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Archive for the ‘Culture’ Category

Tempi duri per i fotografi, specie per quelli “tradizionalmente” umani.
Mi era già capitato di parlare di robot dedicati alla fotografia ma stavolta ho tirato tardi per vederne uno all’opera. E’ stato durante la recente notte degli Oscar trasmessa in diretta tv, in cui si è potuto fugacemente vedere in azione il Glambot, un robot specificamente studiato per realizzare scatti “fashion” che un umano non potrebbe proprio riuscire a fare.
E’ in pratica un braccio idraulico semovente programmabile su cui è montata una fotocamera 4K high speed da 100 fotogrammi al secondo. Impostato per seguire precisi schemi di sequenza, sfrutta tutte le sue doti di velocità e movimento per creare un tipo di immagini cinematiche molto accattivanti.
Può piacere o anche no, resta il fatto che la fotografia di questo genere non perde occasione per sfruttare ogni nuova forma espressiva, in questo caso un mix di immagini in movimento realizzate a velocità variabile grazie alle caratteristiche dinamiche del Glambot. Un portento.
Qui sotto il video realizzato da Cole Walliser, il filmaker che dirigeva il Glambot alla Notte degli Oscar, dove aveva a disposizione un minuto per spiegare alle star il robot e fotografarli cercando di non metterli K.O. (con quel coso in movimento l’ipotesi non è da scartare).
Cosa aggiungere? Lo voglio anch’io!
😀

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Brick point of view by Daniele SalaOggi voglio presentarti Daniele Sala, un fotografo piemontese che qualche giorno fa mi ha contattato per parlarmi Brick point of view , il suo progetto fotografico con le miniature Lego.
La Lego photography può essere ormai considerata un vero e proprio genere, non sono pochi gli appassionati che si stanno cimentando in questa sorta di “ricostruzione della realtà basata su elementi più o meno standard”, e come sempre accade, è il tocco creativo personale che può fare la differenza.
Per Daniele e le sue miniature è la voglia di creare situazioni ironiche che caratterizza il progetto. Si tratta a volte di una realtà quotidiana che esiste, come nel caso del cuoco, il fruttivendolo o il fantastico imbianchino, ma in altri casi la scena può anche svilupparsi in un universo creativo di personaggi fantastici.
La cosa che mi ha colpito del lavoro di Daniele è la capacità di rendere espressive le faccine dei personaggi, facendo lavorare l’immaginazione e la proiezione dell’osservatore attraverso ambientazioni sapientemente create con materiali di recupero ed un discreto lavoro di bricolage.
A detta dell’autore, l’ispirazione nasce in modo casuale e può scaturire da una barzelletta, da una foto su un giornale, o anche parlando con i familiari; basta poco per “far accendere la lampadina” e dare il via alla fase creativa con la costruzione della “location e tutto ciò che serve per rendere lo scatto finale”.
Puoi approfondire la conoscenza dei lavori di Daniele sul suo profilo Instagram @brick_point_of_view dove si prefigge di ottenere visibilità, anche mirando ad una evoluzione che possa dargli sempre maggiore identità e renderlo riconoscibile nell’ormai non facile mondo della fotografia Lego.
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Brick point of view by Daniele Sala Brick point of view by Daniele Sala

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Ha un senso provare a fotografare i corpi celesti con le multimegapixelate fotocamere dei nostri smartphone? La risposta è no.
È velocemente arrivato a questa conclusione l’astronomo Scott Manley, lavorando ad un suo progetto in cui voleva simulare come sarebbero apparse alcune famose immagini spaziali se fossero state realizzate con uno smartphone.
Lo splendore degli scatti in cui vediamo la Luna o i pianeti del Sistema Solare ripresi da terra o da sonde, è infatti in gran parte dovuto al tipo di fotocamere utilizzato, in pratica molto simili a telescopi.
Una differenza fondamentale tra queste fotocamere ed i nostri smartphone è il campo visivo. Alcune di queste apparecchiature hanno infatti un angolo di visione inferiore ad un grado, adatto a focalizzare l’immagine su una zona molto ristretta, mentre le comuni fotocamere o gli smartphone sono intorno ai 60 gradi.
In questo interessante video Manley ci mostra nel dettaglio alcune ricostruzioni di scatti spaziali famosi e delle enormi distanze in gioco. Distanze che se affrontate con la fotocamera di uno smartphone, come nel caso dei tipici tentativi di inquadrare anche solo la luna, comportano risultati che vanno poco oltre un’immagine nera con un puntino luminoso…
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camere separate by BarettoOggi voglio presentarti un interessante progetto che mi è stato segnalato da Baretto Beltrade, collettivo di appassionati di fotografia che si autodefinisce come “gruppo di autoaiuto per fotoamatori in fase di remissione” ed organizza iniziative, mostre ed incontri di fotografia.
Camere Separate è un’installazione realizzata con gli scatti di dieci persone che si sono accordate per fare una foto al giorno per tutto il mese di novembre 2018 ad un orario preciso (le 13:28) con il soggetto che avevano davanti sul momento.
Il risultato visivo, dato dalle foto allineate su un muro è una sorta di “carotaggio” della matrice temporale di ognuno dei partecipanti e lo spettatore si trova di fronte a quella che viene definita come una “serialità sconnessa e atonale, non edulcorata, tipica di ciò che accade quando ci si attiene ai fatti per quanto insulsi e residuali possano al momento apparire”.

Un’idea interessante, che a me ricorda un po’ l’holter fotografico ma a differenza di questo è affrontata in modo automatico, senza alcuna ricerca creativa. Un approccio opposto che però è ugualmente esplorabile da chiunque ne voglia fare una propria esperienza fotografica, anche individuale. Quasi quasi lo provo ad approcciare con la fotografia istantanea…

Per chi volesse vedere dal vivo, “Camere separate” è in mostra al b&b Il noce, via San Siro 22, Cornaredo (Milano), visitabile su appuntamento chiamando lo 02.93566508

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Swirling glacial rivers - Iceland - Copyright 2018 Albert Dros

Swirling glacial rivers, Iceland – Copyright 2018 Albert Dros

Guardare il mondo dall’alto porta ad osservare la realtà in modo diverso, è una sensazione che tutti proviamo quando ci capita di guardare un panorama dalla cima di una montagna o dal finestrino di un aereo.
L’allontanamento dalla superficie è un percorso non solo fisico e la fotografia non è che uno strumento per provare ad esprimere questa sensazione.
Ti invito ad esplorare questo concetto, non necessariamente andando in volo o a scalare una vetta ma anche solo voltando l’obiettivo verso il basso per osservare le piccole cose che si trovano ai tuoi piedi, quasi come fossero una realtà in cui tu sei un gigante che scopre un nuovo orizzonte fotografico.
Se poi vuoi vedere chi fa le cose in grande, ti invito a dare un’occhiata ad alcuni scatti di Albert Dros, un fotografo olandese che spesso usa la fotografia aerea come via per sperimentare una sorta di arte astratta.
I suo scatti dell’Islanda vista dall’alto sono una splendida espressione creativa, una raffigurazione pura che della natura che ad un osservatore distratto potrebbe apparire come intrigante arte astratta. Puoi trovare esempi come quello sopra visitando il suo sito web dove, tra i vari lavori, è possibile scovare alcuni dei suoi interessanti “astratti dal cielo”.

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Powder kitIn cerca di nuove idee e spunti per lo sviluppo fai-da-te, mi sono imbattuto in un prodotto che non conoscevo: il kit di sviluppo monobagno in polvere di Cinestill.
Trovatomi più volte alle prese con reagenti in bottiglia, sempre pronti a scadere e spesso in quantità eccessiva rispetto alle mie esigenze, penso che questa idea del mono prodotto in polvere sia davvero interessante, specie per chi, come me, sviluppa solo occasionalmente i propri scatti su pellicola.
Se utilizzando solo parzialmente la busta fosse infatti possibile preparare solo la quantità di liquido di sviluppo necessaria sarebbe finalmente possibile evitare di sprecare prodotto ed inquinare il mondo con reagenti solo parzialmente utilizzati. Insomma un bagno unico ed in dose minima.
Chissà, magari insieme alla mia Lab-Box (confidando che prima o poi arrivi) potrebbe essere davvero una svolta.
🙂

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Capita a tutti di esagerare, a me è successo un sacco di volte, specie dopo il passaggio al digitale.
Succede che ti trovi ad un evento ed inizi a fotografare, scatto dopo scatto riempi tutte le tue schede ed alla fine ti ritrovi con una marea di immagini che tutti concorderanno nel considerare… “troppe”.
È a questo punto che interviene l’idea di Fleming Bo Jensen, un fotografo di eventi musicali che ha messo in pratica un’idea semplice ma creativa: unire in un video time lapse i circa 1500 scatti realizzati durante un concerto.
Forte no? Da provare nelle occasioni in cui il grilletto ci prende la mano… 🙂
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Uovo su Instagram
Capita di soffermarsi su un dettaglio e chiedersi se questo non possa rappresentare l’emblema di un cambiamento storico, di una trasformazione epocale; capita poi di parlarne con qualcuno e condividere il punto di vista.
Mi è successo con questo uovo, una foto apparsa su Instagram qualche giorno fa. Un normale uovo di gallina immortalato su sfondo bianco. Niente di particolare, una foto piuttosto semplice da realizzare, nessuna originalità o caratteristica che la renda uno scatto fuori dal comune, nemmeno l’autore è un nome di spicco, eppure…
Eppure ha sbaragliato tutti i record ed è salita in vetta alla classifica delle immagini più viste di sempre su quello che è uno dei principali social network mondiali. CINQUANTA milioni di persone hanno messo il like.
Non c’è una spiegazione semplice, forse non c’è una sola spiegazione, quel che rimane è lo spunto per un ragionamento sul ruolo, l’importanza ed anche il potere che, nell’era post fotografica, le immagini sono arrivate a ricoprire.

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Michelangelo piangerà

Oggi voglio riproporti un’idea per le imminenti (e per qualcuno già avviate) abbuffate natalizie dato che le ricorrenze sono da sempre anche una buona opportunità fotografica, specie per fare “gustosi” ritratti in occasione di qualche tavolata in compagnia.
Non c’è niente di meglio di un sano evento conviviale per invitare le persone a farsi fotografare e potrebbe quindi essere l’occasione per un simpatico esperimento che ogni tanto propongo.
Come funziona: per il pranzo natalizio o il cenone, gioca d’anticipo e prepara un piccolo set fotografico, magari proprio vicino all’albero. Fai in modo che la zona sia ben illuminata e con sfondo omogeneo. Se ce l’hai, rendi il tutto più professionale e “formale” piazzando flash su stativo (va bene anche un treppiede) magari con ombrello o softbox.
Invita quindi le persone a farsi fotografare via via che arrivano o comunque prima del pasto. In seguito effettua una seconda serie di scatti chiedendo alle stesse persone di posare di nuovo dopo l’abbondante mangiata…
Non resterà poi che preparare delle belle stampe con le due “fasi” a confronto. Credimi, è da provare 😀

Buon divertimento e BUONE FESTE!

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The fleeting equilibrium – © Copyright 2012 Pega

Ogni tanto mi diletto in questa sorta di arte temporanea che alcuni chiamano “stonebalancing” che consiste nel creare sculture fatte di pietre in bilico che risultano spesso piuttosto fotogeniche, così oggi voglio riproporti un vecchio post al proposito.

Sono solo due sassi su uno scoglio ma, dato che sono (o forse solo appaiono) in un precario e temporaneo equilibrio, fanno pensare.
Inizio a riflettere, penso ai materiali evidentemente diversi che costituiscono le due pietre. Quella più chiara è striata ed irregolare, quella scura più rotondeggiante e liscia. Un richiamo immediato a Yin e Yang, maschio e femmina, brutto e bello, forza e debolezza, amore ed odio…
Poi è la posizione che cattura il mio interesse: perché il sasso chiaro è più in alto e quello scuro più in basso? Un simbolismo a sfondo razziale? Il bene che sovrasta il male? Oppure è il caso, la forma della roccia sotto, che magari permetteva solo questa posizione reciproca e non l’inverso.
Fatalità, conseguenze, rapporti causa effetto. Caos.
Due pietre in equilibrio precario. Se la scura rotola via la bianca può forse resistere lì, indisturbata. Se cade la più chiara, la scura è molto probabile che venga travolta, il suo destino è legato a quello del sasso poco sopra. Non è libera. Una situazione ingiusta.
Le due pietre riflettono in modo differente calore e luce. Inviano segnali diversi agli occhi dell’osservatore ma entrambe, a modo loro, mettono in qualche difficoltà il sensore della mia macchina fotografica. Con il sole estivo i chiari della pietra più in alto si avvicinano pericolosamente ai limiti gestibili dalla fotocamera, mentre le ombre del sasso più in basso scivolano comunque nella perdita di dettaglio.
Sono solo due sassi in bilico su uno scoglio.
Ed io forse mi sto cuocendo il cervello sotto un forte sole d’estate.

😀

p.s. Aggiungo una cosa che al tempo del posto originale non avevo del tutto focalizzato. Molto spesso questa semplice e ludica forma d’arte provoca, in alcune persone, un irrefrenabile istinto distruttivo. E’ curioso vedere come, appena ci si allontana dopo aver realizzato qualcosa del genere, qualcuno non resista a buttar giù tutto. E’ vero che si tratta certo di un’opera temporanea, senza valore e sicuramente caduca, ma tutto ciò svela un lato dell’essere umano che lascia perplessi.

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