Per chi avesse ancora qualche lacuna su concetti di base della fotografia, come ad esempio il triangolo dell’esposizione, eccomi a segnalare un modo diverso per affrontare questo tema.
L’opera è frutto del lavoro di PHLEARN che, sul suo canale YouTube dedicato all’apprendimento attraverso formule innovative, ha creato una trilogia video in cui si trattano i concetti di diaframma, ISO e velocità di otturatore prendendo a prestito l’universo Star Wars riprodotto per mezzo dei mattoncini LEGO.
Buona visione e buon divertimento!
Più volte mi sono chiesto come vengono realizzate quelle sequenze video con cambiamenti rapidissimi di inquadratura tipiche di alcune pubblicità o film d’azione.
Non so se hai presente, sono riprese in cui la macchina accelera e si sposta, magari ruotando intorno al soggetto, muovendosi con una rapidità e precisione disumana tanto che, nella mia ignoranza, le avevo immaginate come frutto di tecnologie di ripresa ad alta velocità rielaborate in post produzione.
Ed invece è tutto in tempo reale, ci pensa un robot.
In questo video, realizzato dallo youtuber Marques Brownlee (MKBHD) presso i laboratori della Motorized Precision, un’azienda che produce “fotografi robotizzati” vediamo una di queste macchine in azione.
La “creatura” in questione si chiama Kira ed è un “high-speed camera robot” in grado di muoversi a 10 metri al secondo articolando il suo braccio in qualunque direzione e comandando in tempo reale tutti i parametri della sua fotocamera, zoom compreso.
Tra i tipi di sequenze che ci vengono mostrate ci sono alcuni “classici” che siamo abituati a vedere nelle pubblicità e che effettivamente, come mi ero sempre chiesto, non sarebbero realizzabili da un operatore umano, come “Orbit Shot”, “Top Down” e “The Round”.
Fantastico eh… Un potente strumento nelle mani delle menti creative.
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Siamo assuefatti al “quick cut”, quella precisa scelta di regia e montaggio che nel mondo del video opta per continui cambi di inquadratura, scene brevissime, dinamiche e veloci, quasi dei flash che si susseguono.
E’ una tendenza che nel corso degli anni si è sviluppata sempre di più. Nata nei videoclip si è trasmessa al mondo degli spot pubblicitari, per approdare ormai in qualsiasi produzione visiva: dalla fiction ai telegiornali, al cinema.
Ormai ci siamo abituati, siamo stati pian piano “addestrati” a sfruttare quella capacità del nostro cervello di saper “cogliere al volo” la sintesi, di “surfare” tra le informazioni audiovisive, in un flusso sempre più veloce e denso, spesso ricchissimo di suggestioni pubblicitarie.
Personalmente ho sviluppato però nel tempo, una forma di rigetto nei confronti di questo stile. Una sorta di intolleranza.
Odio il quick cut perché ha iniziato a farmi parzialmente perdere la capacità di fermarmi a guardare, godere di una scena, studiarne le caratteristiche con calma. E questo è tanto più grave se questa superficialità la andiamo ad usare con le fotografie.
Le foto vanno gustate. Già in precedenti post accennavo al piacere di studiare a fondo le immagini, di “ascoltarle” a lungo quasi come si fa con un pezzo musicale o anche come si assapora con calma un calice di buon vino.
Il quick cut è invece un atteggiamento, un’impostazione, un modo diverso di guardare, che tende ad allontanarci da tutto questo.
Ed è un gran peccato.
Quante volte hai rinunciato a scattare con la giusta ottica solo perché sulla macchina ne avevi già montata un’altra?
Il cambio dell’obiettivo è qualcosa che in certe condizioni avvicina l’attività del fotografo a quella di un giocoliere, specie se si è costretti a farlo senza potersi avvalere di aiuti o appoggi. Eppure sarebbe così utile saperlo sempre fare in modo rapido e sicuro.
E’ curioso vedere come ognuno approcci il problema a modo suo e tenda a sviluppare un proprio metodo fatto di gesti più o meno naturali.
Su Youtube ci sono vari video a tal proposito. Quello che ti propongo qui sotto è di un tipo proprio abile che ci fa vedere una tecnica interessante ma… da provare con un po’ di prudenza 😀
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Nel 1960 un uomo effettuò un’impresa ai limiti dell’incredibile: salì con un pallone alla quota di 31.333 metri (102.799 piedi) e da lì si lanciò col paracadute.
Il protagonista di questa follia era un certo Joe Kittinger, Capitano dell’USAF, coinvolto in un programma di ricerca militare per trovare la soluzione al problema dell’evacuazione d’emergenza degli aerei stratosferici.
A quell’altezza tutto è estremo: le temperature sono oltre i cinquanta sotto zero e serve una tuta pressurizzata per sopravvivere perchè la pressione atmosferica è così bassa che il sangue va in ebollizione.
Kittinger era uno di quelli con “la stoffa giusta” ed effettuò ben tre lanci di questo tipo, trovandosi ogni volta vicino alla morte. Nel primo la corda del paracadute gli si arrotolò intorno al collo facendogli perdere i sensi, nel terzo ed ultimo, quello che stabilì un record tuttora imbattuto, ebbe un problema di tenuta ad un guanto della sua tuta e la mano iniziò a fargli così male da rendergli difficile reprimere le urla che avrebbero fatto abortire la missione.
Ma ascese comunque per un’ora e mezzo e poi si lanciò. Durante la caduta libera sfiorò la velocità del suono, stabilendo un record ancora imbattuto.
Con lui naturalmente c’era una compagna immancabile: la macchina fotografica.
E’ grazie ad un’attrezzatura che per quel tempo era avveniristica che Kittinger fu ripreso mentre si lanciava dal pallone e poi fu lui stesso operatore con una fotocamera agganciata alla tuta. La qualità non era delle migliori ma è un caso perfetto per la famosa frase “la miglior macchina fotografica è quella che hai con te”.
Ad oltre cinquant’anni da quell’impresa, qualcuno ci riprova. Proprio in questi giorni un progetto chiamato Red Bull Stratos tenterà di superare il record di Kittinger, con un lancio umano da 120.000 piedi.
Naturalmente non mancherà un’adeguata copertura videofotografica, che comprende anche fotocamere reflex comunemente in commercio, destinate a volare molto in alto, sopportando le condizioni estreme della stratosfera.
Se una normale reflex vola ad oltre 36.000 metri senza particolari problemi, penso che la possiamo anche portare allegramente al mare o in montagna, col vento o con la pioggia, senza tante preoccupazioni 🙂
Per chi è interessato, ecco qui sotto due interessanti video: il primo è un filmato d’epoca sull’impresa di Kittinger, mentre il secondo è la presentazione del progetto Red Bull. Buona visione!
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Pian pianino, lento, lesto, veloce, velocissimo!
Siamo in grado di rendere questi concetti nelle nostre foto? Certo che si.
Per questo sessantunesimo weekend assignment il tema che ti propongo è proprio legato al concetto di: velocità.
La fotografia, nonostante la sua intrinseca caratteristica di indipendenza dal tempo, ha comunque la possibilita di generare nell’osservatore l’idea del movimento ed è proprio in tale direzione che ti invito a fare qualche esperimento in questo fine settimana.
Puoi usare il panning per rendere il movimento nella sua rapidità o anche provare ad ingannare l’osservatore come nel mio scatto sopra. Puoi interpretare l’assignment come ti pare.
Dopo, se vuoi, posta la tua foto condividendo “il prodotto della tua missione” in un commento qui sotto. Confrontarsi con gli altri lettori del blog è interessante e può portare a vedere la tua foto visitatori che la apprezzeranno.
—————————————————– Clicca qui per visualizzare l’elenco di tutti i Weekend Assignment precedentemente proposti.
Oggi voglio proporti una tecnica divertente da provare, sperimentare ed interpretare a modo proprio.
L’idea è quella di dare una particolare dinamicità allo scatto, un senso di movimento e velocità reso dallo sfondo mosso, ma con un metodo diverso dal tradizionale panning.
Il panning classico infatti non è sempre applicabile ed esistono casi in cui si può anche procedere in modo diverso per ottenere comunque risultati di grande effetto.
Come fare? Semplice: si sistema la fotocamera in modo che questa sia solidale con il soggetto, poi lo si fa muovere ed ecco che se il tempo di esposizione è abbastanza lungo… lo sfondo verrà (ovviamente) mosso.
Puoi provare questa tecnica anche banalmente facendoti un autoscatto a braccia tese mentre giri su te stesso, fotografando gli occupanti all’interno di un veicolo in movimento oppure inquadrando un mezzo piazzando la fotocamera in modo stabile come ci fa vedere Jay Morgan nel video sotto.
Esistono infiniti modi per sfruttare questa sorta di “panning solidale”, la bravura sta poi nella capacità di gestire la luce, le impostazioni di esposizione e magari anche aiutandosi con un telecomando o l’autoscatto.
Buona visione e… buon divertimento.
Rallenta.
Se c’è una cosa che spesso minaccia la nostra capacità di realizzare della buone foto è la fretta: quel passo lesto che in genere segna le nostre vite e delimita i momenti che dedichiamo alla fotografia. Un ritmo che raramente ci permette di cogliere e sfruttare le tante opportunità fotografiche che ci si presentano quotidianamente.
Se non si riesce a rendersi conto di questo fattore e non si impara a rallentare, anche l’avere sempre a disposizione una fotocamera diviene inutile.
La prossima volta che dedichi del tempo alla fotografia prova a rallentare, a prenderti più tempo per cercare le inquadrature e le composizioni.
Una volta che avrai rallentato… Rallenta ancora di più. Usa un treppiede, metti il fuoco in manuale e minimizza gli automatismi. Ragiona sulle foto cercando di previsualizzarle, accontentati di fare meno scatti, molti meno.
Le foto verranno da sole.
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Durante l’interessante esperimento del microcorso organizzato da Photoexperience, si parlava degli elementi di base della fotografia e di come i risultati dei nostri scatti siano legati alla capacità di saper gestire queste impostazioni per tradurre in immagini le nostre idee.
Ripensando alla discussione ed alle domande che sono emerse, ho trovato questo grafico chiamato comunemente il “triangolo dell’esposizione”.
E’ una rappresentazione semplice che aiuta a capire come ognuno dei tre parametri fondamentali influisce sulle caratteristiche della foto.
La sintesi a parole è semplice :
1 – aumentando gli ISO si introduce rumore (grana in caso di pellicola analogica)
2 – diminuendo i tempi si incontra il mosso
3 – aumentando l’apertura (diaframma) di riduce la profondità di campo
E’ come avere una coperta che… se c’è poca luce, diviene corta e tirata verso l’alto ci fa scoprire i piedi. Non lasciare che siano gli automatismi della tua macchina fotografica a fare le scelte che spettano alla tua creatività.
Se ancora ogni tanto ti assalgono i dubbi su come gestire i parametri della tua fotocamera, stampa questa immagine e tienila in tasca. Potrà tornare utile!
L’operazione di cambio di ottica è una di quelle cose di cui i fotografi parlano poco.
E’ sempre un po’ complicato e fastidioso cambiare obiettivo sul campo, specie quando si è in giro e non si dispone di un valido punto di appoggio. E’ così che mi interessano sempre molto i video che trovo al riguardo.
Eccone uno piuttosto semplice, in cui si vede il fotografo Vu Bui mostrarci con notevole maestria e fluidità, come effettuare un rapidissimo e sicuro “lens swap”, sfruttando una impugnatura da palmo ed una normale borsa a tracolla.
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