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Una passeggiata con gli amici

Una passeggiata con gli amici – © Copyright 2008 Pega

Obiettivi, flash, treppiedi ed aggeggi vari. Si parla tanto di quali elementi siano i più indispensabili nella borsa del fotografo, ma ce n’è uno che, sebbene non venga mai considerato, è forse il più importante. Non tutti se ne rendono conto ma c’è un “accessorio” (o forse sarebbe tecnicamente più corretto chiamarlo “consumabile”) che è senz’altro il più prezioso di tutti: è il tempo.
C’è qualche raro fortunato che ne ha in abbondanza, ma per tutti gli altri invece scarseggia, ed il bello è che il tempo è qualcosa di intimamente legato alla fotografia perché è anche uno degli elementi di impostazione della foto stessa, pensaci bene.
Lo scatto ha proprio nel tempo di esposizione un parametro chiave che influisce direttamente non solo sull’immagine realizzata, ma anche sull’atteggiamento del fotografo.
Cerco di spiegarmi meglio. Pensa a quanto è diverso scattare al volo una raffica da 1/1000 oppure piazzare il treppiede per una lunga esposizione, magari di minuti o ore, con una macchina grande formato, una pinhole o la tua digitale con i filtri ND. Pensa poi all’importanza che ha il concetto del tempo nella fotografia di eventi che vanno colti con precisione e che magari non si ripeteranno facilmente.

Prendersi il tempo necessario è importante. Prepararsi, posizionarsi, comporre e scattare facendo attenzione ai dettagli, tutto questo anche quando poi l’esposizione dura solo una frazione di secondo.
E poi il tempo per valutare il proprio lavoro, per la postproduzione in camera oscura o digitale, il tempo per portare all’attenzione degli altri le proprie foto o anche il tempo necessario a raggiungere i luoghi o le persone che si vogliono fotografare.

Non so se avevi mai considerato il tempo come un accessorio o un prezioso consumabile in fotografia, ma a pensarci bene è proprio un po’ così.

🙂

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Il passare del tempio regala fascino alle fotografie, è vero, ma a volte le segna un po’ troppo. A chi non è capitato di imbattersi in una vecchia stampa su cui gli anni hanno lasciato cicatrici eccessive rovinandola?
Non è facile restaurare la foto stampata, ci vogliono grandi capacità e maestria. E’ però possibile affrontare un restauro digitale, mettendo mano ad una scansione della foto stessa: una strada che è sicuramente più alla portata dei comuni mortali.
In questo breve video di due minuti creato dall’Argentino Hernan Folmer, restauratore di foto, ci viene mostrata la sintesi di due ore di competente lavoro in Photoshop per ridare vita e dignità ad una vecchia stampa strappata. Ancora una volta digitale ed analogico che si incontrano, per dare (anzi ridare) vita ad una Fotografia.
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Mandàla e monaciIl Mandàla è un’affascinante forma di arte temporanea con significati filosofici e religiosi molto antichi che i monaci buddisti realizzano con sabbie colorate. La sua importanza simbolica è molto toccante, in particolare se si pensa all’immane tragedia del terremoto in Nepal.
Il Mandàla richiede un lungo e paziente lavoro di precisa distribuzione dei granelli secondo un complesso disegno a schema concentrico, che parte da un punto simboleggiante il centro del cosmo. I monaci distribuiscono le sabbie colorate con il chak-pur, un piccolo imbuto metallico che sfregano per farlo vibrare ed ottenere il fluire dei granelli che va a comporre queste bellissime opere.
Ci possono volere intere settimane per completare un Mandàla ma, una volta finito, questo viene distrutto attraverso un rito simbolico che prevede di spazzare via la sabbia e disperderla in mare.
Si tratta di una tradizione millenaria che la fotografia ha in qualche modo intaccato. Da quando è possibile immortalarli, i Màndala non sono più del tutto temporanei perché, in effetti se li fotografiamo, possiamo continuare ad ammirarli anche dopo la loro distruzione.
E’ una bellissima interazione tra due arti che trattano il tempo in modo molto diverso.
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Mandala

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Non passa giorno che non senta qualcuno lamentarsi di quanto oggigiorno si abusi dello smartphone, di quanto i “giovani” siano concentrati solo sui loro dispositivi, senza più comunicare con le persone intorno, in particolare quando si trovano sui mezzi pubblici.
Ci sono in giro un sacco di nostalgici dell’era pre-internet, di quel tempo in cui il “chiacchierare del più e del meno con chicchessia”, non era stato ancora superato dal “chiacchierare del più e del meno con chicchessia online”.
Non sono sicuro di volermi addentrare in questa polemica, penso però che sia giusto riconoscere all’invenzione della fotografia, quel ruolo di macchina del tempo che ci consente di ricordare come stessero veramente le cose nel passato.
Non so dire se un giornale fosse meglio di uno smartphone, ma è certo che ben prima dell’invenzione di internet, già molti optavano per forme asociali di impiego del tempo sui mezzi pubblici.
L’essere umano tende a preferire ciò che più lo stimola, e non c’è da meravigliarsi che già prima degli smartphone tante persone scegliessero l’informarsi al chiacchierare del più e del meno ad ogni costo.
🙂
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Mamma Anastasia

In questi giorni ho notato un certo aumento di visite alla pagina di un mio vecchio post. Non ho idea di quale sia il motivo di questa maggior attenzione, ma rileggendolo ho pensato che forse è tempo di riprendere un po’ il filo di quel discorso…
Un paio di anni fa Anastasia Chernyavsky, una fotografa di origine russa, prese la sua fotocamera biottica e si fece un bel selfie, nuda allo specchio insieme alle sue due bambine. Pubblicò lo scatto sul suo album Photodom, qualcuno condivise quell’immagine su Facebook ed esplose un piccolo finimondo.
Una semplice foto, che può anche non piacere, ma che in fondo è solo personale e naturale espressione artistica di una mamma fotografa, non solo fece scattare la censura interna a Facebook, ma scatenò una incredibile pioggia di critiche ed accuse di volgarità.
Quello di Anastasia fu solo un piccolo caso, ma emblematico, che evidenziò la gravità della situazione paradossale a cui siamo da un po’ di tempo abituati. Sul web si trovano ovunque immagini di violenza inaudita, razzismo, tortura, abusi e prevaricazione, ci sono orrori ed oscenità a non finire, ma lo scandalo è una “mamma nuda con il seno sporco di latte”.
Chissà, forse tutto partì solo dalle maldestre politiche anti-nudo di Facebook, o da qualche benpensante di troppo, certo che riguardando anche le altre foto della Chernyavsky non ho potuto fare a meno di ripensare allo stile di Winn Bullock ed alle considerazioni sul rapporto che c’è tra immagini e momento storico che facevo in un vecchio post a proposito degli scatti di questo grande artista che, osservati con gli occhi di oggi, fanno sorgere qualche dubbio sul percorso evolutivo della nostra società.

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La giornata dei creativi
C’è sempre da imparare, sopratutto da chi ha saputo interpretare artisticamente la propria vita creando opere rimaste impresse nella memoria collettiva.
Ho trovato questa tabella sul sito di Podio, una società di project management. E’ stata ricavata dalle informazioni presenti nel libro “Daily Rituals: How Artists Work” di Mason Currey e mostra una comparazione tra la distribuzione delle principali attività giornaliere di alcuni grandi artisti e menti creative della storia. In altre parole, la grafica ci fa vedere come queste persone impiegavano una risorsa che rimane anche oggi fondamentale e preziosissima: il tempo.
Ci sono notevoli differenze tra i personaggi riportati e si può notare come in alcuni casi la suddivisione delle 24 ore tra sonno, lavoro, produzione creativa ed altro, fosse poco convenzionale, almeno rispetto a criteri generali di oggi. Quello che però emerge è la costante presenza di una notevole fetta di tempo dedicata al lavoro creativo; insomma: non si crea arte senza dedicarci una fetta adeguata di tempo. Può sembrare banale eppure è proprio così.
Peccato che non ci siano fotografi, sarebbe interessante un confronto.

[Fonte: Podio]

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FutureselfLa fotografia ferma un momento, dall’istante successivo l’immagine appartiene al passato.
Il rapporto con l’inesorabile scorrere del tempo è una delle chiavi del mezzo fotografico che stimola sempre nuove idee creative. C’è chi si è fatto un selfie al giorno, fino a costruire un video che documenta il passare degli anni sul volto, altri costruiscono le “time capsule” per lasciare tracce ai posteri, c’è poi chi prova a “vedere” nel futuro.
Ed ecco quindi arrivata anche la fotocamera che ti mostra come sarai tra venti anni: il tuo selfie del 2034.
#futureself è un progetto della compagnia telefonica francese Orange che (in cambio di qualche info statistica) ti “regala” la tua faccia invecchiata di un paio di decenni ed anzi va oltre: ti permette di fare due chiacchiere con il tuo io futuro.
Se vuoi correre il rischio di deprimerti osservando i terribili ma plausibili segni dello scorrere del tempo sulla tua faccia e farti un autoritratto temporale, non ti resta che visitare l’apposito sito.
Declino ogni responsabilità!
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David
E se Michelangelo avesse avuto a disposizione una vera e propria macchina fotografica? Se l’invenzione fosse avvenuta solo un po’ di tempo prima? Lui di cosa sarebbe stato capace?
A volte capita di fantasticare, immaginare quali possibilità si sarebbero aperte alle menti geniali del passato, se avessero avuto a disposizione alcuni strumenti e tecnologie che sono state inventate solo successivamente.
Chissà, magari Buonarroti avrebbe anticipato alcune visioni artistiche dei grandi maestri che sono venuti dopo. Oppure no, e forse l’invenzione lo avrebbe sviato, magari facilitandogli così tanto il lavoro da insidiare lo sviluppo del suo grande talento.
Non è possibile saperlo però a volte mi diverto a fare queste congetture, pensando a quanto gli strumenti, che il nostro tempo ci mette a disposizione, influiscano sulle nostre possibilità creative.
Eppure ci sono scoperte e tecnologie che effettivamente avrebbero anche potuto essere fatte con secoli di anticipo, tra queste, forse, la fotografia.
In quanti casi il modo avrebbe preso una via completamente diversa? Per esempio se gli antichi egizi avessero intuito i principi dell’aerodinamica e della portanza? Cosa avrebbe loro impedito di costruire e volare con un deltaplano? Ed ai fenici di veleggiare quasi controvento?
🙂

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Pocket 1000Non è ad una fotocamera che mi riferisco stavolta, ma ad una automobile. È l’auto che mio padre ha “fuso” qualche settimana fa (sì, ha tritato il motore) e da cui mi ha chiesto di prelevare tutte le sue cose. Io la svuoto e cosa trovo in un anfratto? Una macchina fotografica. Una mia macchina fotografica!
È una tascabile che usavo da ragazzino: una Agfamatic 1000 pocket, una “compattina” dei tempi della pellicola.
Ricordo di averla usata tantissimo, la avevo spesso con me quando non era il caso di portare macchine più grandi ed impegnative. Faceva foto piuttosto scadenti ma ci si accontentava. Ad un certo punto comunque la relegai ad un ruolo piuttosto secondario: quello di fotocamera “per tutte le evenienze” pronta e carica sempre in automobile. Deve essere così passata di macchina in macchina, finendo poi chissà come a mio padre, e rimanendo di fatto inutilizzata e dimenticata per anni, anzi per decenni.
Adesso l’ho ritrovata, sembra nuova, con il suo bel rotolino di ricambio (integro) ed anche una scatola di flash Magicube. Naturalmente era pronta a scattare e dentro c’era un cartridge di pellicola Kodak parzialmente esposto che potrei anche portare in un laboratorio e chiedere di sviluppare. Sarà ancora possibile? Lo faccio? O lascio tutto ai posteri?
L’automobile in questo caso è stata davvero una capsula del tempo.
🙂

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Monna LisaIl tempo è un fattore relativo, si sa. Davanti ad un capolavoro come Monna Lisa si può rimanere incantati per minuti, decine di minuti… forse ore.
Esperti d’arte e curatori di esibizioni sostengono che per poter davvero apprezzare pezzi del genere sarebbero necessari almeno dieci minuti di osservazione attenta, di contemplazione attiva, alla ricerca di dettagli e sensazioni. Eppure i monitoraggi più volte effettuati dimostrano che il pubblico, anche in condizioni di poco affollamento, si sofferma appena ed  il tempo medio di permanenza davanti ad un quadro come la Gioconda è meno di trenta secondi. Più o meno come un veloce spot in TV.
Considerando quindi mezzo minuto per un capolavoro assoluto come un dipinto di Leonardo da Vinci, che succede nei casi di opere un po’ meno importanti, come magari quelle presenti in una esposizione fotografica o, ancora peggio, negli album online?
Insomma, questo del tempo che dedichiamo al “guardare e vedere” è spesso un tema poco considerato. Il tempo sembra sempre mancare e, sebbene si dimostri un elemento chiave, tutti tendiamo ad osservare le fotografie in modo rapido e superficiale.
Sarebbe invece importante riuscire a gustare le immagini che gli altri ci propongono, goderne osservandole nei dettagli, nelle caratteristiche ed anche valutarne la qualità, magari da angolazioni e distanze diverse quando esposte fisicamente.

E tu quanto ti soffermi ad osservare una foto? E quanto conta per te se è una stampa esposta in una galleria, pubblicata in un libro o è un’immagine digitale su uno schermo? Piccola, grande, ben illuminata o… retroilluminata. Per te fa differenza sul tempo che le dedichi?

E’ interessante ragionare sul tempo che da osservatori dedichiamo alle foto degli altri perché probabilmente è in una qualche relazione con quello che gli altri a loro volta dedicano alle nostre.

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