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Posts Tagged ‘fai da te’

SLO 3D printed cameraEcco un bel progettino per le fredde serate che l’inverno porterà (forse). Sui tratta della SLO, una fotocamera fai da te da assemblarsi con pezzi stampati in 3D.

L’intero progetto è disponibile on line ed il suo ideatore, il designer Amos Dudley, ha ben documentato sul suo blog l’intero processo di realizzazione.
Una dalle cose più interessanti è che anche la lente è stampata. Dudley ha usato una tecnica ancora in via di perfezionamento che richiede una certa dose di manualità per rifinirla e renderla davvero efficace, ma questo rende la SLO un prodotto integralmente realizzabile solo con dei pezzi stampati in 3D, senza aggiunte industriali o altri componenti.
slo 3d printed camera frontL’intero progetto è molto ben studiato, compresa la totale modularità del gruppo otturatore/lente che Dudley ha deciso di rendere indipendente, in modo da poter sempre sostituire queste parti con versioni migliorate senza dover ristampare tutta la fotocamera.
Insomma proprio una bella idea, anzi una sfida, che chiunque può raccogliere dato che i file sono liberamente scaricabili qui e sfruttabili anche da chi non possiede una stampante 3d: basta infatti consegnarli ad un service.
Quasi quasi ci provo…

https://gfycat.com/HoarsePerfectBlackrussianterrier

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umbrella_photographerChi si ricorda MacGyver? L’ingegnoso protagonista di quella vecchia serie televisiva che si arrangiava con tutto ciò che trovava a portata di mano?
Ecco, oggi inauguro la rubrica MacGyver Photography: come arrangiarsi quando la pioggia cerca di impedirci il nostro scatto più bello.
Se ci pensi forse ricordi qualche occasione in cui ti è capitato di “rinunciare” nel timore di bagnare e rovinare la tua attrezzatura; la soluzione al problema può essere davvero semplice ed a costo zero, altro che costose custodie o aggeggi: basta un banale sacchetto per la spazzatura.
Il fotografo Benjamin Jaworskyj ci mostra come fare: si infila la busta di plastica sulla fotocamera, bloccandola con il paraluce ed aprendola poi sulla lente. Dall’altro lato si potrà accedere ai comandi ed al mirino, per fotografare in tutta tranquillità anche sotto ad un acquazzone.
Niente di più facile.
Dunque, per questo ed anche altri molteplici usi, annotiamoci per le prossime uscite fotografiche di portare sempre qualche sacchetto della spazza.
🙂

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legotron

Tra i miei progetti nel cassetto che forse prima o poi riuscirò ad iniziare c’è quello di una fotocamera che, tempo fa, trovai sul sito di un simpatico genio del fai-da-te, un certo Cary Norton, che aveva progettato e  costruito una macchina fotografica grande formato usando i mattoncini Lego: la Legotron Mark I.
Si tratta di una 4×5 che Cary aveva assemblato aggiungendoci un’ottica acquistata su Ebay per la bellezza di 40 dollari.
Come molte fotocamere di questa taglia, il sistema di messa a fuoco è semplicissimo e si basa sullo scorrimento di una sezione dentro l’altra della “scatola” che, in questo caso è fatta di Lego. Non c’è molto di più in questa macchina se non una slitta per l’inserimento della lastra. 
Da parte mia avrei idea di modificarla un po’ e renderla una “Instant-Legotron”, facendo in modo di accoppiarci un porta cartridge per pellicole istantanee Fuji a strappo, in stile Polaroid insomma, come ho fatto con la Pinolaroid.

ashley legotron

Oltre ad una buona scorta di mattoncini, quello che serve è pazienza ed anche una certa attenzione nell’uso che, come ben sa chi ha avuto modo di utilizzare questa classe di fotocamere, difficilmente permette di lasciare le cose al caso. D’altro canto, si tratta di un approccio in grado di regalare grandi soddisfazioni.
Ne è un esempio il ritratto qui a fianco realizzato con la Legotron.
Adesso Cary sta lavorando ad una seconda versione di questo progetto, un perfezionamento che sarà contrassegnato dalla sigla Mark II e che, come per la prima versione, potrai a breve vedere descritta nei particolari sul suo sito.

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Worldwide pinhole photo daySi avvicina la data della Giornata Mondiale della Fotografia a Foro Stenopeico che quest’anno sarà Domenica 24 Aprile. Si tratta di un evento internazionale creato per promuovere e celebrare l’arte della fotografia pinhole, la tecnica che non prevede uso di lenti ed obiettivi e tende ad usare come macchine fotografiche scatole e barattoli.
Lo spirito è di invitare tutti gli appassionati di Fotografia ad uscire un momento dall’universo sempre più tecnologico nel quale viviamo e partecipare creando immagini con la macchina più semplice che esiste: quella a foro stenopeico.
Costruirsi una fotocamera pinhole non è difficile e con essa si entra in una dimensione molto diversa dal solito, un’esperienza che parte proprio dalla creazione della macchina stessa: una scatola con un piccolo foro e del materiale fotosensibile all’interno; nient’altro.
Puoi trovare tutte le informazioni sul sito Worldwide Pinhole Photography Day dove è possibile cercare anche tra eventi che si terranno in Italia. Al momento sono disponibili workshop gratuiti a Milano, Roma, Perugia, Cuneo, Sarzana e Cagliari ma invito eventuali altri organizzatori a farsi avanti così posso citarli qui.
Io sicuramente il prossimo 24 aprile farò qualche scatto con la mia Pinolaroid, una pinhole istantanea che ho costruito unendo un dorso Polaroid ad una scatola in legno con un foro stenopeico fatto con l’alluminio di una lattina. È un piccolo oggetto magico, capace di fare foto strane e particolari. Ne parlai tempo fa in questo post e tutt’ora mi ci sto divertendo.
Partecipi anche tu al WPPD?

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ND L’idea è semplice e frutto dell’esperienza creativa di Paul Rutherford, un fotografo freelance di Boston.
Quando si fanno foto a lunga esposizione in condizioni di netto contrasto tra due zone dell’immagine, l’uso di un filtro ND (neutral density) graduale è spesso fondamentale e consente di ridurre l’esposizione della parte luminosa che altrimenti verrebbe bruciata. Caso tipico: il cielo in un’inquadratura di panorama.
Non sempre però abbiamo a disposizione un filtro di questo tipo ed ecco l’idea di Paul: usare la mano.
Vuoi ridurre l’esposizione del cielo per il tuo scatto di circa trenta secondi altrimenti questo verrebbe completamente bianco? Copri con la mano il cielo per circa metà del tempo di esposizione, magari aiutandoti guardando la scena sul “live view”. Con qualche tentativo ed un minimo di pratica si ottengono risultati notevoli; una tecnica creativa tutta da esplorare.
Nel video un esempio. Facile no?

[Fonte: Petapixel]

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dirkonVuoi andare controcorrente? Rifiutare costose ottiche e raffinata elettronica? Vuoi infischiartene dei megapixel?
Ecco qua: niente sensore, niente elettronica, niente parti meccaniche, niente ottica… costo praticamente zero, basta solo un po’ di carta ed una discreta dose di pazienza: la Dirkon è davvero una fotocamera fuori dal coro.
Nata alla fine degli anni ’70 sulle pagine di una rivista dell’allora Cecoslovacchia, è una macchina stenopeica fai-da-te realizzabile interamente in cartoncino.
Puoi stampare il progetto (qui sotto), ritagliare ed incollare le parti ed avrai una fotocamera pinhole utilizzabile con normale pellicola 35mm.
Forse sarebbe anche bello organizzare un evento in cui trovarci tra appassionati e provare a realizzarne una a testa per vedere come ce la caviamo… Chissà…

Dirkon progetto

Puoi trovare altre informazioni ed istruzioni per la realizzazione sul sito www.pinhole.cz
La Dirkon non è l’unica fotocamera stenopeica in cartoncino. Una sua “concorrente” è la Rubicon, leggermente più complessa e sofisticata, probabilmente più efficace, che puoi assemblare partendo da un PDF con piani ed istruzioni, scaricabile gratuitamente qui.
Buon divertimento!

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Breaking badCome tutti i “vecchi” appassionati di fotografia, anch’io vanto le mie piccole esperienze di sviluppo e stampa “fai-da-te”. Ricordo con un misto di divertimento e nostalgia le serate chiuso in un bagno buio fetido di acidi da sviluppo, trasformato in una camera oscura in cui l’ingranditore era fatto in casa e la tank perdeva liquidi. Disastri e soddisfazioni alterne, gioie e dolori insomma.
La questione dei prodotti che servono per lo sviluppo del negativo, con le loro scadenze, i cattivi odori ed anche le attenzioni sullo smaltimento, sono sempre state tra gli aspetti più scomodi di tutta la faccenda e spesso causa di perplessità nel proseguire queste esperienze. L’idea di usare sostanze diverse mi ha sempre intrigato e, fin dai tempi del primo articolo che molti anni fa mi capitò di leggere sullo sviluppo con la caffeina, più volte ho pensato di provarci senza però mai decidermi.
Adesso ho trovato la soluzione: scrivo sul blog che lo faccio… così poi devo farlo sul serio 🙂
Dunque ecco il processo che penso di seguire: è un mix di tutorial che ho trovato in rete, che spiegano come sviluppare i negativi usando caffè solubile, soda e vitamina C.
Questo tipo di processo è chiamato “Caffenol C” proprio per la presenza dell’acido ascorbico (o vitamina C), esistono infatti varianti che usano anche altre componenti come il sale iodato (Caffenol C-M) o il bromuro di potassio (Caffenol C-L).

Come si procede:

Servono 20g di Caffè solubile non decaffeinato (altrimenti non c’è la caffeina e non funziona niente 🙂 )
8g di Soda Solvay (carbonato di sodio anidro)
5g di Acido Ascorbico (vitamina C)

Si scioglie il caffè solubile in 250ml di acqua distillata, in altri 250ml si scioglie la soda, aggiungendo poi la vitamina C. Si uniscono poi le due soluzioni, mescolando bene. Si lascia riposare alcuni minuti e si procede allo sviluppo senza aspettare troppo altrimenti il composto si deteriora.
Dopo aver inserito il negativo nella tank si fanno i primi 30 secondi facendo continue inversioni, colpetti e riposi, poi tre inversioni ogni minuto successivo.
Si arresta lo sviluppo con tre cicli di lavaggio con semplice acqua di rubinetto e qualche inversione.
Si fissa con un qualsiasi prodotto di fissaggio lasciando per circa sei minuti.
Un ultimo bel lavaggio con acqua distillata e imbibente completerà le operazioni, non resterà che aprire la tank recuperare la pellicola, metterla ad asciugare e… Pregare.

🙂

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Single frame Analemma - © Copyright 1979 Dennis di Cicco


Quando il sole comincia a farsi vedere e sentire come solo in estate sa fare, ecco che rispunta l’idea di un progetto fotografico davvero difficile: l’analemma.
L’Analemma è la figura a forma di otto allungato che il sole disegna nel cielo se fotografato alla stessa ora del giorno durante il corso di un intero anno.
Per riuscire in un’opera del genere è necessario piazzare la fotocamera in modo fisso e molto preciso, scattando poi sempre alla stessa ora esatta.
Realizzare un Analemma è considerato uno dei progetti di astrofotografia più complessi in assoluto, a partire dallo studio necessario per decidere l’inquadratura studiando la composizione che si vuole ottenere ed  il percorso del sole nel corso dei dodici mesi.
Farne un lavoro a valenza artistica esclude poi a priori ogni ausilio di automatismi o temporizzatori e pensare al bilanciamento dell’immagine con la gestione della luce durante un arco di tempo così lungo non è assolutamente banale. Realizzarlo materialmente mantenendo un impegno così preciso nel tempo è un qualcosa che si commenta da sè, anche tenendo conto delle questioni logistiche che possono nascere.    
Ma se componendo a posteriori le immagini, oggi ancora meglio con le tecniche digitali, le cose possono essere difficili ma affrontabili, la vera sfida che mi ha lasciato di stucco è quella di un certo Dennis di Cicco, un fotografo del New England che tra il 1978 ed il 1979 per primo riuscì a scattare un analemma di 44 esposizioni su un’unico fotogramma di pellicola!
E’ un risultato che ha dell’incredibile per difficoltà e perizia necessaria, tanto che solo in pochi al mondo sono riusciti a seguirlo in un’impresa del genere.
Compreso Di Cicco sono ad oggi solo sette i fotografi riusciti a realizzare un analemma su un solo fotogramma, cioè meno persone di quante non siano quelle state sulla Luna (dodici).
Vuoi passare alla storia? Provaci con un Analemma digitale multiesposizione.
🙂

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Stanco delle solite foto? Sei alla ricerca di qualche ideuzza e stai per buttare i tuoi soldi in qualche gadget o macchinetta lomo?
Il fai da te è sempre una gran risorsa e quando trovo qualche spunto cerco sempre di condividerlo. È il caso di questo breve video in cui gli amici di Cooph, la stimolante cooperativa fotografica online, mostrano sette idee “do-it-yourself fotografico” immediatamente realizzabili.
Io mi sono cimentato con divertimento in quasi tutte, e devo dire che a volte vale molto più una di queste semplici idee che un costoso pezzo di attrezzatura.
Buona visione!
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Sono tra quelli a cui fa sempre un po’ fatica cambiare l’ottica, in particolare quando mi trovo “sul campo” dove l’operazione a volte richiede tempi stretti ed abilità da giocolieri, tanto che si vorrebbero avere a disposizione mani aggiuntive. Mi incuriosiscono insomma tutte le soluzioni che propongono qualche idea al proposito.
Se anche tu appartieni a quelli che non amano “giocolare” con le proprie costose lenti e sai bene quanto sia antipatico trovarsi con due sole mani ma anche due obiettivi e due (se non quattro) tappi da gestire, ecco uno spunto dalla rete.
La soluzione proposta da Go Wing con il loro Lens Flipper è piuttosto ingegnosa e forse non troppo difficile da ricalcare con un minimo di fai-da-te. Si tratta di un semplice accessorio, una sorta di doppio tappo che funziona anche da supporto per trasportare l’obiettivo a tracolla. Con questo aggeggio il cambio di lente sul campo può diventare davvero facile e rapido. Credo proprio che i sei secondi del video spieghino molto meglio di tante parole 🙂
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