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Archive for the ‘Decay’ Category

La cella

La cella – © Copyright 2010 Pega

Che rapporto c’è tra fotografia ed olfatto? Può il fotografo, in qualche modo, coinvolgere l’osservatore a tal punto da fargli immaginare odori?
Beh, non è una cosa facile ma sta proprio qui lo spunto per la missione fotografica di questo fine settimana.
Come al solito l’idea è di svolgere un piccolo compito durante il weekend, provando a confrontarci con un tema fotografico preassegnato e tenere in allenamento la nostra creatività.
Non c’è molto da aggiungere per chiarire questo tema; trasferire una sensazione propria dell’olfatto nel dominio di un altro senso può sembrare arduo, ma la Fotografia ha grandi poteri.
Immagino già la tua domanda: “valgono anche gli odori sgradevoli?” La risposta penso di averla già data con la mia foto sopra: l’immagine di un ambiente chiuso da anni dove (almeno dal vivo) regnava un mix di odori decisamente poco piacevoli…
Bene, allora dai, nel weekend prova a misurarti con questo tema. Poi, com’è tradizione di questo blog, ti invito a condividere il risultato in un commento.

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AfterMi è capitato di nuovo, una foto che avrebbe potuto nuocere, e così ti ripropongo questa riflessione.
L’immagine a cui mi riferisco nel titolo di questo post, non è quella che puoi vedere qui accanto, ma un’altra: una foto che non ho scattato.
Su quel tetto umido, senza essersi opportunamente assicurato, stava poco prima un uomo.
Lavorava a diversi metri dal ponteggio, con un piede appoggiato sul debole canale della grondaia. Sistemava le tegole.
D’istinto ho preso la macchina pensando di poterci tirar fuori qualche buon scatto ma poi mi sono fermato. Ho cominciato a chiedermi se mettermi a far foto a quella persona fosse stata una buona idea. L’accorgersi di essere osservato ed oggetto di attenzioni fotografiche lo avrebbe di certo preoccupato, aggiungendo pericolo ad una situazione già abbastanza rischiosa.
Così ho preferito non farmi vedere e non scattare, per me non era così importante, per lui avrebbe potuto esserlo fin troppo.
A volte la fotografia è una cosa strana.

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The morning after

The morning after – © Copyright 2008, Pega


La luce del mattino può avere sapori e significati diversi. A volte arriva violenta e dolorosa come una fucilata, altre è una mano amica che ti sfila dal buio della notte, altre ancora è la sicurezza del tempo che scorre regolare.
Il mattino dopo è il tema fotografico che ti propongo per questo fine settimana.
Difficile? No. E’ solo una piccola sfida fotografica: provare a trasformare in immagini le sensazioni personali che accompagnano il risveglio dopo qualcosa.
Insomma, fotografare l’atmosfera o un dettaglio che caratterizza l’inizio di quelle giornate che seguono le notti diverse dal solito, belle o brutte che siano state.
In questo weekend prova a focalizzarti su questo tema, prova a creare uno scatto che trasmetta all’osservatore il concetto di “morning after”.
Come al solito ti invito poi a condividere il link alla tua immagine in un commento qui sotto.
Buon fine settimana!

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Do not disturb

Do not disturb – © Copyright 2010 Pega

Ognuno di noi ha una sua condizione creativa in cui si trova maggiormente a proprio agio. Per molti, sottoscritto compreso, è quella di isolamento. Una situazione di solitudine, anche temporanea, che aiuta a dialogare con se stessi e a tirar fuori quello che si vuole provare a trasmettere con la fotografia.

È un isolamento che in passato mi capitò di sperimentare in camera oscura.
Come tanti l’avevo allestita alla buona nel bagno di casa che saltuariamente si trasformava in laboratorio fotografico. Nonostante l’artigianalità, quel luogo permetteva di chiudere fuori tutto e tutti in modo semplice ed indiscutibile. Non c’erano distrazioni, chiacchiere o telefono, mi ritrovavo da solo nella semioscurità, con le mie idee e la possibilità di elaborare spunti e riflessioni, concentrandomi in modo assoluto su quella fase creativa che viene dopo lo scatto.
Ripensandoci mi è capitato più volte di provare una certa nostalgia per quell’ambiente tranquillo ed intimo, quell'”isola di solitudine” così ben funzionante e rispettata ma purtroppo anche scomoda ed un po’ faticosa da gestire, tanto da farne uno dei motivi che per anni ha smorzato il mio interesse per la fotografia.

Oggi, con il digitale, quella situazione di isolamento non è più un passaggio obbligato. Non ci sono più le motivazioni tecniche che ci portavano in camera oscura, ma sussistono ancora quelle creative. Eccome.

Razionalizzando tutto questo, mi sono ritrovato a sentirne la mancanza e a cercare volontariamente di ricreare quella condizione, magari sedendomi al pc al mattino presto o a notte fonda con la luce soffusa, staccando telefono e canali di comunicazione internet, ritrovandomi solamente con le mie foto. Senza distrazioni, rumori, o anche soltanto la possibilità di venire interrotto.

La camera oscura digitale insomma. Credo proprio di non essere il solo… 🙂

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Hotel del Salto - ColombiaCi sono immagini, come quella sopra, che fanno scattare idee utopiche di avventura. Sogni di missioni fotografiche impossibili in zone impervie ed isolate, magari pericolose, alla ricerca di gioielli come quello raffigurato: un hotel abbandonato sul fiume Bogotà, in Colombia, nei pressi delle cascate Tequendama. Fu costruito nel 1924 e dopo decenni di alterne fortune, è stato chiuso negli anni novanta, pare a causa di una infestazione di fantasmi, ma alcuni dicono che la vera causa sia il tremendo inquinamento del fiume.
Sebbene i luoghi decadenti ed abbandonati siano una delle mie passioni fotografiche, so bene che non andrò mai nella giungla colombiana in cerca di alberghi infestati, è una fantasia e forse potrebbe non valerne nemmeno la pena. Ma ci sono missioni simili ben più fattibili, più alla portata di noi comuni mortali e se sognare è gratis, far qualcosa nella realtà è meglio.
In Italia abbiamo (fortunatamente o purtroppo?) un buon numero di gioielli abbandonati e proprio nella stessa lista che riportava l’Hotel colombiano, c’era questo:

Craco, Italia
Si tratta di Craco, un paese di origine medievale in provincia di Matera. Fu evacuato nel 1963 a causa di una pericolosa instabilità ed imminenti crolli; da allora è abbandonato.
Scommetto che i fantasmi italiani sono più simpatici e disponibili ai ritratti fotografici, di quelli colombiani. Che aspettiamo ad andarci?
🙂

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SanDonninobyl

Sandonninobyl – © Copyright 2009 Pega

Avere in mente lo scatto, crearlo e vederlo nella propria testa come se fosse già fatto, poi cercare di realizzarlo.
È un approccio alla fotografia tra i più classici. Si pre visualizza l’immagine costruendola nei dettagli, fino a farne un qualcosa di completo, anche se ancora da fare; esattamente come avviene anche per altre arti visive.

Molti grandi maestri hanno fatto di questo modo di fotografare il loro metodo, antitetico ed alternativo ai più dinamici stili documentaristici, dove lo scatto avviene cogliendo l’attimo, l’emozione o l’espressione imprevista.
Non so se hai mai fotografato provando a pre visualizzare, ma se non l’hai mai fatto è una cosa che ti suggerisco di sperimentare.

Definisci il tuo soggetto, delinealo, immaginalo illuminato secondo il tuo gusto, definisci nella tua mente l’inquadratura, i particolari di esposizione e fuoco. Cerca di vedere la foto come dovrà risultare una volta scattata, fallo nei minimi dettagli.
Poi prendi l’attrezzatura ed inizia a cercare di rendere reale quel risultato.

Non è raro accorgersi che può essere anche molto difficile realizzare lo scatto che si ha in mente. A volte è addirittura impossibile e si deve scendere a compromessi.
Per seguire questo metodo può capitare di dover tornare più volte nello stesso luogo, magari in attesa delle condizioni giuste, o anche inventarsi soluzioni tecniche che lo rendano fattibile.

È una strada che può risultare anche impervia, ma quasi sempre affascinante.

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POAMR by PPP

POAMR (piccolo omaggio a Man Ray) – © Copyright 2011 Pega

Pensaci bene: la fotografia è strutturalmente una metafora. E’ solo una rappresentazione parziale della realtà, è una proiezione, un artefatto, non è la realtà stessa. Questo concetto accompagna ogni immagine realizzata con tecniche fotografiche ed ogni fotografo può sfruttarne in modo diverso il potere, magari esaltandolo oppure cercando di minimizzarlo. E’ comunque qualcosa che sta alla base di tutta la fotografia, in particolare quando questa è intesa ed accettata come espressione artistica.
Per questo fine settimana ti propongo quindi, per il consueto assignment, proprio di affrontare ed approfondire in modo personale il tema della metafora.
Cerca i giusti spunti e prova a realizzare qualche scatto focalizzandoti sul creare un’immagine che esprima in modo tuo questa importante essenza della Fotografia.
Dopo, come al solito, e se vuoi, condividi le tue immagini inserendole in un commento qui sotto.

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Crepa

Crepa. (IPholaroid project) – © Copyright 2010 Pega

Fermarsi ad inquadrare la piccola fessura aperta in un muro , incurante dello sguardo perplesso delle persone che ti circondano. Oppure tornare, dopo mesi o anni, a fotografare quella spaccatura nella parete, quasi con la sensazione di avere a che fare con qualcosa di vivo. Forse é proprio quest’ultima idea che ogni tanto mi spinge a far foto alle crepe e magari svilupparci un qualche progettino fotografico come il Crepa Project.
Per questo weekend assignment l’invito è quindi quello di cimentarsi proprio a su questo tema.
La crepa è il vuoto che inesorabilmente riconquista il suo spazio nel pieno. È il nulla che nel tempo fa breccia e vince sulla dura materia, troppo rigida per resistere veramente a lungo all’azione del caos.
In questo fine settimana seguimi in questa folle idea, scoprirai che le crepe sono fotogeniche nella loro lentissima ma inesorabile vitalità.
Com’è ormai tradizione di questo blog ti invito poi a condividere il risultato di questi “scatti a tema” in un commento qui sotto.
Buon divertimento!

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Sorry, no more fuel...

Sorry, no more fuel… – © Copyright 2009 Pega

Rieccomi a proporti quella che è una piccola tradizione di questo blog: la “missione fotografica” del fine settimana.
Sono convinto che uscire con una sorta di incarico fotografico sia qualcosa che può facilmente fornire spunti creativi ed anche stimolare a capire meglio lo strumento che abbiamo in mano.

Per questo weekend il tema è un genere che personalmente trovo affascinante: cose e luoghi abbandonati.

Atmosfere malinconiche e segni del tempo che scende inesorabile sulle cose abbandonate e lasciate senza cura. Vecchi edifici in rovina o anche dettagli di oggetti di tutti i giorni, come il sellino arrugginito di una vecchia bicicletta dimenticata.
L'”abandoned” lo puoi trovare ovunque, basta uscire e cercarlo. Spesso è appena dietro l’angolo e non è sempre necessario addentrarsi in luoghi remoti.
Per fotografare l’abbandono con efficacia può essere importante scegliere con cura luce e trattamento, in modo da esaltare la drammaticità della scena e trasmettere all’osservatore emozioni forti.

Dunque, in questo weekend prova a cercare e fotografare l’abbandono, fanne il protagonista di qualche tuo scatto e poi, se vuoi, mostracelo postando un commento con il link alla tua foto.
Condividere con tutti i lettori del blog è divertente e può portare a vedere la tua foto visitatori che la apprezzeranno.

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Automotive

Automotive – © Copyright 2010 Pega

A tutti ogni tanto capita di trovarsi in una fase di stanca. E’ quel momento dove la creatività è come affievolita, le idee non arrivano e sembra mancare anche la voglia. Gli scrittori la chiamano sindrome della pagina bianca.
Non è grave. Basterebbe solo un po’ di movimento.
Cosa intendo? Dico che per trovare nuovi spunti e ridare vita al processo creativo serve un minimo di attività, anche solo vagamente correlata alla fotografia. L’importante è non sedersi ad aspettare, ma fare qualcosa, in modo da riguadagnare un po’ di inerzia.
Lavorare sulle vecchie foto, andare ad una mostra, leggere un libro, fare un workshop o una photowalk. Va bene tutto, l’importante è vincere la stasi. E’ così che le idee tornano quasi per incanto a fluire.
Il paragone che faccio spesso è quello del servosterzo: quando le comuni automobili non ne erano provviste ci si rendeva facilmente conto che solo muovendo leggermente il veicolo si riusciva a far sterzare le ruote. Da fermi era quasi impossibile.
Oggi è meno frequente fare questa constatazione dato che anche le utilitarie più economiche hanno il servosterzo. Non solo, abbiamo “servosterzi” di varia natura ovunque, anche nelle nostre fotocamere ormai dotate di ogni possibile automatismo. E così ecco il pericolo di impigrirsi, abituarsi a fare sempre meno fatica, fino a fermarsi, diventare statici e dimenticare quello che è un principio tipico di molti processi naturali: la nascita di cose nuove è sempre legata al movimento.

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