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Archive for the ‘People’ Category

Henri Cartier Bresson Rue Mouffettard

Rue Mouffettard (1954) – Henri Cartier Bresson

Bello rompere le regole, bello infischiarsene e mandare all’aria tutti i preconcetti, gli schemi, i vecchi e superati presupposti. Bello infrangere i limiti, le barriere create dai parrucconi.
Sì, ma per rompere le regole bisogna prima conoscerle, sapere almeno quali sono. Forse addirittura sapere perché erano state (magari erroneamente) poste ed anche dimostrare di saperle rispettare.
Una foto sciatta e sbagliata rimane una foto sbagliata, anche quando si cerca di sostenerne il valore innovativo o addirittura rivoluzionario.
Una foto che rompe le regole è tutt’altra cosa.

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Ci sono solo due tipi di fotografi: quelli che si sono dimenticati di mettere la scheda SD e quelli ai quali prima o poi succederà.
Sebbene si tratti di un vecchio detto risalente ai tempi della pellicola, non ci sono dubbi sulla sua validità. Esistono infiniti aneddoti e racconti che molti fotografi si tramandano, ma qui ti propongo un documento che testimonia come nemmeno nelle condizioni più controllate si sia esenti da questa potenziale maledizione.
L’astronauta nel video si accorge che nella sua GoPro non c’è la scheda SD. Nello spazio non ci sono molte possibilità di rimediare e, visto che i professionisti non imprecano malamente, l’unica cosa che gli rimane da fare è ironizzare con il centro di controllo, prima di rimettersi a lavorare…
🙂

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Uno dei più grossi problemi quando si mettono davanti all’obiettivo persone non abituate a starci, è la posa. Imbarazzo ed incertezza sulla posizione o sulle espressioni da assumere, possono rappresentare un ostacolo insormontabile per molti soggetti, anche quelli con cui abbiamo una certa confidenza, come ad esempio i nostri amici. Come fare dunque per ottenere scatti interessanti di gente in posa?
Ecco un video con qualche dritta utile, cinque minuti di spunti che possono aiutare a “svoltare” in questo tipo di fotografia e magari iniziare a divertirsi con un genere che molti rifuggono proprio per le difficoltà di gestione delle persone ritratte.
Buona visione!
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Stainless - Adam MagyarLa fotografia è nata statica, la sua caratteristica primaria è catturare la realtà congelandola in una immagine fissa. Esistono però tecniche, derivate dalla fotografia, che si discostano dal concetto originale. Sono mutazioni che per complessità realizzativa sono da considerarsi ormai lontane dalla fotografia classica, ma per quanto riguarda la fruizione, le sono vicinissime e portano un valore nuovo. È il caso delle riprese ad alta velocità, tecnica un tempo riservata solo a pochi fortunati in grado di permettersi attrezzature costose e sofisticate. Oggi però sono arrivati sul mercato dispositivi dal costo abbordabile capaci di ottime prestazioni “high speed”.
Guardare con calma un’opera come Stainless di Adam Magyar, è un’esperienza che ha un forte legame con un certo modo di “gustare” la fotografia statica. L’occhio scorre alla scoperta dell’immagine, trova dettagli, emozioni, storie e movimento. Un movimento lieve, a tratti quasi impercettibile. Se nella fotografia statica è la mente dell’osservatore a dover proiettare il dinamismo, qui questo elemento è contenuto nell’opera stessa. Viene sussurrato, quasi suggerito all’osservatore, che è comunque lasciato libero di continuare a proiettarci la sua lettura.
Chissà se questa tecnica avrà sviluppo o meno. Per il momento la trovo quantomeno interessante e dalle notevoli potenzialità.
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Linea di galleggiamento

Linea di galleggiamento – © Copyright 2011, Martino Meli

A proposito dei rischi che a volte si corrono per fare una fotografia, tempo fa presi in prestito un’immagine realizzata dall’amico Lorenzo Mugna.
Lo scatto pericolosoNella foto è ritratto il mitico Martino Meli (aka M|art) mentre si sporge dal pulpito di un’imbarcazione a vela. È alla ricerca di una bella inquadratura e la sua preziosa biottica Rollei è puntata verso il basso alla ricerca dell’onda di prua. Una piccola incertezza, un sobbalzo o un movimento sbagliato e sarebbe stato il disastro.
La scena si svolse durante il memorabile Sailing Sharing Workshop del maggio 2011. Dato che si trattava di un’immagine di backstage, Mi fu chiesto di mostrare il risultato finale del rischio corsi dal fotografo. Ecco: è “Linea di galleggiamento” la foto ottenuta da Martino, visibile qui sopra ma anche a piena risoluzione sul suo album Flickr, dov’è perfettamente accompagnata dalla magnifica citazione che ho rubato per il titolo di questo post.
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P.s.
Una breve nota per chi non conosce i dettagli del linguaggio marinaro.
Vengono chiamate opera viva ed opera morta le due porzioni dello scafo di un’imbarcazione poste rispettivamente sotto e sopra la linea di galleggiamento. In altre parole l’opera viva è la parte immersa dello scafo mentre l’opera morta è quella asciutta e visibile, anche nella foto.

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El CapitainEl Capitain è un enorme sperone di granito che si erge maestoso nel parco Nazionale Yosemite in California. Alto un migliaio di metri ha una parete pressoché verticale con una via chiamata “The Nose” che un tempo era ritenuta impossibile da scalare.
Ma nel 1958 due alpinisti americani riuscirono a raggiungere la vetta, ci misero dodici giorni e dopo un paio di anni la loro impresa fu superata da un team di quattro persone che impiegarono solo una settimana. Successivamente molti alpinisti si cimentarono nell’impresa finché nel 1975 l’ascesa fu completata in un singolo giorno.
Oggi El Capitain è una prova impegnativa che molti scalatori esperti decidono di affrontare, tipicamente un’avventura da tre o quattro giorni che prevede varie soste ed almeno un pernottamento in parete, ma l’anno scorso due tizi hanno battuto ogni record, scalandola in poco più di due ore. Sì hai letto bene.
Quello che ti propongo oggi è il favoloso video timelapse che documenta l’impresa di Brad Gobright e Jim Reynolds che hanno raggiunto la vetta di El Capitain in due ore diciannove minuti e quarantaquattro secondi. E’ un documento fantastico, non solo perché racconta un’impresa notevole, ma anche perché è realizzato in modo magnifico. La ripresa segue i due che, come due formichine sul muro, partono dalla base ed effettuano l’impegnativa ascesa superando di slancio molti altri arrampicatori, raggiungendo la vetta dopo una salita incredibile.
Tralasciando gli aspetti alpinistici e concentrandosi su quelli fotografici, converrai con me che si tratta di un lavoro di altissima qualità. L’autore Tristan Greszko, ha optato per inquadrare la scena da molto lontano, evidentemente con un’ottica lunga ma molto ben stabilizzata, il movimento che segue gli arrampicatori è fluido e preciso, tanto da rendere godibilissima una sequenza che in tempo reale forse non sarebbe altrettanto entusiasmante. Da sottolineare le bellissime immagini notturne, con le tracce del firmamento ma anche delle luci in parete che ci fanno rendere conto di quanto El Capitain sia frequentato…

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Monday morning

Monday morning -© Copyright 2010 Pega

Riecco il weekend assignment, una sorta di “missione fotografica” periodica che ormai da molto tempo ti propongo. L’idea di fondo è sempre la stessa: fotografare con in mente un compito assegnato, comportandosi un po’ come un reporter o un fotografo incaricato di un lavoro su commissione, da svolgere con creatività ed autonomia.
Per questo weekend il tema è: il relax.
Cosa intendo? Mica lo so. Stavolta ti butto lì il tema è vediamo cosa ne viene fuori.
Potresti scegliere di uscire a cercare di “beccare” qualcuno (umano o animale) che si fa una pennica al sole, oppure decidere di volgere il tuo obiettivo verso i simboli del relax… A te l’aspetto creativo della faccenda.
Comunque sia, come sempre ti invito ad inserire poi la tua immagine in un commento a questo post. Condividere è divertente e può portare a vedere la tua foto visitatori che la apprezzeranno.

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Clicca qui per visualizzare l’elenco di tutti i Weekend Assignment precedentemente proposti.

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Imogen Cunningham

Imogen Cunningham (1883-1976)


Vari aspetti accomunano alcuni grandi fotografi del novecento: uno tra questi è la longevità.
Da Henri Cartier-Bresson ad Ansel Adams, passando per Imogen Cunningham, Andre Kertesz e tanti altri, si può notare che in parecchi hanno raggiunto età ragguardevoli, continuando tranquilli a lavorare fino all’ultimo.
Tutti questi grandi personaggi erano soliti far foto ogni santo giorno, uscendo quotidianamente in cerca di immagini e praticando la Fotografia come una disciplina continua, una sorta di costante sempre presente tutti i momenti della loro vita.
Trovo ci sia qualcosa di molto significativo in questo. La Fotografia non solo come forma d’arte, come lavoro o professione, ma anche come modo di vivere. La Fotografia come spunto per un costante esercizio fisico e mentale, sempre percorribile in qualunque situazione personale, uno stimolo ad esprimersi ed una ragione per continuare a vivere con passione e scopo. La longevità dei grandi maestri è forse un insegnamento ad essere sempre aperti ed osservatori di ciò che ci circonda, del mondo e della vita che abbiamo intorno.

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kodachrome movieTra qualche giorno potremo vedere sulla piattaforma Netflix un film che, almeno dalle premesse, dovrebbe avere un certo legame con la fotografia. Trae spunto dalla fine dell’epoca analogica e si sviluppa in quelli che sono stati gli ultimi giorni della pellicola Kodachrome.
E’ il racconto del viaggio che porta Matt (Jason Sudeikis) ad accompagnare il padre malato ex fotogiornalista dal carattere difficile (il notevole Ed Harris) verso la sua ultima meta: l’unico laboratorio rimasto in grado di sviluppare i suoi ultimi rotolini Kodachrome.
Tratto da una bella storia pubblicata sul New York Times nel 2010 da A.G. Sulzberger intitolata “For Kodachrome Fans, Road Ends at Photo Lab in Kansas.”, è brevemente anticipato dal trailer che puoi vedere qui sotto e sarà online dal 20 aprile.
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selfie La GiocondaDa recenti statistiche emerge che i chirurghi plastici ricevono sempre più richieste per interventi estetici al viso, in particolare al naso. Nel 2016 il 42% dei pazienti chiedeva un miglioramento per apparire meglio in foto, nel 2017 questa percentuale è salita al 55%.
Una delle ragioni alla base di questo fenomeno è il selfie.
Può sembrare pazzesco ma c’è un motivo tecnico: la distorsione. Se scatti una foto da 30 o 40 centimetri dal viso, la tua faccia verrà inevitabilmente distorta, con il naso che risulterà più grosso rispetto non solo alla realtà, ma anche ad un normale ritratto fatto da un paio di metri. Un orribile nasone del 30% più largo alla base e del 7% sulla punta.
Ecco, adesso lo sai anche tu e nel video sotto tutto ciò viene spiegato con chiarezza.
Dice il saggio: “Chi bello vuol sembrare, non un selfie, ma un ritratto si deve fare” 🙂
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p.s. Forse tutto questo potrebbe rafforzare il complottistico sospetto che ci sia la lobby dei chirurghi plastici dietro all’imperante moda del selfie.

🙂

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