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Archive for the ‘Photography portraits’ Category

Michelangelo piangerà

Oggi voglio riproporti un’idea per le imminenti (e per qualcuno già avviate) abbuffate natalizie dato che le ricorrenze sono da sempre anche una buona opportunità fotografica, specie per fare “gustosi” ritratti in occasione di qualche tavolata in compagnia.
Non c’è niente di meglio di un sano evento conviviale per invitare le persone a farsi fotografare e potrebbe quindi essere l’occasione per un simpatico esperimento che ogni tanto propongo.
Come funziona: per il pranzo natalizio o il cenone, gioca d’anticipo e prepara un piccolo set fotografico, magari proprio vicino all’albero. Fai in modo che la zona sia ben illuminata e con sfondo omogeneo. Se ce l’hai, rendi il tutto più professionale e “formale” piazzando flash su stativo (va bene anche un treppiede) magari con ombrello o softbox.
Invita quindi le persone a farsi fotografare via via che arrivano o comunque prima del pasto. In seguito effettua una seconda serie di scatti chiedendo alle stesse persone di posare di nuovo dopo l’abbondante mangiata…
Non resterà poi che preparare delle belle stampe con le due “fasi” a confronto. Credimi, è da provare 😀

Buon divertimento e BUONE FESTE!

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Ansel Adams e Imogen Cunnighmam - Copyright Alan Ross

Ansel Adams e Imogen Cunningham – Copyright Alan Ross

Dopo un po’ di tempo torno a proporre un fotografo fotografato, in questo caso gli artisti ritratti sono due e si tratta di soggetti senza alcun bisogno di presentazioni.
Il cortocircuito fotografico di oggi è infatti dedicato a due grandi maestri della fotografia del novecento, figure che forse più di altre hanno lasciato il segno: Ansel Adams ed Imogen Cunningham.
Sono due artisti assoluti, punto di riferimento per almeno due generazioni di fotografi. Su di loro è già stato scritto tutto ed anch’io li ho già citati più volte, specie per la loro innovativa e particolare inclinazione a condividere, trasmettere e lasciare agli altri il loro sapere, attraverso tutti i mezzi a disposizione e, di fatto, inventando quello che oggi è il moderno concetto di workshop fotografico.
Due figure mitiche, splendidamente ritratte da Alan Ross, stimato fotografo che fu prima allievo e poi assistente dello stesso Ansel Adams.

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I precedenti cortocircuiti fotografici:

#1: Eugene Atget fotografato da Berenice Abbott
#2: Berenice Abbott fotografata da Hank O’Neal
#3: Edward Weston fotografato da Tina Modotti
#4: Tina Modotti fotografata da Edward Weston
#5: Alfred Stieglitz fotografato da Gertrude Käsebier
#6: Steve McCurry fotografato da Tim Mantoani
#7: Robert Capa fotografato da Gerda Taro
#8: Gerda Taro fotografata da Robert Capa
#9: Robert Mapplethorpe (con Patti Smith) fotografati da Norman Seef
#10: Szarkowski fotografato da Winogrand fotografato da Friedlander
#11: Andy Warhol fotografato da Robert Mapplethorpe
#12: Henri Cartier-Bresson fotografato da René Burri
#13: Dennis Stock fotografato da Andreas Feininger
#14: Diane Arbus fotografata da Mary Ellen Mark

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Dennis_Stock_by_Andreas_Feininger

Dennis_Stock_by_Andreas_Feininger

Oggi voglio riproporti questo mitico ritratto di Dennis Stock, importante firma dell’Agenzia Magnum e fotografo che divenne celebre per le sue immagini di grandi nomi dello spettacolo, da James Dean a Louis Armstrong.
L’autore dello scatto fu Andreas Feininger, studioso di architettura e scrittore di testi sulla tecnica fotografica che lo resero tra i più influenti autori di fotografia moderna. Feininger era appassionato alla natura ed alla struttura delle cose, solo raramente si dedicava ai ritratti che non considerava come sua specialità, ma questo a Stock era straordinario e divenne subito celebre.
Fu realizzato nel 1955 per la rivista Life, subito dopo l’assegnazione a Stock di un premio per giovani fotografi. Il volto è un tutt’uno con la Leica e crea un’immagine dai tratti futuristi dove gli occhi sono quelli della macchina fotografica. La luce e la posa sono costruite a comporre un’entità nuova, quasi non umana, una sorta di cyborg.
Un cortocircuito razionalista che lascia il segno e che rimane un’opera passata alla storia.

I precedenti cortocircuiti fotografici:

#1: Eugene Atget fotografato da Berenice Abbott
#2: Berenice Abbott fotografata da Hank O’Neal
#3: Edward Weston fotografato da Tina Modotti
#4: Tina Modotti fotografata da Edward Weston
#5: Alfred Stieglitz fotografato da Gertrude Käsebier
#6: Steve McCurry fotografato da Tim Mantoani
#7: Robert Capa fotografato da Gerda Taro
#8: Gerda Taro fotografata da Robert Capa
#9: Robert Mapplethorpe (con Patti Smith) fotografati da Norman Seef
#10: Szarkowski fotografato da Winogrand fotografato da Friedlander
#11: Andy Warhol fotografato da Robert Mapplethorpe
#12: Henri Cartier-Bresson fotografato da René Burri
#13: Dennis Stock fotografato da Andreas Feininger

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Ken KieferSolo pochi giorni fa parlavo a proposito dei pericoli che alcuni fotografi decidono di correre per realizzare i loro scatti.
In alcuni casi il rischio viene anche condiviso con altre persone, ad esempio assistenti e modelle, proprio come nel caso che voglio farti vedere oggi, dove siamo ad un livello davvero notevole, anzi forse eccessivo a mio vedere.
Il fotografo Ken Kiefer è specializzato in una sorta di fotografia fashion subacquea, un genere che trovo affascinante sia per i risultati estetici che per la sua complessità realizzativa. Il punto è che, specie nel caso di Ken, a volte il genere si modifica in “fotografia fashion subacquea estrema”, come nel caso in cui si è spinto fino a portare la sua modella (Kimberly Kiefer) in una situazione davvero tosta: sott’acqua a tu per tu con un coccodrillo, nel suo ambiente naturale.
Il coccodrillo è poco intelligente ma micidiale, specie quando si tratta di un bestione come quello del video qui sotto. l’idea di nutrirlo per attirarlo e mettergli la bella Kimberly accanto per fare delle foto è veramente un gran rischio.
Io dico che non ne vale la pena. Dammi retta Ken, non può andare sempre bene…

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illusione_contrasto_femminilita

Bisogna far bene attenzione a come gestiamo il contrasto nelle nostre foto, specie quando sono ritratti.
Richard Russel, un ricercatore di Harvard, dimostrò nel 2009 che il contrasto modifica la percezione di genere: la stessa persona, raffigurata nello stesso scatto, appare infatti come più femminile se il contrasto nelle zone occhi e bocca viene aumentato, mentre risulta più maschile al diminuire del contrasto in queste aree.
Il suo lavoro ottenne anche un riconoscimento al premio internazionale Illusion of the Year, dove la sua foto “Illusion of Sex”, che vedi sopra, ottenne il terzo posto assoluto.
Il rapporto tra contrasto e percezione di genere non deve meravigliare, è perfettamente coerente con ciò che millenni di costume ed usanze prevedono:  la colorazione di labbra e contorno occhi. Questi interventi di comune make-up dunque altro non sono che tecniche per aumentare, dal vivo, il contrasto sul volto, ed il nostro cervello ha acquisito la capacità di interpretarne subliminalmente il significato.
Ci avevi mai pensato? E’ un’informazione di cui far tesoro.

🙂

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Tendo a fare attenzione a cosa dicono le persone quando sono consapevoli di essere fotografate, mi diverto ad annotarlo mentalmente ad esempio quando faccio ritratti o osservo altri fotografi farne.
E’ curioso notare quanto le varie espressioni si assomiglino ed in qualche modo ricadano in categorie precise. Ad esempio ricorrono frasi sugli aspetti estetici, su quelli tecnici, su questioni legate ai diritti sulle immagini e non di rado arrivano anche i consigli artistici.
Ti è mai capitato di sentirti dire cose tipo “posso avere i file delle tue foto per metterle su facebook” o “che bella la tua macchina fotografica, è come quella di mio cugino” o addirittura “mi puoi togliere le rughe e modificare il naso con Photoshop”?
Ovviamente non sono il solo ad aver notato tutto ciò. Dai un’occhiata al video qui sotto, lo trovo fantastico ed esattamente sul tema di cui sto parlando.
(E’ in inglese ma credo che valga comunque la pena vederlo anche per chi non lo comprende, perchè in molti casi il senso di quello che viene detto si capisce benissimo!)  🙂
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Old memeSembra uscire da un post su Facebook, ma in realtà quella che vedi sopra è una vignetta che apparve sul giornale satirico “The Judge” nel 1921.
Si tratta forse di uno dei primi meme della storia, un esempio emblematico di come, da sempre, ci poniamo e sentiamo davanti all’obiettivo di una fotocamera.
Nella didascalia l’espressione “flashlight” era il modo con cui venivano tipicamente chiamati i ritratti, al tempo sempre scattati con l’ausilio di un robusto colpo di flash.
Pensa a quanto questa vignetta di quasi un secolo fa è simile alle tante dello stesso tono che girano oggi sul web, evidentemente le differenze tra aspettativa e realtà non sono state ancora risolte dallo sviluppo della tecnologia…

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Uno dei più grossi problemi quando si mettono davanti all’obiettivo persone non abituate a starci, è la posa. Imbarazzo ed incertezza sulla posizione o sulle espressioni da assumere, possono rappresentare un ostacolo insormontabile per molti soggetti, anche quelli con cui abbiamo una certa confidenza, come ad esempio i nostri amici. Come fare dunque per ottenere scatti interessanti di gente in posa?
Ecco un video con qualche dritta utile, cinque minuti di spunti che possono aiutare a “svoltare” in questo tipo di fotografia e magari iniziare a divertirsi con un genere che molti rifuggono proprio per le difficoltà di gestione delle persone ritratte.
Buona visione!
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Hai mai pensato di partecipare ad un workshop sul ritratto fotografico in studio?
C’è sempre da imparare dai professionisti ed oggi ti propongo qualcosa di impegnativo: un video integrale di ben due ore realizzato dal fotografo Nick Fancher durante una sua lezione live.
È tempo ben speso se ti interessano le tecniche di illuminazione e tutte le varie considerazioni su come impostare e gestire al meglio una sessione in studio.
Buona visione!
https://m.youtube.com/watch?time_continue=13&v=7Eoy7or7Pdk

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Robert Cornelius

Ed eccolo qua il primo autoritratto fotografico mai realizzato, il capostipite degli attuali selfie. Fu realizzato nell’Ottobre del 1839 da Robert Cornelius.
Robert era un esperto di chimica e metallurgia che lavorava al servizio di Joseph Saxton e Paul Beck Goddard, imprenditori americani del neonato ma promettente settore della fotografia.
Negli Stati Uniti si stava diffondendo il metodo inventato dal francese Daguerre ed importato oltreoceano da Samuel Morse (sì, proprio quello del codice telegrafico) ma uno dei maggiori limiti di questa nuova industria era la lentezza del processo. Il dagherrotipo infatti, oltre a richiedere una lunga e laboriosa preparazione della lastra aggiunta ad una serie di attente operazioni per lo sviluppo, necessitava anche di esposizioni lunghissime. Ciò limitava le possibilità di sfruttamento dell’idea a fini ritrattistici perché era davvero difficile far stare perfettamente immobili i soggetti per decine di minuti.
Per questo, come molti altri in contemporanea, i datori di lavoro di Cornelius stavano cercando una strada per abbreviare questi tempi, sfruttando tecniche meccaniche, fisiche e chimiche.
Fu così che durante una serie di esperimenti che combinavano una particolare tecnica di lucidatura della lastra con l’uso di un accelerante chimico, Cornelius decise di effettuare un autoritratto.
Tolse il tappo all’obiettivo e si piazzò davanti alla fotocamera per poco più di un minuto.
Il risultato non fu niente male visto il brevissimo tempo di esposizione utilizzato e così la sua tecnica fu perfezionata e contribuì significativamente allo sviluppo del settore.

Ma, oltre a questo contributo tecnologico, ciò che forse più conta è che questo fu il primo autoritratto della storia della fotografia, il primo “selfie”.
E’ un’immagine in cui appare  un giovane un po’ scapigliato ma molto attento e concentrato sul suo lavoro. Alcuni studiosi considerano questa lastra addirittura come il primo vero ritratto ravvicinato di una persona eseguito con una tecnica fotografica.
Il “self” di Robert Cornelius fa parte dell’archivio Daguerreotype collection della Library of Congress, consultabile anche online.

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