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Posts Tagged ‘studiare’

Oil workers by Salgado

Oil Well Workers – © Copyright 1991, Sebastião Salgado

“Study anthropology, sociology, economy, geopolitics. Study so that you’re actually able to understand what you’re photographing. What you can photograph and what you should photograph.”

Studiare, approfondire e conoscere, per capire; quello citato sopra è un consiglio prezioso. Sono le parole di Sebastião Salgado, un grande fotografo che ha fatto della capacità di rappresentare la condizione umana, un potente strumento espressivo.
Salgado ci dice che solo attraverso un approfondimento culturale è possibile capire fino in fondo ciò che si sta fotografando, ma quel che più importa è che questa conoscenza risulta fondamentale anche per scoprire che cosa merita davvero le nostre attenzioni fotografiche.
I fotografi sono curiosi, lo sono per natura. E’ la curiosità che ci spinge a fotografare, a cercare nuove situazioni e soggetti. Ma spesso questa curiosità si ferma troppo presto, al primo contatto; la foto risulta superficiale, distaccata. Solo aggiungendo l’approfondimento a questa naturale voglia di scoprire, possiamo davvero riuscire ad esprimerci in tutto il nostro potenziale.

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Trendy elements

Trendy elements – © Copyright 2009 Pega

Siamo assuefatti al “quick cut”, quella precisa scelta di regia e montaggio che nel mondo del video opta per continui cambi di inquadratura, scene brevissime, dinamiche e veloci, quasi dei flash che si susseguono.
E’ una tendenza che nel corso degli anni si è sviluppata sempre di più. Nata nei videoclip si è trasmessa al mondo degli spot pubblicitari, per approdare ormai in qualsiasi produzione visiva: dalla fiction ai telegiornali, al cinema.
Ormai ci siamo abituati, siamo stati pian piano “addestrati” a sfruttare quella capacità del nostro cervello di saper “cogliere al volo” la sintesi, di “surfare” tra le informazioni audiovisive, in un flusso sempre più veloce e denso, spesso ricchissimo di suggestioni pubblicitarie.
Personalmente ho sviluppato però nel tempo, una forma di rigetto nei confronti di questo stile. Una sorta di intolleranza.
Odio il quick cut perché ha iniziato a farmi parzialmente perdere la capacità di fermarmi a guardare, godere di una scena, studiarne le caratteristiche con calma. E questo è tanto più grave se questa superficialità la andiamo ad usare con le fotografie.
Le foto vanno gustate. Già in precedenti post accennavo al piacere di studiare a fondo le immagini, di “ascoltarle” a lungo quasi come si fa con un pezzo musicale o anche come si assapora con calma un calice di buon vino.
Il quick cut è invece un atteggiamento, un’impostazione, un modo diverso di guardare, che tende ad allontanarci da tutto questo.
Ed è un gran peccato.

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Sadness – © Copyright 2008 Pega

E’ la fotografia un’arte?
Possibile che sia un artista colui che si sporge da dietro un angolo o inquadra da lontano il suo soggetto inconsapevole e poi, semplicemente schiacciando un bottone, con un’azione che non richiede particolari abilità, crea in un attimo la sua opera?
E’ arte il cogliere casualmente, o quasi, momenti di vita altrui o eventi imprevedibili?
E’ arte creare immagini perfette grazie agli automatismi ed alla qualità di un oggetto di raffinata tecnologia?

Dico subito che non lo so, però ho l’impressione che quando fotografiamo senza un’idea in testa, senza quella voglia di creare qualcosa partendo da un concetto, senza prepararci e magari solo pretendendo di produrre un’opera saltando quello che è il processo che tutti gli altri artisti percorrono, allora la fotografia non è un’arte nel vero senso della parola.
L’arte non può essere frutto del caso. Può forse contenerne una minima componente, ma di base deve essere qualcosa che nasce dalla visione dell’artista.
Insomma, forse quando il da poco scomparso Ando Gilardi diceva “meglio ladro che fotografo“, probabilmente non aveva preso in considerazione che in qualche caso potrebbe trattarsi dello stesso mestiere.
🙂

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All and nothing

All and nothing – © Copyright 2009 Pega

“There’s nothing wrong with loving a camera — as long as it remains platonic”
(Non c’è niente di male nell’amare una macchina fotografica – finchè rimane platonico)

Ho trovato questa ironica frase del fotografo americano Gregory Simpson che fa riflettere sull’importanza, a volte morbosa, che in qualche caso viene data all’attrezzatura, in particolare alla macchina fotografica ed al suo “corpo”.
Si certo, la fotocamera è importante, è il nostro strumento. Va curata e trattata bene, manutenuta e protetta ma è pur sempre solo una parte (transitoria, per altro) del nostro corredo.
Eppure ogni tanto capita di conoscere qualcuno che le rivolge un’attenzione spropositata, dandole un’importanza eccessiva decisamente feticista.

Ma quello che mi lascia definitivamente perplesso è quanto questo attaccamento morboso raramente si rifletta anche in una vera, profonda ed intima conoscenza della macchina nei suoi aspetti di funzionamento, nelle sue vere peculiarità.
Lo dico perchè ho conosciuto persone in grado di pulire con un cencetto bagnato la macchina ad ogni utilizzo, strofinandola ed alitandoci sopra, di riporla nella sua scatola dopo ogni uscita e di portarla quasi mensilmente a pulire il sensore. Queste stesse persone però si scopre che non hanno mai letto completamente il manuale del loro “tesoro” e non conoscono nemmeno la metà delle potenzialità e caratteristiche.

Insomma un feticismo fotografico che a mio vedere è piuttosto preoccupante
🙂

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tv

TV memories - © Copyright 2010 Pega

Ti invito ad una sorta di esercizio, un piccolo esperimento.
Prenditi una mezz’ora di tempo tutto per te ed in questa mezz’ora prova a ripercorrere le fasi e le esperienze della tua passione fotografica attraverso le immagini da te create nel corso del tempo.
Guarda indietro, sfoglia le vecchie stampe, le cartelle sul pc o il tuo album online, ritrova le tue prime foto e studiale insieme alle successive. Racconta a te stesso la storia di quegli scatti, segui il flusso fino ad arrivare ad oggi.
Mezz’ora per ripercorrere le tappe della tua fotografia, quasi come un documentario, un tempo fisso e ben definito, per rivedere la tua produzione: ricca o scarna che sia.

Non avrai difficoltà a vedere il cambiamento, un’evoluzione nel tuo modo di fotografare.
Troverai banalità ed errori, ma anche piccoli gioiellini che non ricordavi. Troverai foto che forse oggi non faresti più, o qualcun’altra non più realizzabile oggi.

È un’esperienza interessante ed introspettiva, che se non hai già fatto ti invito a provare.

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Heaven or Hell

Heaven or Hell - © Copyright 2008 Pega

Non so se hai avuto modo di provare quello a cui accennavo nel precedente post di questa serie “degustazione (phototasting)”.
Suggerivo un piccolo esperimento : fare l’esperienza di osservare a lungo una foto, studiarla per qualcosa come trenta minuti… una vera e propria seduta di fotodegustazione… qualcuno forse penserà.. fotomeditazione…

Oggi ho un’altra proposta, una cosa apparentemente contraria, qualcosa che però, sottolineo, dovrebbe essere provato solo dopo quel primo esperimento di natura così meditativa.

Ecco qua. Si tratta di affrontare un lungo e duro lavoro : visionare con criterio 5.000 (cinquemila) fotografie.

Non è ovviamente un’impresa che si possa fare in un pomeriggio, non avrebbe senso. Prendilo invece come una sorta di progetto, impegnandoti a completarlo in un lasso di tempo ben determinato.
Vuoi farlo in un anno ? Saranno circa 20 foto al giorno. Sei mesi ? Più o meno quaranta al giorno.

Scegli le tue immagini da qualunque fonte ti piaccia. Vanno benissimo libri di fotografia, riviste, il web, i social network, i giornali, periodici, quello che vuoi. Migliore la qualità di questo flusso di immagini, tanto meglio sarà.

Per ogni foto esamina le carattersitiche dello scatto, la composizione, la luce, lo sfuocato, l’atmosfera , l’effetto reso, se ti trasmette emozioni e perchè.

A differenza del precedente esperimento non si tratta di passare tantissimo tempo con ogni foto ma questo non vuol dire dare solo un’occhiata fugace, non servirebbe a niente.
Studia bene ogni foto, cerca di capire come il fotografo ha ottenuto l’effetto e come faresti tu a fare uno scatto del genere.

E’ un esercizio fenomenale.
Tel’assicuro.

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