsiasi cosa in cui vi sia un rullino fotografico.
Non hai una fotocamera analogica? Corri a fartela prestare o, al limite, prendine una usa e getta! E’ un’occasione gustosa perché la proposta di Visiva non si limita alla fase di scatto ma è un invito a tutti gli interessati a recarsi, nei giorni successivi, presso la loro camera oscura per sviluppare in proprio le fotografie fatte durante la passeggiata. Un’esperienza che, se non hai mai fatto, merita assolutamente.
Io ci sarò, tu vieni?
QUI il link all’evento su Facebook.

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Roberto è un lettore del blog oltre che scienziato, genio, inventore e sopratutto mio caro amico.
Mi scrive mandandomi un piccolo insieme di ricordi dei tempi della pellicola e di una macchina fotografica che “abitava” nel bauletto della sua vespa.
Ed io che faccio? Lo pubblico!
Grazie Bob!

La pellicola
Uno spot della Apple oggi recita…”La migliore macchina fotografica è quella che hai con te” e io giravo sempre con la mia fidata Canon AE1 Program, anche se era decisamente più ingombrante di un iPhone.
L’obiettivo che avevo sempre sulla macchina era un 50mm f 1:1.8 ma da appassionato di tele non potevo fare a meno del 135mm/2.8. Spesso era caricata con una Ilford HP5 che sviluppavo e stampavo rigorosamente da solo. Macchina e obiettivi trovavano sempre posto nel bauletto della mia Vespa P125X pronti per catturare una nuova emozione.

Bob

Roberto ai tempi della pellicola

Il corpo macchina era evolutissimo perché aveva il “Programma”, roba fantastica per il 1984, ma a quei tempi avevo tutto il tempo per fare uno scatto e usavo sempre la “M” con l’esposimetro che mi diceva tutto quello che serviva…ammesso che lo avessi regolato sugli ASA giusti. Quanti di voi hanno scattato 36 foto con l’esposimetro impostato su 400 per accorgersi poi che dentro c’era un 100? E come ti raccomandavi con il fotografo che lo doveva sviluppare “…si ricordi che l’ho tirata a 400!!” e lui con quello sguardo verso il basso a sopracciglia inarcate annuendo diceva”…si, si, ma non ti lamentare se ti vengono velate…”.
Pensare che la AE1 Program non aveva neanche quella utilissima finestrella sul dorso per vedere che rotolino c’era dentro. Magari la usavi dopo un po’ di giorni con qualche foto già scattata e non sapevi se era da 24 o 36. Ma quando arrivavi al fotogramma 37 ti veniva un atroce sospetto…al 39 ne avevi la certezza e cominciavi già a ripercorrere con la mente quali foto ti eri perso perché il rotolino non si era agganciato. Eh già, ora tutti direte che bastava guardare la manovellina di riavvolgimento mentre la ricaricavi (a mano ovviamente), ma gli occhi incredibilmente erano già passati dal mirino ad un altro soggetto.
Poi, passata la foga per ingranditore e bacinelle, si passa alle Dia! E quali se non le Kodachrome 64 ASA?
La macchina fotografica intanto era cambiata e avevo una più evoluta Contax 167 MT con obiettivo rigorosamente Carl Zeiss T* Vario-Sonnar 28-70/3.5-4.5. Qui il motore incorporato ed il sensore DX ti evitavano errori di caricamento e sovraesposizione. L’obiettivo era fatto di vetro e si sentiva bene, ma lo spettacolo che ti dava proiettare una diapositiva da 64 ASA, ripagava il mal di collo.
La Kodachrome la compravi con lo sviluppo che facevano solo in Germania e potevi scegliere se farla intelaiare dalla Kodak o farlo te a mano. La leggenda metropolitana del rotolino tutto intelaiato a metà fotogramma mi spinse ad optare l’acquisto dei primi rotolini per il solo sviluppo ma dopo i primi 3 capii che potevo correre il rischio, non avrei mai più passato 2 serate piene per l’intelaiatura a mano.
Che ansia aspettare il ritorno delle dia dopo un viaggio dall’altro capo del mondo. La paura di sbagliare esposizione a volte ti faceva usare il bracketing anche con lo scatto più banale, per poi scoprire che la dinamica di quella indimenticabile pellicola te ne aveva fatte fare 3 bene.
Questi ricordi che affiorano quando si apre un cassetto pieno di negative, sono la nostra storia, la nostra cultura, siamo noi.
Roberto

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A true classicLa stagione è finalmente quella giusta e così rieccoci all’appuntamento con una serata totalmente dedicata alla pellicola.
Sì, sì. L’idea è quella di trovarsi con quelle scatolette in cui si mette il rotolino e che fino a qualche tempo fa erano il normale strumento con cui si realizzavano le fotografie.
Se non hai una fotocamera a pellicola puoi fartela prestare o magari acquistarne una usa e getta per l’occasione, poco importa.
Seguendo la proposta dell’amico Martino, ci trovermo Mercoledì 10 Luglio per una passeggiata fotografica analogica nel centro di Firenze con la luce del tramonto e della prima serata.
Come i precedenti, si tratta di un incontro aperto a tutti ma prevalentemente dedicato a chi si presenterà munito di fotocamera a pellicola e voglia, anche soltanto per una sera, di lasciare da parte il digitale e catturare immagini analogiche.
L’appuntamento è per le 19 sul ponte S.Trinita.

Da lì ci muoveremo guidati dal nostro innato istinto analogico, che ci porterà a vagare per scorci ameni e concludere la serata quando la luce mancherà e la fame ci chiamerà, tutti insieme, verso una frugale e finale piadina.

Che ne dici?
Vieni, sarà divertente!

p.s. Ringrazio chi vorrà confermare la propria partecipazione in un commento a questo post o scrivendo a pegaphotography@gmail.com

p.p.s Sei lontano da Firenze e ti è davvero difficile partecipare? Prova a chiamare i tuoi amici appassionati di fotografia ed organizzare la stessa cosa nella tua città. Faccelo sapere che poi ci scambiamo le foto! 🙂

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photo attackTi segnalo una bella iniziativa di Camera Oscura che si svolgerà a Roma tra giugno ed ottobre. In questo periodo ci saranno alcuni interessanti eventi fotografici dedicati a riscoprire (o anche effettivamente scoprire per la prima volta) il valore e la semplicità della fotografia analogica di base.
L’iniziativa è divisa in fasi: prima alla luce del sole, poi con sorgenti artificiali, compresa la lampada rossa della camera oscura e per concludere l’atto finale con la mostra di tutti i risultati.

La prima giornata sarà “La facciamo Ciano” dedicata alla cianografia, si terrà il primo giugno presso Castel Sant’Angelo per sperimentare tecniche “antiche” ma capaci di realizzare stampe enormi, addirittura di venti metri!
Ritratti a portar via”, si articolerà invece in due serate (22 e 27 giugno) dedicate al ritratto con banco ottico 20X25 e stampa immediata.
Vedo Positivo” sarà quindi il 14 settembre presso la sede di Camera Oscura con una serata dedicata alla stampa. I partecipanti vengono invitati a portare il negativo da sempre tenuto nel cassetto per portarlo finalmente alla vita su carta.
Alla fine di tutto la mostra con il risultato dei quattro “attacchi”.
Per tutte le informazioni, oltre al volantino qui riportato, puoi visitare il sito www.cameraoscura.org.

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Foto di gruppo by Livietta

Foto di gruppo – @ Copyright 2013 Livietta

Ebbene sì, mi trovo da tempo nel tunnel della la Polaroid a strappo e devo metterti in guardia visto che più passano i mesi e più mi convinco che si tratti di una cosa pericolosa e da sconsigliare perché dà dipendenza 🙂
Il fatto è che con la Polaroid si entra di colpo in un universo parallelo. La fotografia istantanea è un po’ passato ma anche presente, forse anche futuro, il tutto arricchito dalla percezione che ogni foto è un pezzo unico, un po’ imprevedibile, di sicuro irripetibile.
Anche il costo vivo (circa 1,2€) di ogni scatto diviene un elemento del gioco, secondo me addirittura un valore aggiunto che, oltre a far meglio percepire il “peso” della foto che alla fine si ha in mano, porta il fotografo a valutare con maggior attenzione ogni click e lo costringe a fare considerazioni che con il digitale sono spesso ormai dimenticate.
Specie con il formato “peel apart”, in cui mi sono imbattuto, si tratta poi di fotografare su negativi di notevoli dimensioni. Il fotogramma del Pack 100 è infatti 3,25×4,25 pollici, non un grande formato a tutti gli effetti ma sicuramente una dimensione notevole rispetto ai sensori APC ed anche al 35mm. Questo si lega con il fascino classico ed immutabile della stampa a contatto che avviene proprio nelle nostre mani, quando si estrae la busta dalla fotocamera ed inizia il processo di sviluppo e stampa, seguito poi dalla gustosa operazione di separazione della fotografia finale dal suo negativo.
Ed è proprio in queste fasi, dopo l’esposizione, che ci si trova con in mano un mini laboratorio fotografico mobile. Qui il fotografo è ancora parte del processo, interagisce e può influire con le sue decisioni sui tempi di sviluppo o anche intervenire con un suo contributo creativo, alterando o addirittura stravolgendo il risultato finale. Mi riferisco, ad esempio, alla possibilità data dalla pellicola “peel apart”, di completare la stampa su un supporto diverso dalla sua carta, trasferendo l’immagine su cartoncino, legno o stoffa.
E non è tutto: anche il negativo è sfruttabile. Non è il caso di buttarlo come indicato nelle istruzioni, ci si può divertire a recuperarlo sciogliendo con la candeggina la patina nera che lo copre sul retro della busta.
Insomma: un piccolo universo di possibilità creative
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