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Art Lab

Art Lab – © Copyright 2011 Pega

In un post di qualche tempo fa provavo a stimolare l’espressione di opinioni personali circa la definizione di un elemento che in qualche modo sintetizzi l’essenza di una grande fotografia.
Una sorta di ingrediente fondamentale senza il quale l’opera non riesce, non si forma o comunque non esprime il suo massimo potenziale.

Naturalmente non mi potevo sottrarre a questo piccolo esercizio e così ho anche io espresso la mia idea dicendo che secondo me l’ingrediente fondamentale è la passione.

Credo che la passione sia l’elemento comune a tutte le grandi fotografie, un fil rouge che le lega invisibilmente nei decenni anzi  nei secoli. Un elemento che accomuna i fotografi nella storia, dai pionieri fino agli artisti digitali odierni.

Al confronto con una grande e profonda passione anche doti importanti come il talento o le capacità tecniche possono divenire solo elementi secondari perchè le motivazioni che essa può fornire aiutano l’artista a superare ogni possibile ostacolo.
E’ così che alcuni grandi maestri hanno espresso tutto il loro potenziale, spinti da una grande passione non solo per la fotografia ma anche e sopratutto per i loro soggetti.

Cosa sarebbe la fotografia senza la passione?

E tu hai mai pensato a quanto questo ingrediente conti per le tue foto e quanto questo si rifletta nella qualità e profondità dei tuoi scatti?

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Ansel Adams

Ansel Adams

Tempo fa è rimbalzata in rete una notizia che sicuramente ha incuriosito chi è appassionato di fotografia. Pare che una decina di anni fa un tipo di nome Rick Norsigian avesse scovato in un mercatino delle pulci in California, un paio di scatole piene di vecchi negativi su lastra di vetro acquistandoli per 45 dollari dopo un po’ di trattativa col venditore che ne chiedeva ben settanta.

Poi, consigliato da un amico fotografo, Rick decise di far studiare la calligrafia delle scritte sui contenitori e sulle scatole arrivando a scoprire e far “certificare” che si tratta di foto del grande Ansel Adams.

La cosa ha avuto una notevole econ nella comunità fotografica perchè questi lavori apparterrebbero ad un periodo di Adams di cui si è perso tutto perchè la sua camera oscura bruciò in un incendio negli anni ’40, portandosi via 5000 scatti : gran parte del suo lavoro giovanile.

Sembra che questi 65 negativi si siano salvati perchè portati da Ansel ad un corso di fotografia che stava tenendo a Pasadena nel 1940 e visto l’immenso interesse che suscitano, pare possano essere oggetto di una agguerritissima lotta per l’aggiudicazione da parte di collezionisti e musei. Si è parlato di un valore totale che sfiora i 200 milioni di dollari e quindi la notizia ha fatto capolino anche sulla stampa non specializzata.
Non male per un acquisto da 45$ al mercatino eh ?

Beh, ora però pare stiano spuntando dei dubbi.
Alcuni fotografi hanno provato a studiare alcuni di questi scatti, scoprendo che invece potrebbe trattarsi del frutto di una fotocamera che non era quella di adams ma quella di suo zio, col quale Ansel andava a fotografare in quel periodo.
Qualcuno addirittura comincia a sostenere che sia tutta una bufala…

Un bell’enigma eh… Di sicuro ne sentiremo riparlare…

In ogni caso… se ancora avevi dubbi non ti resta che iniziare davvero la tua collezione di “lavori” di altri fotografi, proprio come dicevo in un post di qualche giorno fa…
Chissà che quelle stampe non possano diventare un giorno di notevole valore ! 🙂

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Hat with Lady

Hat with Lady - © Copyright 2009 pega

Un mio precedente post “cacciatori e cuochi” ha generato una piccola ma interessante serie di commenti oltre a qualche piacevole chiacchierata “live” fatta con persone che seguono il blog ma che ho anche il piacere di incontrare dal vivo.
Quello che sempre emerge è che ognuno di noi ha una propria visione, un personale approccio all’attività fotografica. Ogni fotografo interpreta la creazione di immagini secondo schemi suoi, a volte più o meno collegati a quelli che sono, o sono stati, personaggi o movimenti artistici in campo fotografico.
Ho notato che quasi sempre ricorrono due definizioni in cui molti si riconoscono: quella di fotografo e quella di artista.

In questo senso questo post è un po’ il seguito del precedente: qui si tratta di definizioni ancora più generali che dividono le persone in due gruppi, o forse è meglio dire in tre, dato che le due cose non si escludono a vicenda.
Chi si considera più “Fotografo” è accomunato da caratteristiche che tipicamente sono quelle della ricerca e della capacità di saper trovare o anche catturare.
Coloro che invece si sentono più di appartenere alla categoria dell'”Artista” (ed qui apro una parentesi per invitare tutti a lasciar perdere banali ipocrisie ed usare questo termine liberamente dato che CHIUNQUE può essere davvero un artista) sono più è caratterizzati dalla tendenza ad immaginare e creare.

Nonostante qualche presa di posizione o dichiarazione falsamente modesta, credo che molti di noi in realtà siano degli “artisti fotografi”, appassionati a questi aspetti (ricerca, cattura, immaginazione e creazione) in modo più o meno bilanciato a seconda delle inclinazioni personali.
Si va da chi è interessato alla sola fase fotografica, a chi prova massima soddisfazione nel portare il lavoro ad uno stadio di “prodotto finito” controllandone la creazione, caratteristica tipica del processo artistico. Questi aspetti di ricerca, cattura, immaginazione e creazione non sono quindi altro che le fasi creative attraverso cui passa la nostra fotografia prima di arrivare al suo status finale.

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Dennis Hopper

© Dennis Hopper - Autoritratto

Sen’è andato ormai da qualche tempo, ma ogni volta che mi capita di rivederne le gesta non posso che ricordarlo con una particolare forma di affetto: è l’attore e regista americano Dennis Hopper.
In molti lo associano a mitici film come “Gioventù bruciata” con James Dean o “Easy rider” che interpretò e diresse. E’ stato un personaggio un po’ fuori dalle righe nella Hollywood dello scorso secolo ed è forse per questo che a me è sempre piaciuto.
Lo ricordo però anche per un’altra sua passione, che forse non tutti sanno, la fotografia.
Fu lo stesso James Dean a regalargli una macchina fotografica, quasi anticipando quel fantastico ruolo di fotografo un po’ folle che poi avrebbe avuto in Apocalypse Now. Da quel momento lo scattare foto nelle tante situazioni che gli capitavano accompagnò sempre Hopper, rivelandone un talento visuale tutt’altro che ordinario.

Paul Newman

Paul Newman -© Copyright Dennis Hopper

Non molto tempo fa mi ero imbatutto in una pubblicazione edita da Taschen (ma dal prezzo inarrivabile) dal titolo: “Dennis Hopper: Photographs 1961-1967” e fogliandola ne ero rimasto proprio ammirato.
Ho ritrovato sul web molti di quegli splendidi scatti in bianco e nero. E’ molto facile vederli come risultato di una ricerca con “Dennis Hopper photographer”. Sono foto ricche di fascino, ma lo stesso tempo grezze: ritratti intensi e particolari, come quello di Paul Newman qui accanto ed anche scene dai set hollywoodiani o dalle sale di registrazione, oltre a qualche autoritratto.
Con lo sbocciare della pop-art Hopper esplorò anche la pittura e la poesia, rivelando un discreto talento anche in questi campi e dimostrando quindi una grande ecletticità riconosciuta anche recentemente quando, negli scorsi mesi, era stato selezionato tra gli artisti partecipanti alla mostra inaugurale del MOCA (Museum of Contemporary Art) di Los Angeles.

Ciao Dennis.
Have an easy ride.

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