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Posts Tagged ‘cultura’

Different people

Different people - © Copyright 2009 Pega

Sarà il segno dei tempi.
Siamo ormai assuefatti al polarismo, alla voglia di netta separazione tra giusto e sbagliato tra bene e male. E’ una faccenda piuttosto complessa, sicuramente non è alla portata di questo blog…
Guardando però il mondo della fotografia come se le sue caratteristiche di arte visiva la rendessero capace di riflettere molti fenomeni si vede, forse più che in altre forme di espressione, un incredibile sviluppo di queste “prese di parte”.
Tutti ne siamo più o meno coinvolti o testimoni.

Si va dalla patetica e perenne lotta Nikonisti contro Canonisti alle continue diatribe tra puristi dell’analogico e “tecnologici” del digitale. Poi c’è il conflitto tra chi sostiene che le foto vere sono solo quelle che non subiscono alcuna postproduzione e chi invece dice che la libertà deve essere assoluta e che se è il caso si può anche usare Photoshop per appiccicare il sole in una foto fatta di notte. Non tralasciamo poi la sfida tra i fautori della sola luce naturale contro quelli del flash, il grande contro il medio formato, Kodak contro Ilford, PC contro Mac ed infinite altre contrapposizioni più o meno serie.

Non sto dicendo che non si debba avere le proprie opinioni o che non si debba mai prendere una parte ma solo che a volte questa necessità di appartenenza viene vissuta con troppa importanza.
Alla fine queste diatribe si scoprono spesso sterili e noiose. Però ogni tanto ci si può anche divertire ad osservare come le persone, una volta aderito a qualcuna di queste “fazioni”, possano velocemente cambiare le loro azioni, argomentazioni ed addirittura frequentazioni.

E tu? Stai in una qualche fazione?

🙂

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Trendy elements

Trendy elements - © Copyright 2009 Pega

Ormai ci siamo assuefatti al “quick cut”, quella precisa scelta di regia e montaggio che nel mondo del video opta per contuinui cambi di inquadratura, scene brevissime, dinamiche e veloci, quasi dei flash che si susseguono.

E’ una tendenza che nel corso degli anni si è sviluppata sempre di più. Partita in origine dal mondo dei videoclip si è trasferita ben presto in quello degli spot pubblicitari, per approdare ormai in qualsiasi produzione visiva: dalla fiction ai telegiornali, al cinema.

Dicevo che ormai ci siamo abituati, siamo stati pian piano “impostati” per sfruttare quella capacità del nostro cervello di saper “cogliere al volo” la sintesi, di “surfare” tra le informazioni audiovisive in un flusso sempre più veloce e denso, spesso ricchissimo di suggestioni pubblicitarie.

Personalmente però sto cominciando a provare una forma di rigetto nei confronti di questo stile. Una sorta di intolleranza.
Odio il quick cut perchè ha iniziato a farmi parzialmente perdere la capacità di fermarmi a guardare, godere di una scena, studiarne le caratteristiche con calma. E questo è tanto più grave se questa “superficialità” la andiamo ad usare con le fotografie.

Le foto vanno gustate. Già in precedenti post accennavo al piacere di studiare a fondo le immagini, di “ascoltarle” a lungo quasi come si fa con un pezzo musicale o anche come si assapora con calma un calice di buon vino.

Il quick cut è invece un atteggiamento, un’impostazione, un modo diverso di guardare che crea un’abitudine che tende ad allontanarci da tutto questo.
Ed è un gran peccato.

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Attivazione reticolare

Attivazione reticolare - © Copyright 2009 Pega

Richard Avedon una volta disse : “I miei ritratti parlano molto più di me stesso che delle persone che fotografo”.

Più di una volta mi è capitato di pensare che probabilmente, non solo questa frase è estendibile a tutti noi, ma che è valida anche per tutte le foto che ritratti non sono.

Le foto che scattiamo sono un prodotto diretto del nostro essere, del modo di pensare e vedere le cose, della nostra cultura e dei simboli che usiamo per comunicare.
Sono un’espressione di quello che siamo.

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Sola

Sola (loneliness in crowd) - © Copyright 2009 Pega

Questa è la seconda parte di un breve aneddoto. Se non l’hai già fatto, ti consiglio vivamente di leggere la prima parte nel post “differenze e distanze” , prima di proseguire. E’ importante per apprezzare pienamente il senso di questo breve racconto.

L’esperienza con l’anziano signore in quel remoto villaggio della Cina era stata significativa.
Così il giorno seguente, dopo alcune ore di viaggio, quando Alby si trovò di fronte ad un’altra interessante opportunità fotografica, si ritenne preparato.

Il villaggio in cui si trovava adesso, si inerpicava per le pendici di una montagna con un’atmosfera pittoresca ed incredibilmente fotogenica.. come le due anziane signore che, incuriosite da questo straniero ma aperte e sorridenti, stavano su una porta proprio davanti a lui.

Alby, fiducioso dell’esperienza precedente, chiese alla sua interprete di parlare alle donne spiegando con cortesia le sue intenzioni di fotografo abituato a non chiedere alcun compenso.

Il sorridente rifiuto delle due anziane lo lasciò sbigottito, ma anche divertito.
“In questo villaggio è tradizione che gli anziani si facciano fare una foto quando sono in punto di morte, per lasciare un ultimo ricordo ai propri cari”, spiegò l’interprete.

Le signore non si sentivano ancora pronte.

🙂

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Chained Pyrmids - Copyright 2008 Pega

Da un paio di giorni Alby era in giro per piccoli villaggi di una zona rurale del nord della Cina.
La sua passione per la fotografia lo aveva condotto in luoghi decisamente fuori dalle rotte turistiche perchè quello era ciò che cercava.

Un uomo anziano uscì silenziosamente da una vecchia casa. Era un soggetto magnifico per un bel ritratto, Alby chiese subito alla sua interprete di parlare all’uomo per avere il permesso di fotografarlo.
La giovane donna si avvicinò al vecchio e dopo essersi rispettosamente inchinata gli parlò brevemente.
L’anziano parve pensare per alcuni attimi, poi scosse la testa in modo inequivocabile…

Peccato, un vero peccato.

Dopo alcuni secondi di delusione una curiosità incontrollabile si fece strada in Alby che chiese all’interprete di rivolgersi ancora all’uomo chiedendo, se possibile, la ragione del rifiuto.
La donna raggiunse di nuovo il vecchio, ascoltà le sue parole e poi le tradusse ad Alby.

L’uomo aveva detto di aver rifiutato perchè essendo molto povero non aveva denaro per potersi pagare delle fotografie.

Ovviamente Alby fece spiegare all’uomo che non si trattava certo di un servizio a pagamento e che lui fotografava per passione.
Il vecchio lo guardò con attenzione, poi sorrise ed 
acconsentì con grande entusiasmo.

Non sempre siamo in grado di interpretare correttamente le reazioni degli altri.
Specie quando si è divisi da grandi distanze culturali e sociali.

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Vespa PX

Vespa PX - Copyright 2009 Pega

Piazza della Passera è una piccola piazza nel centro storico di Firenze.
Fino a pochi anni fa il nome ufficiale era “Canto ai Leoni” e fu creata nel primo novecento con l’abbattimento di un edificio pericolante adibito a bordello. E’ stata ribattezzata con questo  nomignolo popolare solo in tempi molto recenti con non poche polemiche relative all’opportunità di usare ufficialmente tale toponimo dato che a Firenze si indica comunemente con il termine passera l’organo genitale femminile.

Del resto questa non è l’unica denominazione un po’ sconveniente tra le vie e le piazze di Firenze visto che, rimanendo in tema, esistono “Via delle Belle Donne”, “Via dell’Amorino” ed altre strade come “Via Borgognona” che un tempo si chiamava “Via Vergognosa”. Sono tutte strade in qualche modo accomunate nel descrivere chiaramente, anche al viandante (o utilizzatore finale che dir si voglia) più sprovveduto, le principali attività che vi trovavano sviluppo.
In particolare il bordello di Piazza della Passera pare fosse di notevole livello e frequentato dallo stesso Granduca Cosimo I.

Esiste anche un’altra leggenda sul nome della piazza. Questa ipotizza il ritrovamento in questo luogo, nel 1348, di una piccola passerotta morente che alcuni bambini tentarono di curare innocentemente, senza sapere che si trattava della prima vittima della tremenda epidemia di peste descritta anche dal Boccaccio nel Decamerone.
In ogni caso, non so come la pensi tu, ma a me questa leggenda della passera morente non convince proprio.
🙂

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XXSecoloTi segnalo un volumetto che, a mio avviso, è un must per qualunque appassionato di arti visive.
Si tratta di “Fotografia del XX secolo” edito da Taschen, un bel libro che raccoglie una completa carrellata dei più importanti artisti del secolo da poco trascorso.
E’ ricco di foto, brevi biografie ed annotazioni. Il prezzo è piuttosto contenuto in rapporto al materiale che viene proposto. Da non perdere.

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Archivio

Archivio - © Copytight 2009 Pega

Share to grow.

Che sia la fotografia, di cui per inciso non mi considero un gran esperto, o qualsiasi altra disciplina, condividere con gli altri la propria conoscenza è il segreto per la crescita.

Qualcuno ha scritto “se vuoi diventare un vero esperto di qualcosa scrivici un libro a proposito”. E’ una pura verità. L’appassionamento necessario a condividere con gli altri una conoscenza ed a trasmetterla comprensibilmente costringe ad imparare ed approfondire. Di segreti di cui rimanere gelosi detentori alla fine non ne esistono ed una disciplina che dovesse chiudersi nelle mani di persone che non la condividono sarebbe destinata alla sterlilità.

Share more to grow more !

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